A vendemmia ancora in corso, le previsioni ufficiali dell'Osservatorio Assoenologi, Ismea e Unione Italiana Vini (Uiv) - presentate a Ortigia (Siracusa) nell'ambito dell'Expo Divinazione in occasione del G7 Agricoltura - stimano una produzione di 41 milioni di ettolitri, in crescita del 7% rispetto all'annata magrissima del 2023. Nonostante il rilancio produttivo, nel 2024 dovremmo essere ancora distanti (-12,8%) dalla media produttiva dell'ultimo quinquennio.

 

Per gli amanti dei numeri, nel contesto internazionale, caratterizzato come per l'Italia da un andamento meteoclimatico non particolarmente favorevole, la produzione italiana di quest'anno colloca nuovamente sul gradino più alto del podio il nostro Paese (con 41 milioni di ettolitri stimati), davanti alla Spagna, che dovrebbe mettere a segno un +20% sul 2023 e toccare i 39,75 milioni di ettolitri, scavalcando così la Francia (-18% e una produzione stimata di 39,28 milioni di ettolitri). Seguono, distanziate, le produzioni di Germania (-2% a 8,40 milioni di ettolitri) e Portogallo (-8% a 6,90 milioni di ettolitri).

 

A pesare sulle performance del Vigneto Italia, che nonostante il balzo in avanti rispetto all'anno scorso non brilla certo per grandi performance produttive (ed è forse meglio così, visti i consumi in calo e le esportazioni che, per quanto in crescita, non sono entusiasmanti), sono i cambiamenti climatici anche violenti che si sono abbattuti sulla penisola, dalle piogge eccessive al Centro Nord alla siccità nel Sud. Nel complesso, però, le stime sono quelle di un'annata contenuta nella quantità, ma complessivamente di qualità buona, con diverse punte ottime, premessa fondamentale per arrivare a produrre un millesimo interessante, grazie anche all'aiuto degli enologi.

 

La vendemmia regione per regione

Osservando le tendenze per macroaree, la vendemmia 2024 ha segnato una tenuta al Nord, con un lieve incremento dello 0,6% sul 2023, accompagnato da un rimbalzo particolarmente positivo al Centro (addirittura +29,1% rispetto all'anno scorso, dove la peronospora aveva massacrato i vigneti) e una crescita al Sud nell'ordine del +15,5%, anche a fronte di una siccità dai contorni drammatici.

 

Più specificatamente, il Veneto conferma la propria leadership produttiva con 11 milioni di ettolitri, stabile sul 2023, mentre crescono le produzioni in Emilia Romagna (7,1 milioni, +7%) e Puglia (7 milioni, +18%), così come in Toscana (2,3 milioni di ettolitri, +30%) e Piemonte (2,6 milioni, +10%), due realtà che sono storicamente annoverate nell'Olimpo. Rimangono stabili i raccolti vendemmiali in Friuli Venezia Giulia (1,59 milioni), mentre calano agli estremi, dal Trentino Alto Adige (1,3 milioni, -12,4%) alla Sicilia (2,3 milioni di ettolitri, -16%), dove la carenza idrica ha pesato notevolmente.

 

Vendemmia, i commenti degli esperti

Per il presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella, "la vendemmia di quest'anno si inserisce in un quadro meteorologico estremo, caratterizzato da un'instabilità climatica che ha influito inevitabilmente sulla produzione delle uve. Tuttavia, nonostante le difficoltà, ciò che emerge come un fattore determinante per la qualità finale dei vini è proprio il lavoro degli enologi. Mai come quest'anno, siamo stati chiamati a dimostrare la nostra competenza scientifica e il nostro sapere tecnico per gestire al meglio sia la conduzione della vigna sia quella della cantina".

 

Parallelamente, anche in campo gli esperti hanno dovuto "adottare strategie precise per ottimizzare l'uso delle risorse idriche, monitorare lo stato di salute delle piante e decidere il momento esatto della vendemmia per ottenere uve al massimo del loro potenziale", ha aggiunto Cotarella.

 

Da Ortigia il presidente di Ismea, Livio Proietti, parla di "un quadro complesso", tanto che necessario continuare a contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici con tecnologie e innovazioni mirate anche all'adattamento al nuovo contesto, che comunque richiederà sempre più conoscenza e preparazione tecnica di chi opera in vigna".

 

Quello che è importante, per il numero uno dell'Uiv, Lamberto Frescobaldi, è non cadere nel tranello degli espianti, rinunciando così a una coltura simbolo del panorama italiano e alla funzione sociale e di presidio del territorio che svolge la viticoltura. "Abbiamo bisogno di un vigneto Italia 'a fisarmonica' - commenta Frescobaldi -, reso più gestibile e flessibile da strumenti di intervento in grado di tamponare il tema delle eccedenze e, per quanto possibile, di rendere meno traumatiche le annate scarse. Gli estirpi, di cui si parla in Europa, non risolvono la situazione italiana: per comprenderne gli effetti basta ricordare quanto accaduto tredici anni fa, quando, a fronte di una spesa pubblica di circa 300 milioni di euro e 30mila ettari espiantati soprattutto in collina e in aree Doc, ci siamo ritrovati due anni dopo con una vendemmia record da 53 milioni di ettolitri. Gli espianti per Uiv rappresentano di per sé un rischio sociale, perché impattano su intere economie in aree collinari vocate".

 

Inutile, per Frescobaldi, "pensare di distrarre i fondi strategici per incentivare gli estirpi. La stragrande maggioranza delle nostre aziende è sana e ha bisogno di innovarsi, promuoversi, sintonizzarsi con un mercato in forte cambiamento; per questo il Tavolo Ue del Gruppo di alto livello deve concentrarsi più a sostenere chi vuole restare nel business che a incentivare chi vuole abbandonare".