Il caso di infestazione da Trichinella del novembre scorso, che ha avuto come protagonista un esemplare di volpe adulto, abbattuto ad Ottone Soprano in provincia di Piacenza, nell’ambito dei piani provinciali di contenimento della specie e consegnato ai laboratori dell’Istituto Zooprofilattico dove è risultato positivo all’esame trichinoscopico, ha focalizzato l’attenzione delle autorità nei confronti di questo parassita e della patologia a diffusione alimentare collegata.
Ha inoltre offerto l’opportunità di riflettere sulla sicurezza degli alimenti: tema di primaria importanza e di universale interesse.

Di questo si è parlato, il 28 gennaio scorso a Caffexpò, il caffè scientifico-letterario ideato dal Centro di ricerca Opera in collaborazione con istituzioni e autorità governative, durante l'evento dal titolo "Rischio biologico negli alimenti? Parliamone, il caso della volpe di Ottone".
Hanno partecipato Norma Arrigoni, dell'Istituto zooprofilattico sperimentale Lombardia ed Emilia Romagna, sezione di Piacenza; Ester Pietta, dottoranda Agrisystem e il professor Pier Sandro Cocconcelli.

La garanzia di un elevato livello di sicurezza alimentare è assicurata, nell’Unione europea,  da una strategia di tipo integrato, caratterizzata da tre fasi: una prima fase di valutazione del rischio, affidata all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), che consiste nell’esame di dati e studi scientifici allo scopo di valutare i rischi associati a taluni pericoli.
Una seconda fase di gestione del rischio, affidata alla Commissione europea, al Parlamento europeo e agli Stati membri dell’Ue, è legata all’elaborazione di politiche europee e alla gestione dei rischi associati alla catena alimentare.
La terza fase di comunicazione del rischio, che rientra nel mandato di Efsa, è mirata alla diffusione degli argomenti riguardanti la sicurezza degli alimenti.

Dall’analisi del problema Trichinella in Italia, questo approccio si è dimostrato, nel complesso, efficace.
Il rischio per l’uomo di contrarre la trichinellosi, infatti, può essere considerato nullo per quanto riguarda il ciclo domestico (ciclo che coinvolge l’allevamento suinicolo e il conseguente consumo di carne suina e derivati) e basso per quanto concerne il ciclo selvatico, che coinvolge la volpe, il cinghiale, il lupo ed alcuni uccelli rapaci e spazzini.
Il rischio legato al ciclo silvestre non può essere considerato pari a zero, in quanto il parassita circola ancora tra la fauna selvatica e potenzialmente può essere trasmesso ad altre specie di interesse venatorio, come il cinghiale, e da queste, attraverso il consumo di carni crude o poco cotte, all’uomo.

Risultano quindi fondamentali alcuni accorgimenti per tenere sotto controllo tale rischio.
Tra le principali avvertenze emerge l’importanza di sottoporre all’esame trichinoscopico tutti i cinghiali abbattuti e di non abbandonare sul terreno le carcasse o parti degli animali oggetto di attività venatoria che, se infestate da Trichinella, rappresentano una fonte di infestazione per gli altri animali presenti nel territorio di caccia.

Un trattamento termico che assicuri il raggiungimento di 71°C per 1 minuto al cuore del prodotto carneo (che coincide con il viraggio del colore della carne da rosa a bruno), inoltre, garantisce una totale distruzione delle larve.
Tutti i focolai di Trichinellosi degli ultimi anni, infatti, sono stati causati da consumo di carni crude o poco cotte di cinghiale o di cavallo.

Ester Pietta
Scuola di dottorato Agrisystem







 

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