La siccità ha messo in ginocchio l'agricoltura di larga parte del Mezzogiorno d'Italia, dove, in alcuni casi, non si sono salvate neanche le zone raggiunte dall'irrigazione collettiva. È accaduto in Puglia, il 13 agosto la diga di Occhito sul Fortore non ha più potuto dare acqua ai comprensori irrigui del Consorzio per la Bonifica della Capitanata che lo ha comunicato così all'utenza: "Termina oggi la distribuzione dell'acqua per uso irriguo nei comprensori del Consorzio di Capitanata. La risorsa idrica disponibile nell'invaso di Occhito sarà impiegata per l'utilizzo prioritario a scopo potabile".

 

Un comunicato asciutto, che condensa la precaria condizione dell'agricoltura meridionale e destinato a diventare emblema e memoria collettiva di un'estate agricola 2024 da dimenticare in tutto il Sud. E proprio in Puglia si è riaccesa la battaglia politica e sindacale per ottenere più acqua per l'agricoltura del foggiano e per liberare risorse esistenti per il Centro ed il Sud della regione.

 

Intanto in Sicilia sono ora in arrivo circa 40 milioni di euro di aiuti - da Stato e Regione Siciliana - per affrontare i danni a vario titolo indotti dalla siccità. E a quelli già accertati dalla Giunta della Regione Siciliana fino al 31 maggio 2024, che ha dato parere favorevole alla dichiarazione di stato di calamità naturale individuando le risorse di concerto con il Governo, si stanno aggiungendo quelli alle colture in corso, rivendicati dalle organizzazioni agricole. Ma anche in questo caso, resta sul tappeto il nodo delle infrastrutture da completare, ovvero da far funzionare meglio lì dove esistenti.

 

Sicilia, 40 milioni per il settore agricolo

Pronti 40 milioni di euro per sostenere le imprese agricole siciliane colpite dalla siccità nella regione che è in stato di emergenza nazionale per questa calamità. La giunta regionale ha dato il via libera alla proposta di declaratoria di calamità naturale che consente adesso gli interventi in favore delle aziende che hanno subìto danni soprattutto per le colture di cereali, legumi e foraggio: si tratta di 15 milioni di euro stanziati dal Masaf, Ministero dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, e altri 10 milioni previsti nella manovra finanziaria approvata dall'Assemblea Regionale Siciliana. Altri 15 milioni di euro, inoltre, saranno erogati con un bando del commissario delegato per l'Emergenza Idrica per l'Agricoltura pubblicato il 29 agosto 2024.

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"Diamo un aiuto economico importante agli agricoltori colpiti dalla grave emergenza idrica di quest'anno - dice il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani -. Un impegno che si concretizza grazie a un intervento congiunto dello Stato e della Regione che permetterà di dare ristoro al settore che ha sofferto più di tutti per l'emergenza idrica".

 

Nel periodo dal 1° gennaio al 31 maggio 2024 - secondo Regione Siciliana - si sono riscontrati i danni più gravi alle colture da seme il cui ciclo produttivo si conclude in primavera. Il danno alla produzione è calcolato in quasi 313 milioni di euro pari a circa il 74% della produzione ordinaria nel territorio interessato. Si è stimato un danno alla produzione del 60% sui legumi, del 70% sui cereali e dell'80% sulle foraggere. In alcuni casi si hanno segnalazioni di danno pari al 100%.

 

"Il calo produttivo - afferma l'assessore all'Agricoltura della Regione Siciliana, Salvatore Barbagallo - riguarda tutto il territorio regionale. Abbiamo attivato con rapidità la procedura di proposta della declaratoria di calamità naturale per poter erogare in tempi brevi i benefici agli agricoltori che già nelle prossime settimane dovranno effettuare spese per preparare i terreni alla nuova semina, dopo un'annata terminata per tutti in grave perdita economica". Oltre ai contributi a sostegno delle imprese agricole sono previsti anche interventi per l'integrazione salariale in favore dei lavoratori.

 

Intanto, entro il 30 settembre potranno essere presentate le domande di contributo previste dall'avviso per interventi in conto capitale per fronteggiare la crisi idrica in agricoltura pubblicato il 29 agosto scorso dal commissario delegato per l'Emergenza Idrica per l'Agricoltura, Dario Cartabellotta.

