Sull'agricoltura biodinamica si dibatte da tempo, dal punto di vista scientifico, mediatico, commerciale e perfino politico. Per esempio, nel 2020 se ne discusse all'infinito in Parlamento in occasione del DDL 988, approvato poi in Senato nel maggio 2021 con 195 voti a favore, un astenuto e un solo voto contrario, quello della Senatrice a vita Elena Cattaneo


Di fatto, con quell'atto legislativo si ponevano sullo stesso piano l'agricoltura biologica, riconosciuta e normata anche a livello europeo, con quella biodinamica, certificata unicamente da Demeter, ossia l'entità privata a cui un agricoltore deve rivolgersi per ottenere la certificazione biodinamica. 


Questa viene rilasciata solo se l'azienda agricola segue i precetti dettati oltre un secolo fa da Rudolf Steiner (Kraljevic, 27 febbraio 1861 - Dornach, 30 marzo 1925), controverso personaggio a cavallo fra esoterismo, pedagogia e filosofia che solo negli ultimi anni di vita si occupò anche di agricoltura


Tali precetti sono stati poi aggiornati nel tempo, abbracciando anche mezzi tecnici come agrofarmaci, più o meno i medesimi ammessi anche in agricoltura biologica, e perfino antiparassitari a uso zootecnico e antibiotici, concessi questi in deroga dagli Standard Demeter su espressa prescrizione del veterinario.

 

Cosa permettono gli Standard Demeter

Sono ormai lontani i tempi di Steiner, quando ancora non esistevano antibiotici e antiparassitari oltre a zolfo e rame. Quindi anche l'agricoltura biodinamica si è aggiornata prevedendo trattamenti con sostanze atte a controllare sia i parassiti e i patogeni che attaccano le colture, sia quelli che attaccano il bestiame. Fondamentalmente, vengono ricalcati molto da vicino i Disciplinari di Produzione Biologica

 

Circa gli agrofarmaci per la difesa delle colture, gli Standard Demeter prevedono l'uso di zolfo e rame, quest'ultimo fino a 3 kg/ettaro/anno calcolati nella media di 7 anni con specifiche deroghe per vite e luppolo sino a 4 kg/ettaro/anno. Si prosegue poi con virus, microrganismi e sostanze di derivazione naturale (es. cerevisane , terpeni, maltodestrina, oli essenziali, bicarbonato di potassio ed estratti di piretro). Sono permessi anche trattamenti con spinosad, ma solo in deroga. Ammesse anche diverse sostanze di base

 

Per quanto riguarda la cura del bestiame, negli Standard Demeter si stabilisce che "Quando si verificano disturbi alla salute, bisogna intervenire con una terapia per eliminarli o mitigarli. Se la terapia viene eseguita sotto la direzione di un veterinario, e ben documentata, il rimedio scelto può esulare da questi Standard al fine di trovare la soluzione migliore per la salute degli animali, la farmacoresistenza e gli aspetti ambientali".

 

Di seguito, viene stabilito anche che "L'uso di antibiotici è tendenzialmente vietato, eccetto in casi di comprovata emergenza. I singoli animali possono ricevere un massimo di tre cicli di antibiotico all'anno, e solo sotto la direzione di un veterinario". In pratica, è più o meno quello che avviene ormai in ogni azienda agro-zootecnica professionale in cui operi un veterinario tramite ricettario elettronico

 

Contro invece gli ectoparassiti (es. mosche e zecche), sono previste analoghe deroghe per usi topici di ivermectina, doramectina e piretroidi. Gli usi sistemici delle prime due sostanze attive sono anch'essi disciplinati: "È consentito il trattamento dell'intera mandria con antielmintici, ma è generalmente vietato l'uso di “ivermectina “e “doramectina” per la lotta ai parassiti interni, ad eccezione di influenza epatica e Oestrus ovis (mosca nasale delle pecore) in mancanza di prodotti alternativi disponibili. È preferibile la somministrazione orale, quella cutanea o l'iniezione sono consentite solo come ultima risorsa sotto la direzione di un veterinario".

 

Come si vede, la diffusa percezione di un'agricoltura e di una zootecnia biodinamica del tutto avulsa dalla "chimica" e, soprattutto, dalle sostanze di sintesi è palesemente sbagliata. 

 

Senza preparati niente certificazione

Oltre a seguire alcune prassi agronomiche e fitosanitarie molto simili a quelle del biologico, gli agricoltori biodinamici devono anche obbligatoriamente impiegare alcuni specifici preparati identificati da numeri. Per esempio, il preparato 500 citato nel sommario dell'articolo è noto anche come cornoletame, mentre il 501 è ciò che comunemente viene chiamata cornosilice


Per produrre tali preparati vi sono da seguire ritualità ben codificate che attingono agli insegnamenti primigeni di Steiner, il quale era convinto che dall'Universo provenissero energie non meglio specificate che si potevano imbrigliare, appunto, nei preparati stessi, trasferendole poi a piante e terreno. Ovviamente, non v'è mai stata alcuna prova scientificamente accettabile che tale mediazione energetica esistesse, né che a ciascuno dei preparati corrispondesse un ben preciso effetto, visibile e misurabile. 

