Manifattura, cultura e sapere. Questi, afferma Stefano Bonaccini, presidente dell'Emilia Romagna, i pilastri sui quali si basano i risultati che questa regione può vantare in ambito economico e sociale.
Merito, fra gli altri, del sistema agroalimentare, che ha chiuso il 2017 con molti numeri in positivo, pur a fronte di alcuni segmenti, pochi a dire il vero, in difficoltà.

È quanto emerso dall'incontro che si è svolto il 28 maggio a Bologna per la presentazione del "Rapporto del sistema agroalimentare dell'Emilia Romagna", giunto alla sua 25esima edizione.
Se il comparto agroalimentare è cresciuto in questa regione del venti percento in soli tre anni, ha evidenziato Simona Caselli, assessore regionale all'Agricolura, è frutto di scelte strategiche e di una precisa visione degli obiettivi da perseguire.

Scartata ogni improbabile ipotesi di vincere la sfida globale puntando sulla produzione di commodity agricole, ci si è concentrati sulla qualità, tenendo come riferimento la sostenibilità, coniugata sia sul piano ambientale sia su quello sociale.

I risultati di questo impegno si vedono nei numeri espressi dall'agricoltura emiliano-romagnola, che ha già superato in valore i 4,8 miliardi di euro, segnando un ulteriore record.
Traguardo raggiunto anche grazie alla sinergia con gli altri punti di forza che questa regione esprime in vari segmenti, come meccanica e turismo, dai quali prende vita la definizione di "motor valley", cui oggi si aggiunge la "food valley".
Motivi di attrazione che hanno portato un'importante guida turistica come Lonely Planet a indicare questa regione come miglior meta europea.


Export a gonfie vele

Che l'Emilia Romagna piaccia all'estero ne sono conferma i risultati in crescita sul fronte dell'export (+5%) dei prodotti agroalimentari, che hanno raggiunto quota 6,2 miliardi di euro, che incidono per il 10,4% sull'export complessivo regionale.

A guidare questa crescita la frutta fresca (490 milioni) e il lattiero caseario (790 milioni), che ha guadagnato il primo posto, in precedenza appannaggio della pasta (730 milioni).
Fra i primi tre paesi di destinazione di questo export la Germania, seguita da Francia e Gran Bretagna.


Obiettivo giovani e montagna

Numeri positivi sul fronte interno e dell'export che prendono le mosse dalla crescita della zootecnia (+11,4%), del vino (+27%) e della frutta (+5,7%).
Bene anche il bio, che continua la sua cresciuta aumentando sia le superfici (+13%), sia il numero di aziende che sceglie questa via (+10%).

Le difficoltà registrate per cereali, patate e ortaggi, segmenti che hanno chiuso il 2017 con il segno meno davanti, non cambiano il quadro generale, che resta positivo, contribuendo a trainare l'aumento dell'occupazione nei campi, che sfiora le 80mila unità, con una crescita del 5%.
Un dato che si distacca nettamente dal resto d'Italia, dove l'occupazione in agricoltura è in flessione.
 
La situazione dell'occupazione agricola in Italia e in Emilia Romagna

Significativo il ritorno alla terra da parte dei giovani, tendenza da incentivare e a questo proposito il presidente Bonaccini ha anticipato la possibilità di trovare meccanismi premianti, ipotizzando una fiscalità agevolata da riservare in particolare alle zone di montagna.
Un possibile freno all'abbandono delle aree più difficili, abbandono che coincide con il degrado e con pesanti conseguenze a livello ambientale.


Impegno e investimenti

In tema di ambiente Simona Caselli ha confermato l'impegno a contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici in atto.
Anzitutto lavorando con le filiere produttive, come accaduto lo scorso anno nel caso del pomodoro, dove l'aver organizzato per tempo le risorse idriche necessarie alla programmazione produttiva, ha consentito di limitare i danni della siccità.

Poi mettendo a punto "pratiche virtuose", che spaziano dalla ricerca di varietà più adatte ai mutamenti climatici, al riuso delle acque, a pratiche agricole di minore impatto ambientale.

Ma occorre impegno, organizzazione e investimenti. L'Emilia Romagna, si è ricordato, ha messo a disposizione della misura di competitività 320 milioni, grazie ai quali si sono mossi investimenti per oltre un miliardo. Tutto ciò grazie all'agricoltura, che dovrebbe rivendicarne il merito con maggior forza.
 

Le prossime sfide

Molte tuttavia le sfide ancora da affrontare. Fra queste il capitolo dello zucchero.
La crisi del settore sta mettendo a rischio la coltivazione della barbabietola, fondamentale nelle rotazioni agrarie.
E nemmeno possiamo permetterci di essere un paese senza una produzione propria di zucchero. Una situazione che potrebbe persino gettare ombre sul made in Italy nel comparto dolciario.

Poi c'è la crisi ricorrente di pesche e nettarine, segmento in flessione (rispettivamente -5,7% e - 6,9%), dove si è intervenuti per ottenere il ritiro delle eccedenze nella fase più difficile di mercato dello scorso anno.

Risolutiva si potrebbe dimostrare la ricerca di produzioni più vicine alle attese dei consumatori.
Emblematico l'esempio delle fragole, risorte dalla crisi con la messa a punto di una nuova varietà, la Candonga, che ha riscosso il favore del consumo.
 

Soldi ben spesi

In questi segmenti, regola che vale per tutta l'agricoltura, occorre investire nella ricerca e nell'innovazione.
Motivo che induce a guardare con preoccupazione ai tagli che la Commissione europea propone per la prossima Pac, quella dal 2021 al 2027.

Ma perché, si è chiesta Simona Caselli, i cittadini dovrebbero guardare con favore le maggiori risorse economiche da destinare all'agricoltura?
La risposta c'è. Tutta l'agricoltura è chiamata a superare una sfida ciclopica, quella di nutrire di qui a pochi anni nove miliardi di persone, un miliardo e mezzo in più di quelle che oggi abitano il pianeta.

Tutto questo mentre il clima si fa più difficile e le terre da adibire alle produzioni agricole diminuiscono ogni giorno.
L'agricoltura deve allora innovarsi profondamente, uno sforzo enorme che non può affrontare con le sue sole forze.