 

La dotazione finanziaria è di 15 milioni di euro, fondi stanziati con la manovra approvata dall'Assemblea Regionale Siciliana. Le risorse saranno destinate per l'80% alle istanze degli imprenditori agricoli, anche in forma associata, e per il 20% ai comuni. Possono essere finanziati gli interventi di captazione, raccolta e stoccaggio delle acque per uso agricolo e zootecnico; ma anche opere di costruzione di nuove vasche e serbatoi per la raccolta di acqua. Il bando è un'opportunità anche per la realizzazione di nuovi pozzi o per il miglioramento di quelli esistenti. Sono finanziabili anche nuovi impianti di mini desalinizzazione. Le domande potranno essere presentate esclusivamente con pec all'indirizzo dipartimento.agricoltura@certmail.regione.sicilia.it.

 

Sicilia, in un anno il 50% di acqua in meno

A certificare lo stato comatoso delle riserve idriche siciliane e la necessità di interventi d'emergenza, è il report dell'Autorità di Bacino del Distretto Idrografico Sicilia, che solo il 28 agosto ha reso noti i dati dell'acqua contenuta nei 29 invasi siciliani al 1° agosto 2024: solo 227,91 milioni di metri cubi contro i 263,47 del primo luglio scorso, ben 35,56 milioni di metri cubi in meno tra consumati ed evaporati per via delle altissime temperature sviluppatesi proprio nel mese di luglio. Qualcosa come il 50% di acqua in meno sul 1° agosto 2023, quando già si gridava all'emergenza siccità, pur con ancora ben 459,69 milioni di metri cubi d'acqua invasati.

 

Qui il problema maggiore, oltre alle interconnessioni mancanti e alle perdite negli acquedotti irrigui, è l'interrimento degli invasi, che riduce di molto la capacità teorica degli invasi siciliani, calcolata in 701 milioni di metri cubi autorizzati. E i dati sull'acqua presente oggi negli invasi è comunicato dall'Autorità di Bacino con la dicitura: "Dati rilevati da strumenti di misura o da comunicazioni dei gestori al lordo dell'interrimento", numeri quindi da prendere con le molle.

 

Sicilia, la gestione dell'emergenza

L'ultimo provvedimento d'emergenza delle autorità siciliane risale al 19 agosto scorso, quando i produttori di agrumi e gli allevatori dell'ennese e del catanese hanno ricevuto la notizia che potranno usare l'acqua della diga Pozzillo di Regalbuto. Lo ha stabilito un'ordinanza del commissario delegato per l'Emergenza Idrica in Agricoltura e Zootecnia, Dario Cartabellotta, che ha previsto un volume totale di 150mila metri cubi di acqua utilizzabile per la seconda irrigazione di soccorso, esclusivamente per gli agrumeti nelle aree irrigue del Consorzio di Bonifica di Enna, anche fuori comprensorio consortile, e per gli usi zootecnici. Tutte le attività dovranno svolgersi nel rispetto dei provvedimenti straordinari per l'utilizzo dei volumi idrici residui, che sono stati stabiliti dall'Autorità di Bacino della Presidenza della Regione Siciliana, guidata da Leonardo Santoro.

 

E il mese di agosto è stato percorso da continue attività di Regione Siciliana volte a salvaguardare, per quanto possibile, l'attività degli agricoltori.

 

Il 17 agosto si è dato il via alla seconda irrigazione di soccorso delle coltivazioni delle arance di Ribera Dop e della pesca di Bivona Igp, nei territori serviti dal Consorzio di bonifica 3 di Agrigento. Il commissario delegato per l'Emergenza Idrica in Agricoltura e Zootecnia, Dario Cartabellotta, ha firmato un'ordinanza che stabilisce i volumi di acqua da prelevare per fronteggiare l'emergenza ed evitare la morte per disseccamento di colture pregiate in un'area di 7 mila ettari in provincia di Agrigento.

 

Il provvedimento è scaturito dalla riunione che si è svolta il 14 agosto nella sede della Prefettura di Agrigento, nella quale i sindaci del comprensorio agrumicolo di Ribera hanno evidenziato la necessità della seconda irrigazione di soccorso per evitare la morte delle coltivazioni e le gravissime conseguenze economiche e sociali.

 

In particolare, l'ordinanza commissariale, fatti salvi gli usi idropotabili, ha previsto l'utilizzo delle acque dell'invaso Castello per la seconda irrigazione di soccorso esclusivamente degli agrumeti e dei pescheti impiantati nelle aree irrigue servite dal Consorzio di Bonifica 3 di Agrigento, anche fuori comprensorio consortile, nonché per l'utilizzo in zootecnia, di un volume complessivo di 600mila metri cubi da incrementare in caso di necessità. Per le medesime finalità è previsto l'utilizzo di 120mila metri cubi d'acqua dell'invaso Prizzi e di altri 70mila di quello Gammauta, da veicolare attraverso la messa in esercizio dell'adduttore consortile San Carlo Castello.

