Il settore zootecnico, e in particolare quello lattiero caseario, è stato tra i primi ad adottare innovazioni tecnologiche sul fronte dell'automazione e dell'analisi dei dati. Basti pensare che il primo robot di mungitura è stato sviluppato nel 1992 e che da allora questa tecnologia si è diffusa piuttosto velocemente nel Nord Europa, per poi arrivare anche in Italia.


Per toccare con mano quali sono le tecnologie oggi disponibili e i problemi che gli allevatori devono gestire ogni giorno siamo stati a Trescore Cremasco (Cr), presso l'Azienda agricola Carioni, una realtà fondata nel 1920 e che oggi è guidata dalla terza generazione. Un'azienda di grandi dimensioni, con una superficie agricola di mille ettari e circa 1.200 bovini, tutto certificato biologico. L'azienda ha anche due impianti di biogas e ha sviluppato dei prodotti retail come strategia di diversificazione, al fine di aumentare i ricavi ed essere più resiliente sul mercato.


"L'Azienda agricola Carioni è stata fondata dal mio bisnonno e oggi può contare su mille ettari di terreno, tra proprietà e affitto, dove coltiviamo principalmente foraggi invernali destinati all'alimentazione delle bovine", ci racconta Sara Carioni, nipote di Tommaso Carioni, uno dei titolari dell'azienda.

 

"In stalla, invece, abbiamo circa 1.200 bovini, di cui circa settecento in lattazione, ma con gli investimenti fatti negli ultimi anni abbiamo intenzione di raddoppiare il numero di capi produttivi. Il latte viene valorizzato all'interno del caseificio aziendale, situato a pochi metri dalla stalla, dove produciamo, oltre alla nostra linea di prodotti lattiero caseari, anche tre Dop: taleggio, quartirolo e salva cremasco. Il latte viene inoltre conferito a clienti esterni".


A completare il business aziendale ci sono due impianti di biogas, da 1 MW ciascuno, inaugurati nel 2010 e nel 2012, che vengono alimentati grazie agli effluenti zootecnici. "Essendo certificati biologici, per noi il digestato è fondamentale, in quanto ci permette di sostenere la fertilità dei suoli senza dover ricorrere all'acquisto di concimi organici al di fuori dell'azienda", sottolinea Sara Carioni, che incontriamo presso l'azienda di Trescore Cremasco.

 

Una delle stalle dell'Azienda agricola Carioni

Una delle stalle dell'Azienda agricola Carioni

(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)


Per diversificare le fonti di reddito e valorizzare la materia prima prodotta in azienda, la famiglia Carioni ha deciso anche di investire nella produzione di formaggi, che vende presso lo spaccio aziendale e anche affidandosi ad una rete locale di punti vendita, nonché gallette e farine, prodotte in conto terzi con materie prime di proprietà. "La nostra è un'azienda a guida familiare e ognuno di noi, nel corso degli anni, ha dato il proprio apporto per la trasformazione e la crescita dell'azienda", sottolinea Sara Carioni, che è la responsabile della stalla.

 

Automazione e dati, l'innovazione entra in stalla

La famiglia Carioni crede molto nelle potenzialità del settore lattiero caseario e lo si nota guardando la stalla: un edificio moderno, arioso, composto da cinque strutture che offrono protezione a 1.200 vacche. Mentre Gianfranco Fresu, responsabile della sala di mungitura, ci accompagna lungo le mangiatoie, notiamo subito che la tecnologia non manca. Ogni vacca infatti è dotata di un pedometro che rileva i movimenti dell'animale e lo rende riconoscibile dai vari sistemi di automazione presenti in stalla.


Le vacche sono divise in gruppi omogenei e tre volte al giorno vengono accompagnate da un operatore presso la sala di mungitura, dove sono posizionati venti robot di mungitura della Fullwood, azienda britannica commercializzata in Italia da TDM.

