Gli ultimi casi accertati di influenza aviaria in Italia risalgono allo scorso dicembre, dove ceppi del virus ad alta patogenicità (H5N1) sono stati riscontrati in allevamenti avicoli della Lombardia e del Veneto.

In tutti i casi le misure di eradicazione sono state pronte ed efficaci e come conferma l'Istituto Zooprofilattico delle Venezie, che per questa patologia è centro di referenza nazionale, le ultime zone di protezione e sorveglianza si apprestano ad essere risolte e chiuse entro la fine di gennaio.

Resta alta l'attenzione sulla prevenzione, in attesa di un possibile picco con i flussi di migrazione degli uccelli selvatici, che sono fra i principali veicoli di diffusione di questa malattia.


Attenti alle mutazioni

Con altissima mortalità per i volatili e con un forte impatto economico, dovendo abbattere tutti gli animali che sono venuti in contatto con il virus, l'influenza aviaria non rappresenta un grave pericolo per l'uomo.

Non si trasmette con le carni avicole, peraltro consumate dopo cottura, e solo negli "addetti ai lavori" possono presentarsi episodi riconducibili al virus dell'influenza aviaria.

In nessun caso è possibile il contagio fra persona e persona. Ma non bisogna dimenticare la capacità di mutazione dei virus influenzali.


Il caso dei bovini

Lo "spillover", il salto di specie già conosciuto con l'epidemia da covid-19, è peraltro già avvenuto negli Usa, dove il virus dell'influenza aviaria si è presentato in alcuni allevamenti di bovini, come anticipato da AgroNotizie® nei mesi scorsi.

Una sorpresa per gli stessi virologi, poiché si riteneva che nel bovino non fosse presente il recettore alpha-2-3, che il virus utilizza come porta di ingresso.

Si è poi accertato che tale recettore è invece presente nella mammella delle bovine e infatti la malattia si è presentata in un allevamento di lattifere.

Dal bovino all'uomo il passo è più breve e alcuni addetti ai lavori di stalla hanno a loro volta contratto la malattia, sebbene con una sintomatologia di scarso rilievo.


Si è atteso troppo

Le autorità sanitarie americane hanno dato poca importanza ai primi episodi e non hanno adottato le misure drastiche che invece si prendono nel caso della virosi in campo avicolo.

Con il risultato che l'influenza aviaria ha continuato a espandersi negli allevamenti di bovine da latte e ora nella sola California, che ha una forte vocazione lattiera, si contano circa 700 allevamenti dove è presente il virus dell'influenza aviaria. Altri casi sono poi segnalati in molti stati americani, fra i quali Texas e Kansas.

 

Questo espandersi a macchia d'olio ha finalmente convinto il Department of Health and Human Services statunitense (il corrispettivo del nostro Ministero della Salute) a correre ai ripari, anzitutto mettendo a disposizione le necessarie risorse economiche e un programma di prevenzione e monitoraggio.

 

Gli interventi

Complessivamente sarà investito quasi un miliardo di dollari per fronteggiare l'influenza aviaria nei bovini oltre che negli avicoli.

"Mentre il rischio per gli esseri umani rimane basso, ci prepariamo sempre per qualsiasi possibile scenario che potrebbe presentarsi", si legge nel comunicato con il quale si annuncia la disponibilità di queste risorse, destinate fra l'altro alle ricerche sul virus e alle misure di prevenzione. Fra queste anche le verifiche sul latte e sui formaggi a latte crudo.

 

Una manovra importante dalla quale emerge la preoccupazione per la facilità con la quale il virus si è trasmesso da un allevamento all'altro, confermando così il salto di specie dagli uccelli ai mammiferi.

Già si erano verificati episodi in animali da affezione, come i gatti. Per questi ultimi il rischio è dato ora dalla possibile presenza del virus in alimenti a base di carne non cotta.


Niente allarmismi

In Italia non è stato segnalato alcun caso di influenza aviaria nei bovini e nemmeno in altri Paesi europei, dove peraltro è presente questo virus, in particolare nell'Est europeo e nei Balcani.

Non ci sono dunque motivi di allarmismo, tanto più che anche negli Usa il passaggio del virus dai bovini all'uomo è stato sporadico e in nessun caso si è verificata la trasmissione da uomo a uomo, cosa che potrebbe aprire le porte a una vera emergenza sanitaria.

 

Per questo è necessario tenere alta l'attenzione, moltiplicando gli sforzi per impedire anzitutto l'ingresso del virus negli allevamenti avicoli.

Meno virus circola e minori saranno le possibilità di un suo adattamento ad altre specie, uomo compreso.