 

Inoltre, 200mila metri cubi d'acqua della diga Gorgo vengono utilizzati per l'irrigazione degli agrumeti e dei pescheti e per la zootecnia delle aree del comprensorio di Borgo Bonsignore. Fino a 120mila metri cubi di acqua accumulati nella traversa Favara di Burgio e quelli ulteriormente invasabili dal Sosio Verdura sono impiegati per le coltivazioni del comprensorio del basso Verdura.

 

Si tratta di interventi d'emergenza, a copertura di eccellenze altrimenti distrutte per sempre dalle elevate temperature e da una mancanza d'acqua divenuta ormai cronica, che però non possono coprire tutta l'agricoltura siciliana, la più vasta d'Italia per Superficie Agraria Utilizzata, pari a 1.387.520,77 ettari, che equivalgono al 10,8% della Sau nazionale.

 

Sicilia: olive e olio, la produzione crollerà

"Sicilia da bollino rosso anche per l'olivicoltura: la mancanza di piogge da oltre un anno, con lunghe e ripetute ondate di calore durante il corso dell'anno hanno influito in tutt'uno nei cicli produttivi delle produzioni agroalimentari isolane: da 50 anni non si ricorda in Sicilia una stagione come questa". È quanto afferma Giosuè Catania, presidente facente funzioni dell'organizzazione di agricoltori Cia Sicilia Orientale, nella veste anche di presidente Apo, la cooperativa di olivicoltori operante in Sicilia.

 

Ad oggi, la produzione in Sicilia ha subìto un calo del 50-60% circa rispetto alla campagna precedente (che già era stata di per sé insufficiente); Catania è la provincia più penalizzata estesa al basso ennese con una percentuale pari a meno 80%. Le aree situate alle falde del vulcano Etna sino ad un'altitudine che sfiora i 1.000 metri mostrano una produzione di poco inferiore al 50%, mentre nelle aree del siracusano e del ragusano la perdita è del 60%, con punte di -40-50% nelle zone di alta collina e di montagna. In generale, la Sicilia potrebbe attestarsi su una produzione di 16-18 mila tonnellate a fronte delle 35mila tonnellate della campagna 2023-2024.

 

"L'aumento delle temperature e la mancanza di precipitazioni hanno creato condizioni di stress idrico per gli olivi, che sacrificano la produzione, soffrono lo scompenso climatico e lo stress idrico e ne mostrano i segni con un evidente squilibrio fisiologico - continua Giosuè Catania -. Nonostante siano considerate piante che resistono e crescono anche in zone aride, oggi assistiamo ad un essiccamento delle chiome dovuta alla mancanza della pur semplice umidità fino ad oltre un metro di profondità".

 

"Dovremmo ricordare - sottolinea Catania - anche come la situazione sia resa ancora più drammatica dall'assenza d'acqua negli invasi le cui condotte, vecchie e colabrodo, in pessimo stato manutentivo, disperdono oltre il 50% delle riserve idriche".

 

Ed anche laddove è stato possibile garantire l'irrigazione di soccorso con riserve aziendali già andate esaurite il quantitativo di prodotto dagli ulivi è molto ridotto rispetto ad una normale campagna agraria. Sono, infatti, le elevate temperature a determinare una precoce maturazione dei frutticini sino a renderli raggrinziti e in gran parte non convenienti per la raccolta.

 

"Drammaticità ancora più tangibile per le olive da tavola - evidenzia Giosuè Catania, a capo anche di una Op di Olive da Mensa - per la cui produzione sono necessarie continue fasi di irrigazione per l'ingrossamento delle drupe da poter lavorare in salamoia".

 

Puglia, è ora di chiedere lo stato di calamità

Occorre accelerare l'iter per il riconoscimento dello stato di calamità naturale in Puglia con la siccità che ha fatto crollare le produzioni in campo dal grano all'uva, dagli ortaggi alla frutta. A richiederlo è il presidente della Coldiretti Puglia, Alfonso Cavallo, alla Regione Puglia, con le verifiche in campo che potranno accertare il crollo della produzione di oltre il 60% su più di una coltura.

 

Per la siccità e le temperature ben al di sopra della norma sin dall'inverno ne hanno fatto già le spese le clementine che sono finite al macero, compromesse - ricorda Coldiretti Puglia - dalla mancanza di acqua che ne ha inibito l'accrescimento, ma anche la produzione di grano risulta dimezzata per effetto della prolungata siccità che ha stretto tutta la regione in una morsa per mesi causando il taglio delle rese.

