Adesso lo certifica pure il Ministero dell'Agricoltura. Dopo prospettive, analisi e dati sommari, il dato ufficiale della vendemmia 2023 registra 38,3 milioni di ettolitri di produzione vitivinicola. Il dato risulta essere il più basso dal Dopoguerra a oggi. Il dato di produzione attesta quindi un calo del 23,2% rispetto ai volumi prodotti nel 2022. I dati ufficiali, stilati da Assoenologi, Uiv e Ismea risultano essere in linea con quanto stimato dagli stessi enti a vendemmia già conclusa, nel novembre scorso, quando la prospettiva parlava di una riduzione tra il -20% e il -24%.

 

Un dato molto più negativo di quanto ipotizzato in fase di partenza della vendemmia, dove si ci si era fermati a circa un -12%, a causa delle alluvioni, le forti piogge di maggio e giugno e in particolare la peronospora, che ha attaccato molti vigneti, soprattutto al Centro Sud. Le contrazioni si sono registrate, come da prospettiva, in Abruzzo (circa -60%), Toscana (-30%), Puglia (-30%) e Sicilia (-45%), aree a forte vocazione produttiva.

 

Menzione positiva sul fronte qualitativo. Secondo l'Osservatorio Assoenologi, Ismea e Uiv, l'estate settembrina ha da una parte ridotto ulteriormente le quantità, portando al calo citato, ma dall'altra ha influito positivamente sulla sanità e qualità delle uve.

 

Il calo produttivo avrà certamente un riflesso anche sui prossimi dati di vendite; nel 2023, per esempio, l'export di vino italiano ha chiuso l'anno con una flessione tendenziale dell'1% in volumi (21,4 milioni di ettolitri) e dello 0,8% in valore (7,8 miliardi di euro).

 

Le prospettive per il 2024, considerato il minor prodotto a disposizione, sono negative, in particolare sulle etichette a denominazione di origine, che, secondo Assoenologi, valgono oltre il 52% del totale della produzione italiana. Vi è quindi la possibilità che il fatturato delle aziende vinicole italiane, dopo due anni importanti post covid-19 e lockdown, possa tornare a scendere, anche complice l'arretramento dell'inflazione.