Il lupo (Canis lupus) è un animale autoctono dell'Italia che, nel corso degli ultimi anni, si è diffuso in tutti gli Appennini e in gran parte dell'Arco alpino. Il motivo? Il progressivo spopolamento delle aree montane, l'arretramento dell'agricoltura, leggi conservative e un generale miglioramento delle condizioni ambientali (disponibilità di cibo, inverni miti, eccetera). Il diffondersi di questo predatore ha però creato motivi di attrito con gli allevatori, che subiscono attacchi da parte dei branchi e ogni anno, durante la stagione estiva, quando gli animali sono al pascolo, possono perdere dei capi (con indennizzi pubblici complicati da ottenere e solo parziali).

 

Per favorire la convivenza tra pastori e predatori è nato Pasturs, un progetto che si basa sull'utilizzo di misure di prevenzione e il supporto di volontari. Il progetto, originariamente sviluppato in Lombardia, si è poi esteso ad altre regioni italiane, inclusa la Valle d'Aosta, dove Anna Crimella, della Cooperativa Eliante, coordina le attività.

 

"Pasturs è nato sulle Orobie, in Lombardia, ispirato a un progetto francese. Tuttavia, abbiamo adattato l'idea al contesto italiano per rispondere meglio alle esigenze degli allevatori locali, particolarmente colpiti dalla presenza di predatori come il lupo e, in alcune zone, l'orso. Eliante ha promosso il progetto con l'obiettivo di aiutare queste comunità a gestire la presenza dei predatori e ad accettarne la coesistenza attraverso misure di prevenzione", ci racconta Anna Crimella.

 

I volontari imparano a montare le reti antilupo

I volontari imparano a montare le reti antilupo

(Fonte foto: progetto Pasturs)

 

Quali sono le principali difficoltà incontrate dagli allevatori nella gestione dei predatori?

"Gli allevatori sono spesso riluttanti a cambiare le loro abitudini consolidate. Inoltre, le misure di prevenzione, come le recinzioni elettrificate e i cani da guardiania, possono essere costose e impegnative da gestire. I recinti, ad esempio, devono essere montati, smontati e spostati frequentemente, mentre i cani da protezione richiedono una cura specifica e devono essere geneticamente predisposti per questo lavoro. La vita in alpeggio è già molto dura, e aggiungere ulteriori compiti per proteggere il bestiame rende tutto ancora più complesso".

 

Come funziona il coinvolgimento dei volontari nel progetto Pasturs?

"Il progetto coinvolge principalmente giovani provenienti dalla pianura, che desiderano sperimentare la vita in montagna e contribuire alla tutela della biodiversità. Questi volontari vengono formati e poi assegnati agli alpeggi per periodi che variano da una a tre settimane, durante l'estate. Gli allevatori offrono vitto e alloggio, mentre i volontari forniscono supporto nella sorveglianza del bestiame e in altre attività legate alla vita in alpeggio".

 

Quali sono le principali difficoltà legate all'introduzione dei cani da guardiania?

"I cani da guardiania possono essere problematici in contesti con forte presenza turistica, come la Valle d'Aosta. Sono cani di grossa taglia, addestrati per proteggere le mandrie, ma possono diventare difficili da gestire se lasciati liberi in aree frequentate da escursionisti. È fondamentale che i turisti siano informati sulla presenza dei cani e su come comportarsi. In questi casi, forniamo cartelli di avviso molto visibili per indicare l'eventuale presenza di cani da lavoro nei pascoli".

 

I cani da guardiania sono molto efficaci nel proteggere le mandrie al pascolo

I cani da guardiania sono molto efficaci nel proteggere le mandrie al pascolo

(Fonte foto: Progetto Pasturs)

 

Qual è la risposta degli allevatori al progetto?

"La risposta varia molto. Gli allevatori devono aprire le porte delle loro case a persone sconosciute che cambiano ogni settimana, questo non è facile. Cerchiamo di selezionare i volontari più adatti, ma è inevitabile che si creino legami più forti con alcuni e meno con altri. Per quanto riguarda gli allevatori, non abbiamo mai avuto casi di rinunce spontanee, anche se a volte siamo noi a suggerire di abbandonare il progetto se non ci sono le condizioni minime per ospitare i volontari in modo adeguato".

 

Come avviene il reclutamento dei volontari?

"Cerchiamo volontari attraverso vari canali: pubblichiamo gli annunci sui nostri social e sui media locali, soprattutto nelle zone dove operiamo e dove c'è una forte attenzione, sia positiva che negativa, verso il lupo. Nei luoghi dove i predatori sono più presenti, la questione suscita reazioni molto polarizzate: o grande amore o grande odio. Inoltre, collaboriamo con le università che offrono corsi pertinenti, come agraria, veterinaria, scienze delle produzioni animali e scienze naturali, per far conoscere il progetto e coinvolgere nuovi volontari".

