Il 3 dicembre 2024 a Macomer l'Assemblea dei soci del Consorzio di Tutela del Pecorino Romano Dop ha votato il disciplinare di produzione lasciando invariata la parte relativa alla razza delle pecore: il latte ammesso alla produzione del Pecorino Romano Dop deve provenire esclusivamente da pecore allevate nelle zone di produzione, ovvero Sardegna, Lazio e provincia di Grosseto.

 

La modifica proposta per la limitazione delle razze non ha raggiunto la maggioranza necessaria pari al 66% (maggioranza qualificata): il 39% ha votato a favore, il 29% ha votato contrario e il 26% si è astenuto.

 

Approvata invece la modifica relativa all'approvvigionamento alimentare degli animali, che dovrà provenire per almeno il 50% dalla zona di origine, decisione resa necessaria dalla crescente e perdurante siccità nei territori della zona d'origine della Dop.

 

Via libera anche alle modifiche tecnologiche per il miglioramento qualitativo del prodotto: disciplina dell'utilizzo del sacco sottovuoto, dell'integrazione della flora batterica casearia attraverso l'utilizzo di fermenti autoctoni e certificati, migliore disciplina della tipologia da tavola e da grattugia e inserimento della tipologia "Riserva" che prevede una stagionatura minima di 18 mesi.

 

"Dall'assemblea dei soci è emersa una forte consapevolezza rispetto a una produzione che deve guardare al futuro, perché questo nuovo disciplinare deve dare le linee guida al prodotto per i prossimi decenni", ha detto il presidente del consorzio Gianni Maoddi.

 

"I numeri della votazione di oggi sull'introduzione delle razze fanno rilevare che si tratta di una questione trasversale: una parte di allevatori rappresentati dalle cooperative ha votato a favore, una parte contro, mentre l'industria privata ha optato per l'astensione, dichiarando di non voler interferire nelle scelte degli allevatori. Dunque, dal conteggio finale, emerge che il 55%, ovvero la maggioranza dell'assemblea dei soci, non vuole la restrizione sulle razze" ha aggiunto il presidente del consorzio.

 

"Le altre modifiche approvate dall'assemblea contribuiranno a migliorare ancora il Pecorino Romano, rendendolo sempre più attuale e adeguato alle mutate richieste dei consumatori, pur nel solito e rigoroso rispetto della tradizione" ha concluso Maoddi.

 

Copagri, perplessità sul mancato vincolo a razze autoctone

"Se da una parte sono certamente positive le modifiche apportate al disciplinare di produzione del Pecorino Romano relative all'uso di fermenti autoctoni certificati e soprattutto all'approvvigionamento alimentare degli animali, che dovrà provenire per almeno il 50% dall'areale produttivo, dall'altro lato, lasciano perplessi diverse altre decisioni assunte". Lo afferma il presidente della Copagri Sardegna Giuseppe Patteri all'indomani dell'assemblea del Consorzio di Tutela del formaggio.

 

"La mancata scelta di vincolare la produzione del latte alle sole razze autoctone presenti nella zona produttiva, ovvero Sardegna, Lazio e provincia di Grosseto, non tiene conto di alcuni fattori decisamente rilevanti, sia in termini di autenticità e distinguibilità della Dop che in relazione alla strategia di mercato e alla collocazione in esso del Pecorino Romano", spiega Patteri, precisando di non avere nulla in contrario al fatto che il latte ottenuto da razze diverse da quella sarda possa essere destinato a produzioni non Dop.

 

"Non bisogna mai dimenticare, infatti, i grandi risultati raggiunti nel recente passato, direttamente collegati alla scelta di puntare tutto sulla qualità e sulla diversificazione del prodotto, con le quotazioni del Pecorino Romano passate dai 6,35 euro al chilogrammo del 2019 ai 13,59 euro al chilogrammo del 2023, valore oggi attestatosi su cifre leggermente inferiori", continua il presidente, ad avviso del quale "bisogna insistere sull'innalzamento del livello qualitativo, così da raggiungere standard sempre più elevati".

 

"In altre parole, bisogna assecondare il consumatore, che sempre più spesso chiede genuinità e identitarietà di un prodotto, tenendo sempre in debita considerazione l'importanza della sostenibilità ambientale e della tutela della biodiversità, con il fine ultimo di andare a premiare la qualità, da intendersi in termini di acido linoleico coniugato (Cla) e aminoacidi essenziali, piuttosto che la quantità", rimarca Patteri.

 

"La decisione di privilegiare incrementi quantitativi, al contrario, puntando quindi sul passaggio dall'allevamento brado a quello intensivo, rischia di inflazionare significativamente il mercato del latte, oltre a incidere negativamente sulla valenza socioculturale del Pecorino Romano, indissolubilmente legata alla storia secolare della pastorizia sarda", conclude il presidente della Copagri Sardegna.

 

Confagricoltura, occorre tutelare latte delle pecore sarde

Poche ore prima dell'assemblea del consorzio, il presidente di Confagricoltura Sardegna, Paolo Mele, aveva detto: "La politica regionale della Sardegna intervenga attivamente nella valorizzazione del disciplinare del Consorzio del Pecorino Romano Dop per tutelare il latte proveniente dalle pecore di razza Sarda (compresa la Nera di Arbus), allevate nelle migliaia di aziende dell'isola, e da cui arriva il 94-95% di uno dei migliori pecorini di eccellenza del Mediterraneo, apprezzato in tutto il mondo".

 

"Ogni impresa zootecnica - aveva precisato Mele - sarà libera di allevare la razza che vuole a patto che sia consapevole di come la scelta di investire su razze diverse da quelle autoctone, inserite nella bozza di modifica del disciplinare produttivo del Consorzio di Tutela, possa condizionare la trasformazione del proprio latte: un prodotto su cui auspichiamo in futuro non si potrà avviare la caseificazione di formaggi Dop. Una scelta che - aveva ricordato il presidente di Confagricoltura Sardegna - gli allevatori potranno fare entro sette anni dall'approvazione ministeriale alle modifiche del disciplinare".

 

"Per assicurare gli alti standard di qualità del Pecorino Romano Dop, è necessario continuare a investire sulle razze che, tra la Sardegna, il Lazio e la provincia di Grosseto (dove, oggi, per disciplinare si può produrre il latte necessario alla trasformazione certificata), siano legate alla tradizione allevatoriale locale: da quella Sarda alla tipica Nera di Arbus, dalla Comisana alla Massese, dalla Vissana alla Sopravissana, passando per quella dell'Amiata" aveva concluso Paolo Mele.