Mentre il mondo cerca soluzioni praticabili per la decarbonizzazione, diventa chiaro che un mix diversificato di energia rinnovabile, tra cui varie forme di bioenergia sostenibile, è essenziale nelle transizioni energetiche. Lo scenario 1,5°C dell'Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili (Irena) prevede che la bioenergia contribuirà a oltre il 18% del consumo energetico finale totale (TPEC) entro il 2050, inclusi gli usi diretti (16%) e la produzione di elettricità (2,3%).
Per aumentare la consapevolezza sull'importanza e sottolineare il ruolo critico della bioenergia sostenibile nelle transizioni energetiche globali, l'Irena ha rilasciato una dichiarazione congiunta insieme a diversi enti internazionali: Clean Energy Ministerial Biofuture Platform Initiative, Food and Agriculture Organization of the United Nations (Fao); Global Bioenergy Partnership (Gbep), International Energy Agency (Iea), IEA Bioenergy Technology Collaboration Programme, United Nations Environment Programme (Unep), United Nations Economic Commission for Europe (Unece), United Nations Industrial Development Organization (Unido).
Sviluppata da un gruppo di coordinamento inter iniziativa sulla bioenergia e convocata dalla Global Bioenergy Partnership, la dichiarazione cerca di affrontare i persistenti dibattiti sul ruolo che la bioenergia dovrebbe svolgere a supporto degli obiettivi climatici e di sviluppo. Si pensi ad esempio alle implicazioni, non solo economiche, di una politica puramente ideologica come quella di bandire tutte le auto con motore a combustione entro il 2035.
Il manifesto degli enti sottoscrittori, anche se non viene esplicitamente chiamato così per le convenzioni del "politically correct", è un appello alla ragionevolezza dei legislatori di tutto il mondo (magari quelli europei!). Le bioenergie sono una forma di energia rinnovabile valida quanto il solare o l'eolico, ma con caratteristiche diverse che devono essere prese in considerazione. Rispetto ai "concorrenti", i biocarburanti hanno il vantaggio di essere versatili, immagazzinabili e distribuibili, rendendoli ideali per sostituire direttamente i combustibili fossili in vari settori, tra cui trasporti, produzione di energia e calore, processi industriali e cucina pulita.
Non bisogna considerare il supporto ai biocarburanti come una concessione alle multinazionali del petrolio e del gas. Bisogna invece considerare i biocombustibili come una integrazione di altre fonti rinnovabili, migliorando così la resilienza e la sostenibilità complessiva dei sistemi energetici.
Attualmente, i biocarburanti sono considerati una delle opzioni più fattibili nei settori difficili da decarbonizzare, come l'aviazione e la navigazione, che richiedono vettori ad alta densità energetica: 1 chilogrammo di biodiesel ha circa il 95% del potere calorifico di 1 chilogrammo di gasolio, 1 litro di bioetanolo ha il 69% del potere calorifico di 1 litro di benzina, 1 Sm3 di biometano ha fra il 97% e il 99% del potere calorifico del gas naturale. Eppure gli "attivisti" e i "verdi" si oppongono ciecamente alla sostituzione dei combustibili fossili con i biocarburanti (si vedano La demonizzazione del biodiesel di soia e Guerra in Ucraina e rincaro del pane: colpa del bioetanolo?), condizionando fortemente le politiche europee (da osservare le contraddizioni delle affermazioni del ministro olandese sul bando dei motori a combustione nel link più sopra con il testo della Red III approvato dal Parlamento Europeo).
Leggi anche Biocarburanti Vs e-fuel: cosa dice veramente la Red III
I zeloti del "tutto fotovoltaico" arrivano perfino a fare causa alla Commissione Europea stessa quando questa accetta solo parzialmente le loro assurde campagne contro bioenergie e bioplastiche. Già, anche le bioplastiche che dovrebbero risolvere il dilagante problema della contaminazione dei mari e dei suoli sono finite nel mirino dei puristi del bio.
Il fatto è che le bioenergie si differenziano da solare ed eolico non solo per la facilità di immagazzinamento e la maggiore densità di energia, ma per la caratteristica di essere "rinnovabili ma non troppo". La disponibilità di vento e sole non è vincolata al loro sfruttamento. La biomassa, invece, non si può prelevare ad una velocità pari o maggiore a quella con cui si rigenera, e inoltre una quota di carbonio va comunque restituita al suolo, pena la desertificazione. Quindi, le bioenergie possono contribuire alla decarbonizzazione ma non sono la soluzione di tutti i problemi. Così come non lo sono il fotovoltaico, l'eolico o l'idrogeno verde.
