Ha lasciato la penisola nel fine settimana la perturbazione che il 13 novembre scorso ha sganciato sul solo comune di Giarre in provincia di Catania qualcosa come 510 millimetri d'acqua, corrispondenti a circa l'80% delle piogge che mediamente cadono sulla provincia etnea in un anno. Il fenomeno è stato innescato dalla differenza di temperatura tra il mare Mediterraneo, che in Sicilia tocca ancora i 24 gradi Celsius e quella ben più bassa dell'atmosfera, condizionata da una profonda saccatura di aria fredda artica. E in queste ore le nubi sono di nuovo all'orizzonte: al Sud tutti sperano che piova, come pure riportato dalle previsioni meteo "piano piano e ficca bene" come recita un vecchio adagio meridionale, che individua nelle piogge persistenti, ma poco intense, quelle più indicate per rinsanguare le falde acquifere.

 

Eppure i mutamenti climatici in atto esigono qualcosa in più di un semplice auspicio: "Disponibilità di big data ed intelligenza artificiale sono determinanti per quella scienza predittiva, fondamentale per adattarci ai nuovi scenari climatici - indica Francesco Vincenzi, presidente dell'Anbi, Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue -. Per questo ci appelliamo all'Unione Europea per un grande sforzo comune, finalizzato a contrastare le conseguenze dell'estremizzazione degli eventi meteo, che sta accomunando il continente".

 

"Quanto sta accadendo è la conferma di scenari, che diverranno familiari, nonché fautori di un bilancio idrico nazionale potenzialmente in crescita, ma caratterizzato da piogge violente, concentrate in archi temporali più brevi e per questo pericolosissime, se non adeguatamente gestite - aggiunge Massimo Gargano, direttore generale di Anbi -. Non solo: tale condizione permetterà la presenza, a breve distanza, di aree flagellate dagli eventi meteo e minacciate dalla siccità".

 

Siccità nonostante la pioggia

È quanto sta già accadendo in Sicilia, dove i volumi stoccati negli invasi diminuiscono, attestandosi a 54 milioni di metri cubi d'acqua utilizzabile (7,70% della capacità complessiva), seppur non siano mancate precipitazioni abbondanti e localmente anche estreme tra la seconda e la terza decade di ottobre. Nonostante il ripetersi di fenomeni anche alluvionali resta quindi preoccupante la situazione idrica in ampie zone dell'isola, dove stanno esaurendosi le ultime, esigue, riserve d'acqua nonostante le turnazioni delle erogazioni: è il caso della diga Ancipa, che raccoglie le acque dei monti Nebrodi e che, salvo piogge provvidenziali, fornirà acqua solo ai 5 comuni per cui è l'unica fonte di approvvigionamento idrico, prima di esaurirsi completamente entro 80 giorni con pesantissimi riflessi sull'ecosistema locale.

 

Altrettanto grave è la situazione in Sardegna dove, dopo l'allarme siccità per Baronia, Medio Campidano e Chilivani-Ozieri, la "grande sete" è arrivata anche nel Nord Ovest dell'isola. La situazione è grave, perché i bacini Temo e Cuga sono all'asciutto per la quota riservata all'irrigazione: la Regione ha chiuso la diga e questo significa che il comparto agricolo non potrà programmare la stagione irrigua 2025.

 

Ispra, disponibilità idrica del 2023 -18,4%

Non solo l'Italia insulare, ma è l'intero Meridione a continuare a soffrire per la carenza idrica. E a fare i conti dell'acqua che manca delle risorse idriche che nel 2023 che sono diminuite del 18,4% è l'Ispra, Istituto per la Protezione dell'Ambiente, che lo mette nero su bianco nel Rapporto "Bilancio idrologico nazionale: stime Bigbang e indicatori sulla risorsa idrica" reso noto il 6 novembre 2024.

 

Secondo il report dell'Ispra, nel 2023 la precipitazione totale annua relativa al territorio nazionale, con quasi 924 millimetri, corrispondenti a circa 280 miliardi di metri cubi, ha fatto registrare un aumento del 28,5% rispetto al 2022, anno in cui con circa 719 millimetri si è toccato il minimo storico dal 1951 ad oggi. Tuttavia, confrontata con la precipitazione media sul lungo periodo 1951-2023 (quasi 950 millimetri) quella del 2023 risulta in leggera flessione.

