I concetti di bioraffineria rappresentano un approccio altamente innovativo e versatile all'utilizzo della biomassa, massimizzando la produzione di molteplici prodotti di valore a partire da una unica materia prima iniziale, oppure aggiungendo valore agli scarti. Le bioraffinerie sono progettate per integrare vari processi di conversione per estrarre e utilizzare in modo efficiente diversi componenti della biomassa, principalmente i materiali lignocellulosici, proteine e grassi. Alternativamente, l'implementazione di una bioraffineria consente di sfruttare terreni inadatti alla produzione alimentare per ricavare biomolecole ad uso industriale, energetico o farmaceutico.

 

Un aspetto delle bioraffinerie è l'ottimizzazione della produzione di biocarburanti. I processi di bioraffineria tradizionali si concentrano sulla conversione della biomassa in bioetanolo, biodiesel e biogas. Tuttavia, i concetti di bioraffineria avanzati mirano a migliorare l'efficienza e la resa della produzione di biocarburanti utilizzando diverse tecnologie di conversione. Queste possono includere processi biochimici, come l'idrolisi enzimatica e la fermentazione, nonché processi termochimici, come la pirolisi e la gassificazione. L'integrazione di questi processi in una bioraffineria consente l'utilizzo di una gamma più ampia di materie prime, aumentando al contempo la sostenibilità complessiva e riducendo gli sprechi.

 

Oltre ai biocarburanti, le bioraffinerie possono produrre anche bioplastiche, le quali offrono un'alternativa rinnovabile e biodegradabile alle tradizionali plastiche a base di petrolio, contribuendo ad un'economia più sostenibile e circolare. Inoltre, l'integrazione della produzione di biopolimeri nel quadro della bioraffineria consente l'uso efficiente di sottoprodotti e rifiuti, minimizzando l'impatto ambientale.

 

I prodotti biochimici rappresentano un'altra importante categoria all'interno del concetto di bioraffineria. Adottando approcci biotecnologici innovativi, alcuni batteri, lieviti e funghi possono essere sfruttati per convertire i componenti della biomassa in sostanze chimiche di alto valore. Questi possono includere acidi organici, solventi, enzimi e sostanze chimiche speciali. Adattando i processi di bioraffineria è possibile sintetizzare un'ampia gamma di sostanze biochimiche, sostituendo potenzialmente gli equivalenti derivati dai combustibili fossili e riducendo i danni ambientali.

 

Oltre ai biocarburanti, alle bioplastiche e alle sostanze biochimiche, le bioraffinerie possono anche generare altri composti di alto valore. Questi possono includere rinforzi in fibra per materiali compositi, nutraceutici, intermedi farmaceutici e additivi per mangimi animali. Accedendo alla diversa composizione della biomassa, le bioraffinerie possono estrarre e trasformare vari componenti preziosi, contribuendo a un utilizzo più sostenibile e redditizio delle biomasse.

 

L'integrazione di questi vari processi di conversione in una bioraffineria crea un sistema a cascata, in cui diverse frazioni di biomassa vengono elaborate in sequenza per massimizzare l'utilizzo delle risorse. Questo approccio mira a estrarre il massimo valore possibile da ciascun componente, portando all'ottimizzazione sia dei rendimenti economici che dei benefici ambientali. Le bioraffinerie possono svolgere un ruolo cruciale nella transizione da un'economia dipendente dai combustibili fossili a un'economia sostenibile basata sulle biotecnologie, offrendo un percorso verso un futuro più verde.

 

La ricerca sui concetti di bioraffineria si concentra sullo sviluppo e il miglioramento di questi sistemi integrati, ottimizzando l'efficienza dei processi, identificando materie prime idonee ed esplorando nuove tecnologie di conversione. Ottimizzando l'integrazione dei processi, diversificando i portafogli di prodotti e adottando pratiche sostenibili, le bioraffinerie offrono una soluzione promettente per l'utilizzo delle risorse di biomassa e la transizione verso un'economia sostenibile basata sulle biotecnologie.

 

Ma è possibile che sistemi produttivi così complessi siano economicamente fattibili e arrivino a cambiare la nostra visione di produzione agricola? Nonostante tanti conclamati fallimenti, le autorità europee ci credono ancora abbastanza da stanziare 2 miliardi di euro per costituire una joint venture con il Bio-based Industries Consortium (Bic, Consorzio delle Industrie a Base Biologica), chiamata Circular Bio-based Europe Joint Undertaking, che tradotto dall'euroburocratese suona più o meno come Iniziativa Congiunta per l'Europa a Base Biologica Circolare.

 

Su centonovantasette progetti finanziati finora, ottantasei riguardano l'utilizzo di scarti agricoli a scopi energetici per la produzione di ingredienti per l'industria chimica, per la produzione di biomateriali, fertilizzanti e bioagrofarmaci; cinquantaquattro progetti riguardano l'utilizzo di scarti agroforestali e arbusti coltivati in terreni marginali per la produzione di fibre tessili, materiali leggeri per l'industria automobilistica, solventi, membrane per la separazione di gas, biopolimeri e carburanti. L'Italia è rappresentata da aziende e università in ben centoventicinque progetti.

 

L'analisi superficiale dei centonovantasette progetti evidenzia un fatto che li accomuna: l'assenza di aziende agricole nei consorzi, composti da università e aziende, alcune grosse multinazionali. Nonostante il solito slogan ideologico di "dare potere ai produttori" (empowering primary producers), la Ce continua a sbagliare approccio perché la pretesa circolarità dei progetti è solo parziale. Nella pratica, le bioraffinerie finanziate finora non sono integrate nelle aziende agricole bensì ricevono gli scarti che queste ultime conferiscono, monopolizzando il valore aggiunto nel migliore stile dell'economia lineare che, almeno nei proclami ufficiali, si pretende superare. Un approccio che si è già rivelato fallimentare in passato, quando un grosso consorzio di aziende multinazionali mirava a sostituire la benzina con etanolo prodotto pagando gli agricoltori con una manciata di euro a tonnellata.

 

Dal punto di vista di un'azienda agricola, continua ad essere più saggio tenersi i propri scarti per produrre biogas - che è anch'esso un processo biotecnologico! - o per soddisfare il fabbisogno di riscaldamento invernale o, in ultima istanza, compostarli e restituirli al terreno per preservarne la fertilità. Chi fa per sé, fa per tre…

 

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