E' stata inaugurata ieri mattina, 31 gennaio, la 113a edizione di Fieragricola, in programma a Veronafiere fino a sabato 3 febbraio.
La rassegna dedicata all'agricoltura occupa 10 padiglioni, grazie alla presenza di oltre mille espositori. In crescita la superficie netta del 4,4% sull'edizione precedente e il numero degli animali, che sono 980, con un balzo del 63% rispetto al 2016.

Centoventi i convegni organizzati e 33 le delegazioni provenienti da tutto il mondo.

"Verona ha il merito di celebrare la fiera dell'agricoltura nella seconda regione agricola d'Italia - così Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, ha commentato l'apertura - Se noi abbinassimo agricoltura e turismo in Veneto ai 6 miliardi di valore dell'agricoltura aggiungeremmo i 17 miliardi dell'industria turistica. Dobbiamo investire di più su tracciabilità ed etichettatura e dobbiamo fare in modo che in Europa prevalga la vera agricoltura dell'identità e degli agricoltori veri".

Anche il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese, si è espresso sull'inaugurazione "Fin dalla sua nascita, nel 1898, Fieragricola ha indicato al mondo agricolo la strada dell'innovazione, cercando di dare risposte ai bisogni della società. Oggi la sfida riguarda l'agricoltura di precisione, la digitalizzazione, senza abbassare la guardia su temi che nel mondo non sono così scontati; aspetto imprescindibile se si vuole garantire un futuro al settore e agevolare un ricambio generazionale in Italia ancora troppo lento".

Leggi anche: Countdown per Fieragricola 2018 
Leggi anche: Fieragricola 2018, Image Line è pronta 


I protagonisti del convegno inaugurale

Il fitto programma di eventi della fiera si è aperto con il convegno inaugurale, durante il quale, sono emerse le linee di quelle che dovranno essere le politiche e l'Europa del futuro, se si vuole assicurare un futuro all'agricoltura italiana.
 

Politici e docenti del settore, moderati dal direttore di Radio 1 e giornale Radio Rai Gerardo Greco, sono intervenuti per parlare di: difesa della Pac; tutela delle indicazioni geografiche; etichettatura per informare il consumatore e assicurare maggiore valore aggiunto agli agricoltori; maggiore forza nei trattati internazionali di libero scambio.

La difesa della Pac
"Dobbiamo difendere la Politica agricola comune. Dovremo discutere su come ripartirla meglio, ma è fondamentale che l'Europa continui a considerare l'agricoltura come elemento centrale". Così il viceministro delle Politiche agricole, Andrea Olivero, è intervenuto al convegno di apertura.

Con 420 miliardi di euro stanziati dall'Ue per il periodo di programmazione 2014 - 2020, pari al 39% del bilancio comunitario (con un'assegnazione all'Italia di 52 miliardi di euro, di cui 41,5 dall'Unione europea e 10,5 dallo Stato), l'agricoltura rappresenta il cuore e il collante dell'Europa.

La Brexit: incertezze e opportunità
Sulla Brexit è invervenuto Paolo De Castro, vicepresidente della commissione Agricoltura del Parlamento europeo.
"Con la Brexit verranno a mancare 12 miliardi di euro all'anno e non vogliamo che questo vada a gravare sulle politiche agricole e sulle politiche di coesione".
"Gli Stati membri conferiscono all'Ue lo 0,98% del proprio Pil – ha aggiunto De Castro – ma mentre Bruxelles spende ogni anno 23 miliardi per l'agricoltura, gli Usa spendono 90 miliardi di dollari. Sono numeri molto diversi, tenuto conto che la superficie agricola disponibile non è poi molto diversa".

L'uscita in corso della Gran Bretagna dall'Ue apre anche un altro scenario, secondo De Castro: "Con la Brexit la maggioranza del blocco nordico è finita, ora c'è la maggioranza del blocco mediterraneo".
Un'opportunità, dunque, da cogliere. Magari su un tema strategico come quello dell'etichettatura.

L'etichettatura
Roberto Moncalvo, vicepresidente del Copa e presidente di Coldiretti, non ha fatto sconti a questa Europa.
"Sull'etichettatura l'Ue sta cercando di andare in direzione opposta e la Pac, con le proprie risorse, deve essere difesa. Anzi, deve essere aumentata, essendo l'unica fonte di finanziamento per gli agricoltori".

L'etichettatura, come ha rimarcato anche Herbert Dorfmann, europarlamentare componente della commissione Agricoltura, "E' una questione di natura economica, ma anche culturale ed è la strada che l'Europa mediterranea e l'Italia in particolare devono percorrere, per difendere i propri prodotti agroalimentari di qualità, magari coinvolgendo l'industria alimentare e la ristorazione".

I trattati internazionali
Per Moncalvo la difesa delle produzioni dovrebbe essere globale, oltre i riconoscimenti geografici.
"Servono regole comuni, soprattutto nei trattati internazionali, perché non è possibile una competizione fra il grano italiano e quello canadese che, se i canadesi non potessero usare il glifosate, nemmeno esisterebbe. E così anche per il riso, dove i principali concorrenti del sud Est asiatico utilizzano prodotti chimici da noi vietati da oltre 30 anni».

Necessario, secondo Giordano Emo Capodilista di Confagricoltura, "Condividere in Italia e in Europa gli stessi progetti a tutela dell'agroalimentare, approfondendo magari con studi di impatto le conseguenze dei trattati internazionali".

"Il vecchio modello di globalizzazione è tramontato – ha affermato Fabrizio De Filippis, docente di Economia e politica agroalimentare dell'Università Roma 3 – L'attuale modello di globalizzazione ancora non l'abbiamo capito, è un modello multipolare e richiede alleanze e non divisioni all'interno dell'Ue". 
 
(fonte foto: Ivano Valmori - AgroNotizie)