 

Perché questo incremento rispetto al 2022? Prevalentemente per l'elevato volume di piogge nel mese di maggio del 2023, stimato in quasi 163 millimetri, circa 49 miliardi di metri cubi, che è stato, a livello nazionale, più del doppio di quello che mediamente caratterizza lo stesso mese (circa 23 miliardi di metri cubi sul lungo periodo).

 

Questa prima valutazione di Ispra è ottenuta con il modello Bigbang che fornisce il bilancio idrologico nazionale, il quadro quantitativo della risorsa idrica e, più in generale, la situazione idrologica nel 2023, ricostruendo trend e differenze rispetto ai valori medi del lungo periodo 1951-2023 e del trentennio climatologico 1991-2020.

 

Le stime del Bigbang mostrano che nel 2023 il contributo alla ricarica degli acquiferi in Italia è stato di 53 miliardi di metri cubi (corrispondente al 19% delle precipitazioni), a fronte di una media annua del 22,7% sul periodo 1951-2023.

 

L'aliquota di precipitazione che si è trasformata in deflusso superficiale - vale a dire che non si è infiltrata o che non è stata trattenuta dal suolo - è stimata in circa 66 miliardi di metri cubi, corrispondenti al 23,7% della precipitazione, rispetto a un'aliquota media annua di poco più del 25% sul lungo periodo. La quota di evapotraspirazione ha raggiunto il 59,4% della precipitazione, rispetto alla media annua di lungo periodo che ammonta a circa il 52%. Ciò è stato causato dalle alte temperature, superiori alle medie climatologiche di riferimento, verificatosi anche nel 2023.

 

A scala nazionale, nel 2023 si conferma, come ormai avviene da diversi anni, il trend negativo della disponibilità naturale di risorsa idrica rinnovabile, (la quantità di precipitazione - al netto della perdita per evapotraspirazione - che rimane disponibile nell'ambiente per gli ecosistemi e per i diversi usi).

 

Con i suoi circa 373 millimetri, corrispondenti a 112,4 miliardi di metri cubi sul territorio nazionale, la disponibilità di risorsa idrica, sebbene in ripresa rispetto al minimo storico del 2022 (quasi un +68%), ha fatto comunque registrare una riduzione a livello nazionale del 18,4% rispetto alla media annua del lungo periodo 1951-2023 e di quasi il 16% rispetto al trentennio climatologico 1991-2020. Tale riduzione è l'effetto combinato di un deficit di precipitazione, specialmente nei mesi di febbraio, marzo, settembre e dicembre, e di un incremento dei volumi idrici di evaporazione dagli specchi d'acqua e dal terreno e di evapotraspirazione dalla vegetazione.

 

Analisi a livello di distretto idrografico

A livello di distretto idrografico, il massimo valore della disponibilità naturale della risorsa idrica nel 2023 è quello delle Alpi Orientali, con un valore di circa 664 millimetri (poco più di 23 miliardi di metri cubi), valore che costituisce il 51,2% della precipitazione annua e che corrisponde a circa cinque volte la disponibilità di risorsa nel Distretto della Sicilia per lo stesso anno. Nel 2023, è infatti il Friuli Venezia Giulia la regione con il massimo di precipitazione totale annua (più di 1.750 millimetri), così come è la Sicilia la regione con il valore minimo di precipitazione (565,5 millimetri). In termini di disponibilità naturale della risorsa idrica, è tuttavia la Puglia la regione che segna il minimo con 100 millimetri nel 2023 (quasi la metà del valore medio sul lungo periodo).

 

Considerazioni finali

In linea generale, la siccità ha continuato a caratterizzare tutto il 2023 pur in maniera diversificata sul territorio nazionale e sebbene in minor misura rispetto al 2022. Situazioni di siccità estrema e severa hanno interessato nei primi mesi dell'anno - in particolare nel mese di febbraio - i territori del Nord e del Centro Italia, già colpiti dalla grave siccità del 2022, attenuandosi nel corso del 2023. Di contro, negli ultimi tre mesi dell'anno, che generalmente risultano i più piovosi, in particolare in Sicilia e in parte della Calabria ionica, si è registrato un consistente deficit di precipitazione. Tale deficit ha determinato una situazione di siccità estrema con effetti in termini di severità idrica che si sono protratti nel 2024 investendo il Centro Sud Italia e le isole maggiori e aggravandosi ulteriormente per le scarse precipitazioni nel prosieguo dell'anno.

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