 

Le diverse prove sperimentali sinora effettuate, infatti, hanno per lo più misurato macro variabili omnicomprensive. Non si sa cioè se una differenza misurata in campo sia dovuta a un ben preciso preparato, oppure a tutto un insieme di pratiche agronomiche che già di per sé possono dare quei risultati anche senza preparati biodinamici.

 

Del resto, l'inerbimento degli interfila di vigneti e frutteti è prassi consolidata anche in agricoltura integrata, come pure le pratiche di sovescio. Nulla vieta poi di usare letame e altri concimi organici, né di minimizzare i trattamenti fitosanitari utilizzando strumenti previsionali moderni e mezzi alternativi di lotta alle avversità, come la confusione sessuale o il controllo delle infestanti tramite macchine. Il mondo agricolo, in sostanza, andrebbe diviso solo in agricoltori che lavorano bene da una parte e agricoltori che lavorano male dall'altra, indipendentemente dal credo personale. 

 

La ricerca elvetica

I preparati biodinamici 500 e 501 funzionano? Pare di no. Una ricerca è stata infatti prodotta in tal senso e porta il titolo di "Effect of biodynamic preparations 500 and 501 on vine and berryphysiology, pedology and the soil microbiome". Lo studio, di durata quinquennale, è stato condotto in un vigneto a Mont-sur-Rolle, in Svizzera, e ha misurato alcune specifiche caratteristiche delle piante, delle uve e del terreno nelle parcelle condotte a biologico e confronto con quelle condotte a biodinamico


Per esempio, sono stati misurati il peso medio degli acini, il grado zuccherino e i contenuti di acido malico e tartarico. Inoltre, i ricercatori hanno pesato il raccolto per metro quadro, il peso per metro lineare di tralcio potato (indice del vigore delle piante), nonché l'attività fotosintetica


Anche il terreno è stato oggetto di indagine, misurandone la densità, la capacità di ritenzione idrica, la stabilità strutturale e il volume della macroporosità. Infine, è stato comparato anche il microbioma del suolo nelle due tesi a confronto tramite sequenziamento del Dna delle comunità fungine.

 

Risultati: nessuna differenza significativa

Al termine della prova non sono stati evidenziati chiari e univoci effetti misurabili a favore di una tesi o dell'altra. In sostanza, non v'è differenza fra piante di vite trattate o meno con i preparati 500 e 501. Ogni parametro misurato ha infatti mostrato valori altalenanti nei cinque anni di studio, a volte in leggero favore di una tesi, a volte dell'altra, senza che però ciò abbia permesso di tirare conclusioni a favore dei preparati stessi. 


Nello specifico del microbioma del terreno, tema molto caro agli agricoltori biodinamici, questo “[…] non ha mostrato differenze significative nella diversità fungina o nella composizione della comunità tra le parcelle trattate con preparati biodinamici rispetto all'acqua. Ciò supporta i risultati di Hendgen et al. (2018), che hanno anche segnalato effetti trascurabili a breve termine dei preparati biodinamici sulle comunità microbiche”. 


In sostanza, gli studiosi hanno potuto appurare come cornoletame e cornosilice non abbiano migliorato né la fisiologia della vite, né le rese, né la qualità delle bacche, né le caratteristiche del suolo rispetto alla gestione biologica. Un risultato, questo, che non ha suscitato alcun scalpore in chi padroneggi agronomia, nutrizione e difesa vegetale, ma che è stato definito “sconvolgente” da una rivista del settore vitivinicolo come il Gambero Rosso. Il mondo è bello perché vario, si dice, anche se talvolta qualche dubbio in proposito nasce spontaneo. 


In realtà, di sconvolgente v'è infatti solo che a distanza di un secolo dalla morte di Rudolf Steiner si creda ancora a fantomatici influssi astrali e riti che molto hanno a che fare con l'esoterismo e poco o nulla con l'agronomia. Materia, quest'ultima, che Steiner padroneggiava né poco né punto, inspirandosi solo alle aziende agricole dei suoi tempi, chiuse in se stesse e miranti soprattutto alla propria sopravvivenza, senza peraltro poter contare sulle tecnologie a oggi disponibili. 


Quelle tecnologie grazie alle quali è oggi possibile produrre da cinque a dieci volte di più rispetto all'epoca di Steiner, consentendo la sopravvivenza (e anche qualcosa di meglio) di miliardi di persone, concentratesi per giunta nelle città dopo aver spopolato le campagne. Al momento, la popolazione mondiale è infatti circa sei volte quella degli inizi del secolo scorso, quando si pativa di pellagra, rachitismo carenze nutrizionali di cui oggi non v'è più memoria. E forse è proprio per questo che un personaggio discutibile come Rudolf Steiner risulta ancora così affascinante agli occhi di molti.