 

I robot di mungitura presso l'allevamento Carioni

I robot di mungitura presso l'allevamento Carioni

(Fonte foto: Azienda agricola Carioni)

 

Il capo entra volontariamente nel box, invogliato anche dalla somministrazione di cibo, e il podometro permette al robot di riconoscere l'animale. Come ci spiega Fresu, tutta la parte di mungitura è completamente automatizzata, compresa la pulitura della mammella prima della mungitura e la protezione del capezzolo successivamente.

 

Il latte viene poi pompato attraverso dei sistemi di filtraggio e di refrigerazione. "L'impianto è predisposto per effettuare una mungitura selettiva, in grado cioè di separare il latte proveniente da gruppi omogenei, per valorizzare ancora di più la qualità del prodotto", sottolinea Fresu.

 

Una volta munta, la vacca esce dal box e attraverso una serie di cancelli intelligenti, viene instradata verso la propria stalla di appartenenza, oppure ritorna nel piazzale di attesa, nel caso in cui la mungitura non sia andata a buon fine. Grazie alla presenza di un mini laboratorio situato su ogni robot, si ha la possibilità di analizzare la qualità del latte di ogni quarto. In questo modo il sistema è in grado di rilevare precocemente eventuali anomalìe che possono indicare l'insorgenza di patologie. In questi casi la vacca viene indirizzata verso un'area dove rimane in attesa della visita del veterinario.

 

Uno degli

Uno degli "smart gate" per la suddivisione del bestiame

(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)

 

Lo stesso accade nel caso in cui i dati del pedometro rilevino un possibile calore. "Attraverso l'analisi dei dati siamo in grado di rilevare modifiche del comportamento degli animali e di identificare in maniera precoce i segnali tipici dell'estro", sottolinea Sara Carioni.


Quello scelto dall'azienda è un sistema ibrido, in quanto prevede un luogo separato per la mungitura e non invece la presenza dei robot direttamente in stalla e ad accesso libero. Gli operai, dopo aver accompagnato le vacche nel piazzale di attesa, possono così dedicarsi alla pulitura delle cuccette (con materassini in gomma). Anche se la mungitura non viene effettuata a richiesta, il fatto di prevedere comunque tre mungiture al giorno consente una produzione di circa 30-31 chilogrammi di latte per vacca al giorno, una soglia più che buona se si considera il regime biologico.

 

Automazione anche nell'alimentazione

Per ottimizzare l'uso delle risorse e comprimere gli sprechi, ci racconta Sara Carioni, l'azienda ormai da anni ha adottato una gestione dell'alimentazione in gruppi omogenei, fornendo diete differenti agli animali a seconda dell'età, del numero di parti e soprattutto della fase di lattazione.

 

"Tutte le settimane ci sediamo intorno ad un tavolo con l'alimentarista e il veterinario per analizzare le performance della mandria e decidere eventuali cambi di strategia nell'alimentazione delle bovine", ci spiega Sara Carioni, che negli ultimi anni ha dovuto fronteggiare una diminuzione del prezzo del latte biologico rispetto a quello convenzionale ed è dunque molto attenta al contenimento dei costi.

 

"Le razioni sono attentamente studiate per mantenere elevata la qualità, fondamentale soprattutto quando il latte viene trasformato in formaggio, e al contempo mantenere bilanciata l'economia della stalla".

 

Il sistema di distribuzione automatico di Trioliet

Il sistema di distribuzione automatico di Trioliet

(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)


Oltre a due carri miscelatori a due coccole della Siloking, l'azienda ha anche installato una cucina automatizzata della Trioliet che consente la preparazione dell'unifeed e la distribuzione dello stesso lungo le trincee. Nell'area della cucina sono conservati i foraggi e i mangimi che vengono prelevati attraverso un sistema di frese e montacarichi. Quando il carro robotizzato entra in cucina si posiziona al di sotto dei differenti box e viene caricato secondo la ricetta. Dopo la fase di miscelazione il robot raggiunge la stalla seguendo dei binari sospesi che ne vincolano le traiettorie e distribuisce la razione al gruppo di vacche corretto.


