Dopo giorni di tensioni, manifestazioni, presidi, e dopo due sessioni negoziali sfumate, è stato raggiunta un'intesa sul prezzo fra i produttori francesi e il gruppo transalpino Lactalis.
La fumata bianca è stata annunciata da una rappresentanza degli allevatori che, uscendo dalla prefettura di Laval, città della Normandia in cui ha sede la multinazionale della famiglia Besnier, hanno comunicato che l'accordo fissa il prezzo del latte a 290 euro alla tonnellata in media.
Questo significa 34 euro in più rispetto a quanto Lactalis pagava prima della mobilitazione dei produttori, che da lunedì scorso bloccavano l'accesso al quartier generale del gruppo e che avevano già annunciato nuove manifestazioni.
La prima proposta della multinazionale di 272 euro alla tonnellata ha visto così un rilancio ulteriore, fino appunto a quota 290 euro.

Sul fronte italiano non manca di far sentire la propria voce anche Coldiretti, che invoca un aggiornamento del prezzo anche nel nostro Paese. "Ci sono tutte le condizioni per alzare anche in Italia il prezzo pagato agli allevatori da Lactalis che ha giustamente chiuso un accordo in Francia con un aumento di 3 centesimi al litro", dichiara infatti il vicepresidente della Coldiretti Ettore Prandini, chiedendo l'immediata apertura del confronto con l'industria lattiero casearia italiana e con Lactalis Italia, per discutere un prezzo del latte che tenga conto della nuova situazione di mercato.

Occorre adeguare i contratti ai cambiamenti degli ultimi mesi con il prezzo del latte spot quotato in Italia che - sottolinea la Coldiretti - è salito dai 22 centesimi litro di aprile scorso ai 36 centesimi di questa settimana e ai grandi formaggi Dop italiani, che hanno sostanzialmente tenuto in questi mesi e ora hanno segni di ripresa sui prezzi.
Ad oggi agli allevatori italiani il latte viene pagato su prezzi inferiori ai 30 centesimi per litro, cifra che non copre neanche i costi dell'alimentazione degli animali.

In attesa di qualche evoluzione, la Francia si conferma dunque piuttosto vivace nell'ultimo mese di agosto. Parigi avrebbe accelerato sul versante dell'etichettatura delle materie prime in ambito zootecnico. Con riferimento al latte dovrebbe essere indicato il paese dove è avvenuta la raccolta della materia prima, seguita poi dalla nazione in cui sono stati effettuati il condizionamento o la trasformazione. Il condizionale è d'obbligo, in quanto il decreto legge è soggetto ad ulteriori passaggi formali e dunque è prematuro scrivere la parola fine.

Pede lento, come una passeggiata postprandiale, il prezzo del latte riprende a salire. Merito di due fattori, essenzialmente: il buon andamento delle esportazioni a livello mondiale e un calo delle produzioni, che riporta in maggiore equilibrio gli scenari internazionali.
In base ai dati di Clal.it, infatti, si registra un trend delle consegne comunitarie di latte in diminuzione tra luglio 2015 e giugno 2016 stabilizzato a 155 milioni di tonnellate, con una contrazione di 257mila tonnellate in meno rispetto al periodo giugno 2015-maggio 2016.

Proporzionalmente, anche le esportazioni Ue hanno frenato: -56mila tonnellate in equivalente latte nel periodo luglio 2015-giugno 2016, rispetto a giugno 2015-maggio 2016. Elemento, tuttavia, che non pare avere un peso eccessivo. La priorità, infatti, era quella di contenere le consegne.

In Italia, i listini dei prodotti Dop stanno timidamente risalendo, come sottolineato anche da Coldiretti, con una reazione positiva del Parmigiano Reggiano e una più lenta ripresa del Grana Padano. Quest'ultimo, tuttavia, potrebbe nei prossimi mesi riprendere il ritmo con maggiore intensità, dal momento che il piano produttivo si sta rivelando efficace e nei mesi di giugno e luglio la produzione si è rivelata più contenuta (seppur di poco) rispetto agli stessi mesi del 2015.

La ripresa delle quotazioni (solo a titolo di cronaca ricordiamo che il latte crudo spot sulla piazza di Verona è stato valutato lo scorso 22 agosto 34 euro/100 chilogrammi (+1,49% sulla quotazione precedente) ha posto fine anche a quella soluzione un po' grottesca che era stata adottata la scorsa primavera, a ridosso della fine dell'annata lattiera 2015-2016, la prima nell'era del post-quote.
Parliamo della pratica del doppio prezzo sulle consegne di latte, praticata sia dall'industria che da alcune cooperative: una quotazione in base al listino o al contratto per il latte che rispettava le quote dell'anno precedente, una seconda valutazione, anche di 10 centesimi al litro inferiore, per il prodotto eccedentario rispetto al parametro delle quote. Una vera stranezza, per non sbilanciarsi troppo.

Chi ricorda bene i salti mortali per collocare la sovrapproduzione lattiera e scongiurare il pericolo di gettare nei fossi la materia prima è l'assessore all'Agricoltura della Lombardia Gianni Fava. Nei giorni convulsi del 30 e 31 marzo l'assessore lombardo riuscì, con la collaborazione di cooperative come Virgilio (Mantova) e Plac (Cremona), a evitare che circa 3mila quintali di latte al giorno venissero distrutti.
Motivo per cui, già dalla fine di luglio, l'assessore Fava ha annunciato la volontà di convocare un tavolo di filiera in Lombardia per individuare le migliori strategie in grado di stabilizzare il mercato e mantenere la rotta verso il quadro positivo dei listini.

Altro fattore che dovrebbe incidere favorevolmente verso la ripresa sarà l'avvio dell'iter per l'impiego dei 500 milioni dei fondi straordinari assegnati dall'Unione europea ai 28 Stati membri (fino all'effettiva uscita del Regno Unito l'Ue è ancora a 28), con iniziative mirate proprio a contenere la produzione.

Rimane una domanda relativa ai magazzini di stoccaggio di burro e polveri. Una parte degli aiuti europei sarà finalizzata agli stock. Ma un aumento delle quantità nei magazzini non porterà, fra alcuni mesi, a un nuovo assestamento ribassista? La missione sarà andare oltre il latte e prendere in considerazione i fattori produttivi globali, dall'alimentazione all'energia.
Burro e polveri sono in ripresa sia in Europa che in Oceania (dove per contenere la produzione è in atto un vero e proprio piano di abbattimenti di vacche da latte, tanto che nel solo Stato australiano di Victoria le vendite al macello settimanali di vacche si aggirano intorno alle 700 unità), mentre per ora i listini sono ancora incerti negli Stati Uniti.

Negli Usa il prezzo del latte crudo alla stalla, della polvere di siero e della polvere di latte scremato è in crescita, mentre le ultime quotazioni burro, formaggio e polvere di latte intero tendono verso il basso. Gli americani puntano alla terapia d'urto sui mercati (niente soldi a pioggia, come in Europa). Washington ha infatti varato un piano di rilancio dei consumi nelle scuole e di educazione alimentare, accanto a politiche di sostegno agli indigenti. Anche così ci si attende una più massiccia inversione verso fasi di mercato più rosee.

Fari puntati anche all'Africa, dove ci si aspetta progressivamente un aumento delle produzioni. Servirà tempo, anche per le condizioni di instabilità politica che affligge diversi paesi, ma la rotta sembra quella. Opportunità per innovazioni e tecnologie, anche made in Italy, non ne mancheranno.