Le aziende agricole hanno sempre più sete di energia elettrica a basso costo e l'andamento climatico delle ultime campagne produttive lo ha messo in luce. Con la siccità si è accentuata l'esigenza di pompare acqua con qualsiasi mezzo, anche con motore elettrico. Ma è pur vero che le innovazioni tecnologiche - sempre più necessarie per digitalizzare il settore - e sempre più energivore spingono nella stessa direzione. Pertanto, cosa occorre fare? Le proposte non mancano. In molti casi appare chiaro che le comunità energetiche da fonti rinnovabili potrebbero funzionare meglio di altre soluzioni.

 

Consorzio Arancia Rossa, tagliare il costo dell'energia elettrica

A margine della conclusione del G7 Agricoltura a Siracusa, il presidente del Consorzio Arancia Rossa di Sicilia, Gerardo Diana, a proposito delle misure del Ministero dell'Agricoltura a favore del settore ha tra l'altro affermato: "Ci auguriamo di avere presto delle misure tarate sulle difficoltà del settore agrumicolo; una misura di impatto immediato, che caldeggiamo da tempo, è quella di una riduzione dei costi dell'energia elettrica, sul modello di quanto avvenuto durante l'emergenza covid-19". Evoca l'utilizzo della leva fiscale il presidente del Consorzio Arancia Rossa di Sicilia, e lo fa con sullo sfondo lo stato di emergenza nazionale per siccità dichiarato dal Governo per il territorio della Regione Siciliana.

 

Anche se - in via più generale - in tempi di messa a punto della Legge di Bilancio, annunciata dal ministro dell'Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti la scorsa settimana con "sacrifici per tutti" forse non c'è molto da attendersi e - fuori da un quadro emergenziale come quello che attanaglia la Sicilia - potrebbe essere opportuno ripiegare su norme di maggior favore già esistenti.

 

Anbi, i consorzi come comunità energetiche

La crisi climatica con l'estremizzazione degli eventi atmosferici sta causando un'impennata nei costi energetici per la gestione idraulica del territorio, a causa del maggiore lavoro, cui sono chiamati gli impianti idraulici sia per l'eccesso che per la scarsità d'acqua e tali oneri, che gravano sui bilanci dei consorzi di bonifica ed irrigazione, sono a carico solamente delle imprese e dei cittadini consorziati. L'Anbi, Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue, pertanto ha recentemente ribadito la richiesta che i consorzi possano organizzare, gestire e controllare Comunità Energetiche Rinnovabili, al fine di abbattere i costi d'esercizio con evidenti risparmi negli annuali contributi a carico dei consorziati.

 

A riproporre la questione, già oggetto di un favorevole ordine del giorno, è il stato il direttore generale di Anbi, Massimo Gargano, sentito dalla Commissione Ambiente della Camera dei Deputati nell'ambito delle audizioni sul provvedimento legislativo in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili.

 

"La nostra è una proposta di raccomandazione - ha precisato Gargano - e sarebbe importante venisse accolta anche in considerazione del fatto che i consorzi di bonifica ed irrigazione, pur svolgendo attività d'interesse pubblico, non godono di alcuna agevolazione nei costi energetici. Non solo: è bene evidenziare che, in caso di alluvioni, la rete idraulica minore è vittima degli eventi al pari del resto del territorio, al cui successivo prosciugamento, però, concorre in misura determinante, grazie all'opera delle pompe e di un'efficiente capacità di scolo, facendosi carico dei relativi costi".

 

Che cosa è una Comunità Energetica Rinnovabile

Il concetto è stato introdotto dalla direttiva europea sulla promozione delle fonti rinnovabili, la Direttiva Ue 2018/2001. La Direttiva 2018/2001 - conosciuta anche come Direttiva Red II - introduce la Comunità Energetica Rinnovabile come nuovo schema di autoapprovvigionamento (o autoconsumo) locale da fonti rinnovabili.

 

Nella realizzazione di questa prospettiva, i consumatori (o consumer) divengono auto consumatori (o prosumer) e agiscono collettivamente: in pratica si diventa indipendenti dalla rete elettrica gestita dal Gse, e si tagliano i costi legati alla distribuzione dell'energia. Restano quelli di produzione, che al momento è largamente incentivata.

 

La legislazione italiana già consente che tali comunità si formino anche in ambito agricolo. Non solo: l'adesione a comunità energetiche a consumo condiviso, consente agli imprenditori agricoli di superare i vincoli posti dall'Ue al cofinanziamento e all'incentivazione della produzione energetica di impianti da fonti rinnovabili che eccedano i consumi dell'azienda che installa l'impianto.

 

Coldiretti Puglia, energia dagli scarti di potatura

"Con l'aumento dei costi di produzione anche a causa della siccità, va sostenuto un nuovo modello energetico che parta dal riutilizzo degli scarti agricoli, quando solo da oliveti e vigneti sono disponibili circa 1,2 milioni di tonnellate all'anno di residui di potatura in Puglia". Ad affermarlo è Coldiretti Puglia che pone l'attenzione su alcuni dati importanti. Secondo la Banca Dati delle Biomasse di Regione Puglia, solo considerando gli oliveti ed i vigneti sono disponibili circa 1,2 milioni di tonnellate all'anno di residui di potatura in Puglia, che possono essere riutilizzati a fini energetici.

 

"Ciò si tradurrebbe, in termini teorici, in una potenza d'installazione elettrica pari a 225 MW, ovvero 600 MW di potenza termica" afferma Coldiretti Puglia, che sottolinea: "Su scala regionale, questi numeri potrebbero contribuire non poco al processo di decarbonizzazione dell'economia regionale, alleviando i costi ambientali e sanitari conseguenti all'impiego energetico del carbone, il combustibile col più elevato effetto inquinante e di alterazione climatica".

 

In Puglia le potature sono oggi una risorsa ancora largamente inutilizzata: "al contrario, esse potrebbero rappresentare una leva dello sviluppo rurale, uno strumento di diversificazione del reddito agrario, utile ad incorporare il valore aggiunto che verrebbe generato dalla conversione di questa materia residuale in un 'prodotto energetico' (calore e/o elettricità)" sottolinea l'organizzazione agricola.

 

Un progetto di utilizzo energetico di questa particolare biomassa agricola in Puglia è stato realizzato recentemente ed il progetto Venere che si è proposto di attivare una filiera produttiva in grado di generare energia rinnovabile da biomassa a partire dai residui di potatura delle colture arboree (oliveti). Tale energia è destinata a coprire i consumi di un opificio agrario cooperativo. Le stesse aziende agricole associate che forniscono la materia prima alimentare (olive) provvedono anche il combustibile utile per ricavare l'energia che, a sua volta, alimenta l'impianto di trasformazione agroalimentare (frantoio): una comunità energetica rinnovabile bella e buona e con ricadute importanti per il territorio.

 

"La Coldiretti sostiene un modello di transizione energetica che vede le imprese agricole protagoniste attraverso, ad esempio, le comunità energetiche, gli impianti solari sui tetti e l'agrivoltaico sostenibile e sospeso da terra che consentono di integrare il reddito degli agricoltori con la produzione energetica rinnovabile, con una ricaduta positiva sulle colture e sul territorio, come nel settore del biogas-biometano che - conclude Coldiretti Puglia - ha conosciuto un'importante accelerazione verso la transizione energetica attraverso il riutilizzo di sottoprodotti e la riduzione dell'impronta ambientale e di carbonio, specialmente nella zootecnia".