 

Come selezionate i volontari e che tipo di formazione ricevono?

"Il processo di selezione avviene in più fasi. Prima facciamo una scrematura delle domande, che quest'anno sono state circa duecentodieci per la Valle d'Aosta e il Trentino, e ne abbiamo selezionati una settantina. Dopo la prima selezione, invitiamo i candidati a un colloquio. La formazione in campo, che può durare uno o due giorni a seconda delle risorse economiche disponibili, copre diversi argomenti: dall'etologia dei lupi alle misure di prevenzione dei danni, fino alla gestione delle razze domestiche e alla vita in alpeggio. La formazione è specifica per ogni area. Ad esempio, quella in Valle d'Aosta è diversa da quella in Trentino, poiché le razze allevate sono differenti".

 

Una volontaria insieme ad un allevatore

Una volontaria insieme ad un allevatore

(Fonte foto: Progetto Pasturs)

 

Gli allevatori partecipano alla formazione?

", in Valle d'Aosta molti allevatori partecipano alla giornata di formazione, aiutando a insegnare il montaggio delle recinzioni e la gestione delle razze specifiche della zona. Questo coinvolgimento degli allevatori è importante, perché apportano un'esperienza pratica che i volontari possono integrare con le nozioni teoriche acquisite".

 

Avete riscontrato delle resistenze da parte delle associazioni di allevatori?

"Alcune associazioni non vedono di buon occhio il progetto, poiché è in contrasto con l'idea che il lupo debba essere eradicato. Tuttavia, il nostro approccio è focalizzato sulla prevenzione, sull'uso di recinzioni adeguate, dei cani da guardiania e su altre misure per ridurre i danni al bestiame. Dal nostro punto di vista la convivenza è possibile e auspicabile".

 

Come vedete il declassamento dello status di protezione del lupo a livello europeo?

"Dal punto di vista scientifico, se il numero di esemplari è tale da non essere più a rischio di estinzione, può avere senso abbassare il livello di protezione. Tuttavia, questo non significa che si possa automaticamente cacciare il lupo. La questione è complessa e richiede un'attenta pianificazione normativa".

 

In Svizzera e in Francia ci sono progetti di abbattimento selettivi. Come li valuta?

"I risultati sono contrastanti. In Svizzera, ad esempio, l'abbattimento dei lupi non ha ridotto le predazioni, anzi, potrebbe aver aggravato la situazione destabilizzando i branchi. Un branco ben organizzato preferisce cacciare prede selvatiche e non avvicinarsi agli animali domestici protetti, ma se lo si destabilizza, ad esempio uccidendo il maschio alfa, aumenta la probabilità di predazioni sul bestiame. Anche abbattere l'intero branco può avere effetti negativi, creando un vuoto territoriale che sarà presto rioccupato da nuovi lupi".

 

I turisti sono informati su come comportarsi con i cani da guardiania

I turisti sono informati su come comportarsi con i cani da guardiania

(Fonte foto: Progetto Pasturs)

 

Le misure preventive sono quindi la soluzione più efficace?

"La prevenzione è la chiave. Il lupo è un animale intelligente e impara velocemente. Se trova ostacoli nel predare il bestiame si rivolge ad altre prede più facili, come gli animali selvatici. I volontari imparano a montare le recinzioni e a utilizzare le attrezzature necessarie per proteggere gli animali in alpeggio. Questo è un lavoro continuo e richiede collaborazione tra allevatori, volontari e tecnici".

 

Qual è la situazione attuale del lupo in Valle d'Aosta?

"La Valle d'Aosta è ormai satura. Ogni branco ha un territorio che copre circa 120-150 chilometri quadrati e non vi è spazio per nuovi branchi senza rischiare conflitti interni. I lupi in dispersione, cioè quelli giovani che lasciano il branco alla ricerca di un proprio territorio, hanno difficoltà a trovare aree libere e spesso finiscono vicino alle strade, dove il rischio di incidenti è elevato. Questo fenomeno mostra come il lupo raggiunga un plateau naturale di popolazione, regolato dalla disponibilità di risorse e dal territorio".

 

Come viene finanziato il progetto?

"In Lombardia, Pasturs è stato inizialmente sostenuto dalla Fondazione Cariplo, mentre in Trentino viene finanziato attraverso un progetto europeo LIFE. In Valle d'Aosta, il supporto economico proviene principalmente dal Parco Naturale Mont Avic, che ha deciso di aderire al progetto per promuovere una migliore accettazione del lupo nel suo territorio".

Leggi anche Fauna selvatica, novità in arrivo?