La perturbazione atlantica - che viene stretta tra due saccature di aria fredda artica - sta investendo il Paese, con piogge che hanno fatto capolino sulle isole maggiori (Sicilia e Sardegna) già a partire dall'11 novembre e che da ieri si stanno accanendo sui settori meridionali. Potrebbe essere l'avvio di un inverno freddo e nevoso, da molti auspicato, capace di colmare - almeno in parte - il grande deficit di risorse idriche del Mezzogiorno d'Italia. Sì, perché se ottobre ha portato precipitazioni eccezionali sul Nord dell'Italia, al contrario al Sud si è consumato un autunno in formato ridotto, sfumato dopo pochi eventi piovosi significativi.
Non è ovviamente possibile prevedere come e quando usciranno le regioni del Sud dalla siccità, ma l'analisi fornita nello scorso fine settimana dall'Anbi, l'associazione tra i consorzi di bonifica e irrigazione, ben si presta a capire quali siano i punti di partenza: ovvero quanto deficit sarà necessario ripianare entro la prossima primavera non solo per avere acqua negli idranti dei campi, ma anche nei rubinetti delle abitazioni. Perché molti degli invasi e dei sistemi di raccolta delle acque al Sud è a uso promiscuo: irriguo, industriale e potabile.
L'analisi dell'Anbi
"Per quanto concerne la situazione idroclimatica del nostro Paese, dopo gli eccezionali apporti pluviali del mese di ottobre, le riserve idriche dell'Italia settentrionale e parzialmente di quella centrale registrano un'ulteriore crescita dei volumi stoccati nei bacini, delle portate dei corsi d'acqua e della soggiacenza di acque sotterranee; al Sud, invece, l'estrema localizzazione e concentrazione di piogge anche molto violente non hanno consentito di contrastare il lunghissimo periodo di scarsità idrica" taglia corto l'Osservatorio Risorse Idriche di Anbi alla fine della scorsa settimana.
L'esempio arriva dalla Sicilia dove ad ottobre, sulla provincia di Messina sono caduti mediamente 70 millimetri d'acqua con cumulate, che andavano dai 28 millimetri di Montalbano Elicona ai 217 millimetri di Antillo fino ai 316,2 millimetri in cinque giorni su Fiumedinisi. Ma allo stato "Nelle regioni meridionali le piogge autunnali non sono state finora sufficienti a colmare l'enorme deficit idrico, venutosi a creare in un anno di siccità - spazza via i dubbi l'Osservatorio Anbi.
I dati a livello regionale
E lo scenario prospettato è a dir poco impressionante. In Puglia, nei bacini della Capitanata, manca l'89% d'acqua e resta solamente un volume pari 36,76 milioni di metri cubi (lo scorso anno, l'agricoltura del Tavoliere disponeva del triplo dell'acqua). In realtà tale odierno valore è puramente fittizio, poiché quell'acqua è ora attinta a solo scopo potabile, con la stagione irrigua terminata anzitempo nella prima metà di agosto 2024.
In Basilicata, l'acqua presente nei serbatoi è solo il 15% di quella invasabile; a seguito di un'ulteriore riduzione di oltre 5 milioni di metri cubi il gap con il 2023 è salito a quasi 150 milioni di metri cubi. Qui l'invaso principale è quello di monte Cotugno: secondo l'Autorità di Bacino Distrettuale dell'Appennino Meridionale al 7 novembre - a fronte di una capacità di 482mila metri cubi d'acqua - se ne trovavano poco meno di 46mila contro i ben 162mila dello scorso anno, con una differenza negativa di oltre 116mila metri cubi.
La stessa Autorità di Bacino si appresterebbe in questi giorni ad approvare nuove e più stringenti forme di razionamento dell'acqua potabile in provincia di Avellino, a causa della mancata ricarica delle sorgenti irpine. Un segnale da non sottovalutare: tali misure possono essere evitate o mitigate solo da piogge persistenti e neve, accompagnate da temperature sufficientemente fredde.
