L'Italia a ottobre è ancora spaccata in due: ingenti precipitazioni al Nord e siccità al Sud, con la Sicilia che rischia di diventare un deserto e regioni come Puglia e Basilicata che sono sull'orlo del collasso idrico. E se ancora per oggi, 18 ottobre 2024, il Dipartimento della Protezione Civile Nazionale ha diramato un bollettino di allerta meteo arancione in Liguria, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto e di allerta gialla su gran parte del Paese, in tutte le regioni del Sud si prevede di prolungare l'emergenza siccità almeno fino a tutto l'inverno.

 

"Se l'attualità richiama attenzione alla nuova emergenza idrogeologica che colpisce il Nord Ovest d'Italia, nel Mezzogiorno la siccità sta pregiudicando il tessuto sociale ed economico dei territori": a segnalare la drammaticità della situazione è Francesco Vincenzi, presidente di Anbi, l'associazione tra i consorzi di bonifica e irrigazione.

 

Siccità in Sicilia, lo stato di fatto

L'Osservatorio Anbi sulle Risorse Idriche evidenzia, infatti, come in Sicilia le residue riserve idriche (meno di 181 milioni di metri cubi, cioè circa il 25% dei volumi invasabili, ma di cui sono utilizzabili solo 55 milioni), vadano esaurendosi più rapidamente di quanto previsto, nonostante i provvedimenti, che limitano le erogazioni.

 

Secondo Anbi i paesaggi dell'entroterra siciliano stanno assumendo caratteristiche tipiche dell'Africa settentrionale con terreni brulli e polverosi a rimpiazzare pascoli e colture foraggere; i frutteti ormai rinsecchiti sono abbandonati in quello, che rischia di diventare un deserto anche economico: estati sempre più calde, aride (a giugno e luglio il deficit pluviometrico sull'isola ha superato l'80%) e prolungate (ancora la scorsa settimana si sono sfiorati i 30 gradi), accompagnate da inverni miti e secchi (gennaio e marzo 2024 hanno registrato rispettivamente il 63% ed il 42% di pioggia in meno rispetto alla media) hanno non solo prosciugato gli acquiferi, ma compromesso la fertilità e la stabilità dei suoli.

 

Siccità in Sicilia, la risposta delle istituzioni

Un disastro da tempo annunciato rispetto al quale sta arrivando, seppure con la lentezza della burocrazia, la risposta delle istituzioni. Il 16 ottobre scorso il ministro della Protezione Civile, Nello Musumeci, siciliano e già presidente della Giunta della Regione Siciliana, ha fatto il punto della situazione durante il question time alla Camera dei Deputati: "La grave siccità della Sicilia sconta un ritardo nella programmazione e nella manutenzione delle infrastrutture e degli interventi certamente pluridecennale" ha esordito il ministro Musumeci, rispondendo in Aula ad un'interrogazione sulle iniziative in relazione alla crisi idrica in Sicilia.

 

"Basti pensare - ha aggiunto - che l'Autorità di Bacino del Distretto Idrografico della Sicilia è stata istituita solo dopo un trentennio nel 2018". Musumeci ha poi ricordato che con il Consiglio dei Ministri del 6 maggio 2024 è stato proclamato lo stato di emergenza nazionale per siccità in Sicilia fino ai primi di maggio 2025. Sulla base di tale atto il Governo ha stanziato 20 milioni di euro per gli interventi più urgenti e nominato il 19 maggio commissario delegato per gli interventi volti a fronteggiare il fenomeno della siccità il presidente della Giunta della Regione Siciliana, Renato Schifani.

 

Il 30 maggio gli uffici del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile hanno approvato il Piano degli Interventi Urgenti per la Lotta alla Siccità in Sicilia predisposto proprio da Schifani in veste di commissario delegato: 52 interventi in opere per circa 19 milioni di euro, più le risorse per le autobotti. Infine, Musumeci ha affermato che il 30 settembre il Dipartimento Nazionale della Protezione Civile ha svolto due riunioni nelle quali sono state esaminate ulteriori misure richieste da Regione Siciliana e un secondo piano di interventi è stato proposto ed inviato dalla Protezione Civile alla Regione Siciliana, "atto non ancora restituito formalmente dalla Regione Siciliana" ha sottolineato Musumeci, che ricorda anche che negli ultimi cinque anni il Ministero delle Infrastrutture ha finanziato ben 149 interventi sugli schemi idrici della Sicilia.