Poiché le fonti di bioenergia sono strettamente legate a fattori geografici, pedoclimatici e socioeconomici, le diverse opzioni di materie prime per diversi usi finali presentano percorsi di transizione energetica per ogni regione. Ciò porta alla necessità di definire strategie di decarbonizzazione su misura che soddisfino le esigenze specifiche di ogni Paese.
Prendiamo ad esempio l'installazione di centrali termoelettriche con teleriscaldamento a biomassa in Finlandia. Si tratta di un Paese caratterizzato da bassa densità di popolazione, risorsa solare minima, domanda di riscaldamento quasi tutto l'anno e vaste estensioni boschive scarsamente biodiverse gestite da decenni in modo sostenibile. In un tale contesto, il ricorso alla biomassa è l'unica scelta che minimizza le emissioni nette di gas serra (ricordiamo che la CO2 da biomassa è "neutra"). Però, il "modello finlandese" non è di certo applicabile alla definizione delle politiche sull'utilizzo di biomassa nei Paesi del Mediterraneo, che hanno caratteristiche diametralmente opposte.
La buona governance - parola tanto cara a politici e analisti, forse perché impossibile da tradurre in italiano - si dovrebbe basare sulla valutazione di prove tangibili dei fattori ambientali, economici, sociali e politici, sulla salvaguarda della sicurezza alimentare ed energetica, la giustizia climatica, la tutela della biodiversità, i diritti su terra e acqua e le priorità di sviluppo locale. La legislazione sull'utilizzo delle biomasse dovrebbe seguire i principi delle soluzioni basate sulla natura (Risoluzione delle Nazioni Unite UNEP/EA.5/Res.5) tra cui il coinvolgimento delle parti interessate locali e il consenso libero, preventivo e informato. Le norme riconosciute per la qualità e la sostenibilità possono facilitare gli investimenti, il commercio equo, e il monitoraggio.
Attraverso la buona governance la bioenergia sostenibile affronta i rischi correlati al territorio e alle risorse utilizzate per la sua produzione e i potenziali impatti sulla sicurezza alimentare, sugli ecosistemi naturali e sugli stock di carbonio (protocollo definito dall'Ipcc, Intergovernmental Panel on Climate Change), nonché le sfide nella gestione dell'equità e della giustizia sociale e nel raggiungimento della competitività economica e dell'accessibilità economica.
Come illustrato nei recenti report dell'Irena sulla bioenergia, diversi modelli aziendali e catene di fornitura evidenziano le complessità regionali delle dinamiche della bioenergia, in particolare nei mercati emergenti come il Sud Est asiatico, l'America Latina e l'Africa subsahariana. I vantaggi e i compromessi dei sistemi di bioenergia dipendono dal contesto e richiedono un'attenta considerazione delle esigenze e delle priorità locali.
Quando prodotta con tecnologie a basso consumo energetico e a basse emissioni, la bioenergia sostenibile contribuisce in modo significativo a transizioni energetiche inclusive, in particolare nelle regioni in cui altre opzioni di decarbonizzazione sono più costose (si vedano ad esempio il potenziale del fico d'India in Sicilia o del letame di bufali in Campania, più convenienti dell'idrogeno verde in tali contesti) o semplicemente non disponibili.
La dichiarazione congiunta sottolinea il ruolo cruciale della bioenergia sostenibile, derivata da una varietà di risorse di biomassa, nella bioeconomia. La biomassa può - e quando possibile deve - provenire da sistemi integrati in agricoltura, silvicoltura, pesca e acquacoltura, insieme a prodotti alimentari e biologici, o da flussi di rifiuti e residui biogenici. Ciò che rende la bioenergia attraente è il suo contributo alla crescita socioeconomica locale, in particolare per le comunità - come larghe aree del nostro territorio a vocazione nettamente agricola - i cui mezzi di sostentamento dipendono fortemente dalla bioeconomia.
In sintesi, la bioenergia sostenibile svolge un ruolo fondamentale nelle transizioni energetiche globali, supportando gli obiettivi climatici e di sviluppo sostenibile. Attraverso una buona governance, le biomasse, intese in senso ampio e non solo limitate all'uso energetico, possono contribuire ad affrontare i rischi legati all'uso del territorio e delle risorse, alla sicurezza alimentare, agli ecosistemi naturali e alle riserve di carbonio, promuovendo al contempo equità, giustizia e competitività economica.