Sono questi i dati riportati dall'intervista di Agri 2000 condotta su 1.025 aziende che hanno affermato come la parte produttiva impegni l'imprenditore agricolo per il 62%, seguito dal tempo dedicato alle questioni burocratiche (21%).
Tutto ciò a discapito dell'organizzazione e della gestione dell'azienda che impiega il lavoratore solo per un 17%.
Per ribaltare queste percentuali ci pensa Agrimanager, il progetto promosso da Agri 2000, con la collaborazione di Emil Banca, rivolto agli imprenditori dell'Emilia Romagna per una crescita e uno sviluppo di un'agricoltura competitiva e sostenibile; grazie al successo il proposito dell'iniziativa è ora nazionale.
Non sono semplici imprenditori agricoli, sono anche manager
"L'agrimanager ha un percorso formativo alle spalle di tipo agrario con specializzazioni in materie più economiche. È affamato di informazioni e di conoscenze. E le conoscenze sono i cavalli di una volta" afferma il presidente di Agri 2000 Camillo Gardini."Inoltre l'agrimanager è colui che, da un lato, è impegnato nella produzione agricola, ma dall'altro acquisisce e applica le competenze per organizzare e successivamente vendere al meglio il proprio prodotto" continua il presidente.
Il progetto ha quindi l'obiettivo di creare la situazione giusta per rendere più competitiva l'azienda.
Innovazione, avanti tutta
Per accedere al progetto, che ha visto anche l'intervento del docente di economia agraria dell'Università di Perugia e responsabile scientifico di Agrimanager Angelo Frascarelli, è stato chiesto ai partecipanti del Forum della managerialità di compilare un questionario.Incentrate sull'agricoltore che vuole innovare, le domande riguardavano le innovazioni nelle imprese.
Particolarmente interessante il focus sulle innovazioni introdotte dagli agricoltori nelle proprie aziende: la maggior parte dei partecipanti ha barrato la risposta "Studi e analisi della soluzione circolante del terreno".
La conoscenza delle interazioni tra le radici della pianta, i microrganismi e le sostanze presenti nel terreno permette di "rendere la pianta più forte, e resistere così dagli attacchi dei patogeni e dagli stress climatici – conclude Gardini – Il risultato? Minore utilizzo di prodotti chimici" con conseguente risparmio anche nelle tasche degli agricoltori.