Ma sull'Appenino meridionale negli ultimi anni talvolta, anche ingenti nevicate sono letteralmente scomparse in pochi giorni, a causa dei rialzi termici fuori stagione. Uno scenario che potrebbe ripetersi con impatti negativi sul rifornimento delle falde. Intanto, proprio in Campania le portate dei fiumi (Sele, Volturno, Garigliano) sono in crescita nella scorsa settimana.
In Calabria crescono i livelli del fiume Coscile, mentre si riducono quelli del Lao; le portate dell'Ancinale sono quasi azzerate dopo che, nelle settimane scorse, i flussi di questa fiumara si erano rivitalizzati, grazie agli abbondanti apporti pluviali, che avevano interessato il catanzarese.
In Sardegna gli invasi sono complessivamente al 39,76% di riempimento: il lago di Maccheronis (Sardegna nordorientale) trattiene 570mila metri cubi su oltre 22 milioni invasabili (2,48%), mentre i bacini dell'Alto Cixerri (Sardegna sudoccidentale) contengono solamente il 6,49% dell'acqua invasabile (1,42 milioni di metri cubi su 18,80 milioni di metri cubi).
La Sicilia, con dati che risalgono ormai al 7 di ottobre 2024, a fronte di 984,75 milioni di metri cubi di capacità gli invasi trattengono appena 180,70 milioni di risorsa idrica, ma quella realmente utilizzabile è di appena 55,28 milioni, tanto che la Regione Siciliana ha attrezzato appositi sistemi di pompaggio galleggianti per "pescare" acqua sotto al livello delle opere presa, in pratica puntando ad utilizzare il così detto volume "morto" di risorsa, quello non attingibile normalmente.
Un pezzo di Centro Italia ha sete
Ma c'è una realtà della siccità che continua a presidiare numerosi areali del Centro Italia. Nel Lazio il livello del lago di Bracciano, grazie agli apporti meteorici della seconda metà di ottobre, cresce di 6 centimetri, mentre il piccolo bacino di Nemi mostra endemiche difficoltà a trattenere l'acqua invasata nei periodi piovosi, abbassandosi di 2 centimetri dopo solo pochi giorni di sole e bel tempo. Tornano a ridursi le portate dei fiumi con il Tevere, che ridiscende al di sotto dei flussi tipici del periodo, così come l'Aniene ed il Velino.
In Umbria è negativo il trend della portata nei fiumi Chiascio, Topino e Paglia. Invariata è la deficitaria altezza idrometrica del lago Trasimeno, nonostante le precipitazioni ottobrine (180 millimetri circa), ben superiori alle medie degli anni più recenti. Nelle Marche, le altezze dei fiumi Potenza, Esino, Tronto, Nera e Sentino tornano ai livelli più bassi del quinquennio. In Toscana, tutti i fiumi registrano portate in calo ed inferiori alle medie mensili.
Nord, la linea di demarcazione è il Po
Anche in Liguria, netta riduzione dei flussi nei bacini fluviali, che nelle settimane scorse avevano creato danni e destato preoccupazioni; torna sotto media il fiume Magra.
È l'Emilia Romagna - alluvionata di recente - a segnare il confine tra un'area a rischio siccità ed un'altra di tutto altro segno: acqua pericolosamente abbondante. Se c'è un netto ridimensionamento pure nelle portate dei fiumi appenninici dell'Emilia Romagna, dove solamente il Secchia continua a registrare flussi superiori alla norma (+16%). I bacini piacentini, avendo nei giorni scorsi assolto alla fondamentale funzione di mitigazione delle piene, trattengono ora oltre 10 milioni di metri cubi d'acqua, cioè un quantitativo ben superiore a quello tipico del periodo (quasi mai superiore a 3 milioni di metri cubi).
Più a Nord, oltre la linea di demarcazione tracciata dal fiume Po - l'Italia è letteralmente piena d'acqua.