 

Ma poche ore dopo - sempre nella giornata del 16 ottobre - da Palermo arriva la precisazione di Palazzo d'Orleans su quanto affermato dal ministro Musumeci: "la Regione, tramite l'ufficio del commissario delegato all'emergenza, ha già avviato da tempo la seconda fase del processo per affrontare la crisi idrica in Sicilia. È stata, infatti, già trasmessa al Dipartimento Nazionale della Protezione Civile una proposta del secondo piano di interventi che include oltre 130 progetti, elaborati in risposta alle richieste pervenute da Assemblee Territoriali Idriche (Ati), gestori idrici e da comuni. Oltre a 200 interventi di riparazione e acquisto di autobotti per i comuni per oltre 8 milioni di euro".

 

"Questo piano - continua la nota della Presidenza della Regione Siciliana - è attualmente oggetto di una stretta interlocuzione con gli uffici competenti della Protezione Civile di Roma e si sta tenendo conto delle osservazioni delle autorità nazionali e anche di quelle ricevute, fino a poche ore fa, dai comuni e dai gestori. Il processo di aggiornamento per garantire che gli interventi siano tempestivi ed efficaci nel rispondere alla grave siccità che affligge la regione, dopo le numerose riunioni con le Ati, l'ultima delle quali si è tenuta ieri, è stato ultimato ed è pronto per essere inviato definitivamente a Roma".

 

Nel complesso la Regione Siciliana ha già stanziato sul proprio bilancio altri 39 milioni di euro e presto aggiungerà altri 40 milioni, previsti nel Disegno di Legge regionale delle variazioni di bilancio, già approvato dalla Giunta Regionale e trasmesso all'Assemblea Regionale Siciliana per il completamento dell'iter legislativo. Ma basteranno 99 milioni di euro a salvare l'isola dalla siccità, con trivellazione di nuovi pozzi e ripristino di quelli abbandonati, riparazioni ad acquedotti e altri interventi infrastrutturali? Non è la sola domanda a rimanere inevasa.

 

Mezzogiorno continentale, dove la spia segna rosso

Intanto nell'Italia meridionale sta esaurendosi la poca acqua rimasta. Secondo l'Osservatorio sulle Risorse Idriche dell'Anbi "in Basilicata il bacino di monte Cotugno trattiene solamente 53,85 milioni di  metri cubi, cioè l'11,2% della capacità d'invaso di quella che è la più grande diga in terra d'Europa; il totale delle riserve idriche lucane è sceso a 128,31 milioni di metri cubi, vale a dire 150 milioni in meno dell'anno scorso".

 

In Puglia, nei serbatoi della storicamente fertile piana della Capitanata restano meno di 40 milioni di metri cubi d'acqua ed il bacino più grande (Occhito) trattiene appena 33,84, milioni di metri cubi d'acqua , cioè il 13,5% del volume invasabile (250 milioni). In Calabria il fiume Ancinale è quasi all'asciutto, la portata del Lao è decrescente, mentre quella del Coscile è in aumento e sfiora i 70 metri cubi al secondo.

 

Adombrano scenari ricchi di incognite le domande che pone il direttore generale di Anbi, Massimo Gargano: "Quanto tempo e quanta pioggia ci vorrà affinché i grandi bacini meridionali possano ricaricarsi e tornare ad assolvere al loro compito essenziale per la vita e l'economia del Mezzogiorno? Nel 2025 dovremo assistere alla stessa, sconfortante condizione fatta di turnazioni, limitazioni, interruzioni e provvedimenti emergenziali nella gestione dell'acqua?".

 

Centro Sud tra luci e ombre

Secondo l'Osservatorio Anbi delle Risorse Idriche c'è una fetta di Centro e Sud Italia che soffre, ma acqua ancora ne ha. Nelle Marche tendono al ribasso le altezze idrometriche dei fiumi, evidenziandosi inferiori in alcuni casi a quelle rilevate nello scorso quinquennio; negli invasi restano stoccati 35,7 milioni di metri cubi d' acqua. In Umbria, dove le piogge autunnali sono state generose (131 millimetri a settembre e già oltre 100 millimetri ad ottobre), dopo un lungo periodo di costanti ribassi torna finalmente a crescere il livello del lago Trasimeno, la cui condizione, però, resta critica (77 centimetri più basso della norma); sono in calo le portate fluviali di Topino, Chiascio, Paglia.