 

La crisi idrica ha determinato un calo drastico di foraggio verde nei pascoli con l'aggravio dei costi - incalza Coldiretti Puglia - per l'acquisto di mangimi per garantire l'alimentazione degli animali nelle stalle, ma anche gli apicoltori hanno dovuto dire addio ad oltre un vasetto di miele su due con le api stremate senza cibo per le fioriture azzerate, con il 60% in meno di raccolta condizionata dal caldo e dalla siccità. Ma a preoccupare - continua Coldiretti Puglia - sono le previsioni della prossima campagna di raccolta delle olive, dove si stima un crollo del 50% rispetto all'anno scorso, con effetti altrettanto gravi sulla produzione di olio extravergine.

 

Sud, gestione delle infrastrutture irrigue in emergenza

Nella Puglia che ha visto il 13 agosto la fine anticipata dell'irrigazione in provincia di Foggia con le acque della grande diga di Occhito sul Fortore, si è riusciti a non lasciare all'asciutto la diga del Locone del Consorzio Unico di Bonifica Centro Sud.

 

Puglia, che a fronte di una capacità di 108 milioni di metri cubi d'acqua ha potuto fornire un solo milione di metri cubi, che hanno però contribuito ad irrigare le campagne e a dissetare gli animali della provincia di Barletta Andria Trani.
L'Invaso del Locone, che è formato dalla seconda diga in terra battuta più grande d'Italia sul torrente omonimo, riceve soprattutto le acque da fiume Ofanto, derivate dalla diga di Santa Venera e trasportate mediante l'adduttore Alto Barese, che rifornisce anche il serbatoio da 40 milioni di metri cubi di Marana Capacciotti, che è di ausilio all'irrigazione della provincia di Foggia.

 

Ma i flussi di acqua dell'Ofanto sono regolati dal rilascio di risorsa idrica in alveo a monte della diga di Santa Venera da parte del lago di Conza della Campania, gestito da Acque del Sud Spa (ex Eipli), che serve anche Acquedotto Pugliese per gli usi idropotabili e il Consorzio di Bonifica della Basilicata, per quelli irrigui in questa terza regione.

La possibilità di continuare ad irrigare, se pure con pesanti limitazioni dovute all'uso plurimo delle acque captate, è stato frutto dell'attento e paziente lavoro svolto dall'Autorità distrettuale di Bacino dell'Appennino Meridionale, sotto la responsabilità del segretario generale Vera Corbelli.

 

Puglia, tre opere fondamentali per l'irrigazione

Resta inteso che con il clima che cambia per continuare ad avere agricoltura in Puglia sarà necessaria altra acqua, oltre alla necessaria ottimizzazione di quella già disponibile. Nei giorni più neri della crisi d'agosto, quelli successivi alla fine dell'irrigazione in Capitanata, la Cia ha messo su un vero e proprio elenco di cose da fare: tre grandi opere, ecco quali.

 

Andrebbe costruita innanzitutto una condotta di soli 10 chilometri per far arrivare, fino al ripartitore di Finocchito, una parte dei 200 milioni di metri cubi d'acqua che - annualmente - confluiscono a mare dalla diga del Liscione, sul fiume Biferno, in Molise. "Si tratta di un'opera che potrebbe essere realizzata in tempi relativamente brevi", spiega Angelo Miano, presidente di Cia Capitanata, che sottolinea: "Per realizzarla, occorre un accordo di programma tra la Regione Puglia e la Regione Molise".

 

La seconda grande opera essenziale per scongiurare la desertificazione dell'agricoltura della Capitanata nei prossimi anni è la realizzazione ex novo della diga di Palazzo d'Ascoli, un nuovo invaso che recupererebbe circa 72 milioni di metri cubi d'acqua provenienti dai torrenti Carapelle e Cervaro. Come annunciato dal Consorzio per la Bonifica della Capitanata qualche giorno fa, il Governo ha stanziato 8 milioni di euro per il progetto.

 

La terza grande opera di cui si parla da più di 20 anni è la realizzazione della diga di Piano dei Limiti, un invaso che sarebbe posto a valle della diga di Occhito così da recuperare almeno 42 milioni di metri cubi d'acqua. Quest'ultima è l'opera che necessita dell'investimento più ingente, costerebbe circa 400 milioni, ed è già pronto da anni il relativo progetto esecutivo. Fin qui le proposte di Cia Capitanata.

 

Ma vale la pena ricordare che se solo una parte di queste infrastrutture venissero costruite, ne trarrebbe vantaggio anche il Centro Sud Puglia, poiché potrebbe beneficiare di una quota maggiore dei flussi d'acqua provenienti dai fiumi Ofanto, Tara e Sinni.