"Abbiamo scelto di adottare questo sistema automatico per svincolare la preparazione della razione dall'apporto umano, ma non siamo pienamente soddisfatti", ci racconta Sara Carioni. "Non mancano infatti malfunzionamenti e blocchi del sistema, che inevitabilmente richiedono l'intervento o di un operatore o, peggio ancora, della ditta fornitrice. Questo rappresenta una complicazione nell'operatività quotidiana, in contrasto con lo spirito di autonomia con il quale era stato fatto l'investimento".

 

La cucina dove vengono stoccati i foraggi

La cucina dove vengono stoccati i foraggi

(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)


Agricoltura digitale, una rivoluzione in mezzo al guado

Le differenti soluzioni adottate dall'Azienda agricola Carioni producono ogni giorno una mole considerevole di dati. Ci sono infatti i dati dei robot di mungitura, che descrivono la produttività e la qualità del latte. Ci sono i dati dei pedometri, che permettono di identificare l'animale e di valutarne i comportamenti. Ci sono i dati della cucina e del mangimificio, oltre a quelli dell'impianto di raffrescamento. A questi si sommano i software gestionali, quelli ad esempio per l'aggiornamento dell'anagrafe bovina e così via.

 

"Ogni giorno io e i miei collaboratori siamo costretti ad utilizzare sette differenti software, che tuttavia non sono in grado di dialogare gli uni con gli altri", sottolinea con una certa frustrazione Sara Carioni. "Questo significa che ogni giorno devo scaricare i dati da diversi software e importarli in mastodontici file Excel che mi servono per prendere le decisioni. Inutile dire che si tratta di un lavoro laborioso, che può produrre errori e che in ogni caso non mi permette di estrapolare dai dati grezzi tutte le informazioni di valore che potenzialmente sono lì racchiuse".


La mancata interoperabilità è uno dei principali problemi che ostacola l'innovazione in stalla, come nell'agricoltura di campo. D'altronde, come sottolineato dall'Osservatorio Smart AgriFood, School of Management del Politecnico di Milano e Laboratorio Rise, Research & Innovation for Smart Enterprises dell'Università degli Studi di Brescia, il tema dell'interoperabilità è oggetto di numerose iniziative, sia pubbliche che private, che tuttavia, ad oggi, non sono riuscite a definire uno standard comune di comunicazione.

 

Ma i dati restano al centro della transizione verso una agricoltura più smart. Sempre secondo l'Osservatorio Smart AgriFood, le tecnologie oggi più diffuse sono quelle atte a raccogliere, memorizzare e analizzare i dati. Tra le tecnologie abilitanti, il 75% riguarda proprio Data & Analytics, il 59% l'Iot (come i podometri o i tag auricolari), il 58% le piattaforme software (più di sette quelle usate dall'Azienda agricola Carioni solo in stalla). E poi i device di ultima generazione al 43%, come quelli presenti nei sistemi di mungitura o di alimentazione.

 

Le tecnologie abilitanti

Le tecnologie abilitanti

(Fonte foto: Osservatorio Smart AgriFood)

 

Una cosa è certa: oggi le aziende più innovative sono spesso le più grandi. Secondo i dati dell'Osservatorio Smart AgriFood, l'adozione di soluzioni 4.0 aumenta con le dimensioni dell'azienda. Sopra i 200 ettari le realtà che adottano almeno una soluzione sono il 92%, contro il 52% di chi ha meno di 10 ettari.

 

"Con l'aumentare delle dimensioni delle mandrie c'è sempre più bisogno di avere sotto controllo le performance dell'azienda. La necessità è quella di poter aprire questi programmi ad una condivisione del dato, che permetta all'allevatore una gestione agevole e rapida dell'azienda, tenendo conto anche di un mercato sempre più competitivo", conclude Sara Carioni.


Image Line è partner dell'Osservatorio Smart AgriFood