 

Continuano invece a calare le altezze idrometriche dei laghi nel Lazio: nonostante le piogge, che hanno bagnato la regione tra la fine di settembre e la prima decade di ottobre, il livello del lago di Nemi si è abbassato di ulteriori 8 centimetri (in tre mesi il piccolo lago dei Castelli Romani ha perso quasi 20 centimetri d'altezza idrica); scende anche il livello del Sabatino. Tra i fiumi laziali a crescere è il solo Tevere, la cui portata attuale (193 metri cubi al secondo) è superiore alla media. Sono invece in riduzione le portate dei fiumi Fiora, Aniene e Velino, con gli ultimi due ampiamente sotto media (rispettivamente -40% e -44% sulla media).

 

In Abruzzo il livello del fiume Vomano è pari a quello registrato lo scorso anno mentre, nel pescarese, quello dell'Orta è circa 3 centimetri inferiore al 2023. In Campania tornano a ridursi le portate fluviali. E in Sardegna il deficit, che registrano gli invasi regionali rispetto al 2023, si attesta su 254,42 milioni di metri cubi e nei distretti di Posada ed Alto Cixerri l'acqua è agli sgoccioli.

 

Nord, tanta acqua con eventi estremi

Salendo nel Nord Italia le piogge - tanto attese al Sud - diventano invece una minaccia concreta a causa delle fredde correnti artiche, che andranno in queste ore a scontrarsi con i venti caldi di Scirocco su un mar Mediterraneo dove la temperatura dell'acqua si aggira ancora tra i 23 ed i 25 gradi: "una combinazione di elementi che potrebbe generare fenomeni estremi, di cui abbiamo già avuto modo di saggiare la pericolosità con i nubifragi che hanno interessato il Nord Ovest ed in particolar modo le province di Alessandria e di Savona, dove cumulate di pioggia fino a 110 millimetri in quattro ore hanno ingrossato pericolosamente i fiumi" ha avvertito ieri l'Osservatorio Risorse Idriche dell'Anbi. "Si sono registrati aumenti dei livelli idrometrici fino a 4 metri in un paio d' ore, come nel caso della Bormida di Spigno esondata a Bragno, ma anche del Letimbro (+2,30 metri), della Centa (+2 metri), della Bormida di Mallare (+3,5 metri)".

 

Anche la Toscana, colpita da violenti nubifragi (nell'aretino cumulate di pioggia superiori ai 60 millimetri in due ore), vede crescere i livelli dei propri fiumi: da segnalare, la considerevole portata raggiunta dal Serchio: 59,30 metri cubi al secondo, cioè +163% sulla media.

 

Nell'Italia settentrionale, dove i livelli dei laghi segnano percentuali di riempimento ben superiori alla media del periodo, il Maggiore è pressoché al colmo, nonostante portate quasi massime in uscita. In Valle d'Aosta cresce la Dora Baltea, toccando 27,90 metri cubi al secondo. In crescita sono anche i flussi nei fiumi del Piemonte con Tanaro e Stura di Demonte sopra la media (rispettivamente +42% e +104%), mentre Stura di Lanzo e Toce sono deficitari (-33% e -29%). Restano sovrabbondanti le riserve idriche in Lombardia (+11,8%). Mentre in Veneto continuano ad esserci sovraccarichi d'acqua negli alvei fluviali con portate in alcuni casi più che doppie (Livenza +112%) se non triple (Brenta +218%, Bacchiglione +176%) rispetto alla media storica.

 

L'inizio dell'anno idrologico - che inizia ad ottobre - è risultato estremamente "bagnato" anche in Emilia Romagna: le portate dei fiumi appenninici sono cresciute ampiamente sopra le medie mensili con il Secchia superiore di quasi il 500% alla norma. Infine, grazie alle piogge abbondanti, i flussi in alveo del Po sono aumentati esponenzialmente: nell'Alessandrino il "Grande Fiume" ha toccato i 500 metri cubi al secondo, crescendo di quasi 200 metri cubi in una settimana e registrando così un surplus idrico del 22%, rispetto alla media; in prossimità del delta, a Pontelagoscuro, si registra una portata di 3.924,89 metri cubi al secondo (oltre 1.800 metri cubi al secondo in più in una settimana) contro una media mensile di 1.751 metri cubi al secondo (+124%).