Nel nostro articolo precedente (L'Eurobarometro del biogas 2017) abbiamo esposto la prima parte del quadro sugli stati generali delle agroenergie in Europa. Per completare il panorama del settore agroenergetico, in questo articolo proponiamo un sunto in italiano del rapporto sugli stati generali delle biomasse solide in Europa, meglio noto come Eurobarometro delle biomasse solide.
Lo studio completo, condotto dall'agenzia EurObserv'ER sui dati disponibili al 31/12/2017, è disponibile solo in inglese e francese al seguente indirizzo.

Nonostante le temperature globali del 2016 siano state le più alte mai registrate finora, il consumo di biomasse solide è aumentato del 3% rispetto al 2015. Secondo EurObserv'ER, le biomasse solide hanno contribuito nel 2016 con 98,5 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), poco meno della metà del totale di produzione primaria da energie rinnovabili (211 Mtep).
Per rendere l'idea di cosa significa tale cifra, si consideri ad esempio che, nello stesso periodo, il consumo di petrolio in Italia è stato pari a 59,6 Mtep (dati 2016 del ministero dello Sviluppo economico).

Poiché le biomasse solide (legna, cippato, segatura, pellet, paglia e scarti agricoli simili) si utilizzano prevalentemente per la produzione di calore per riscaldamento invernale, come si spiega dunque l'aumento del consumo di tali biomasse in un anno più caldo rispetto alla media? La ragione è che è aumentato il consumo di biomasse in sostituzione - o in co-combustione - del carbone nelle centrali termoelettriche. I consumi elettrici sono in aumento per svariati motivi, dei quali l'unico direttamente collegato all'aumento delle temperature globali è il consumo per raffrescamento estivo edilizio.

E' necessario considerare inoltre che servono circa 2 tonnellate di biomasse per rimpiazzare 1 tonnellata di carbone, ciò che spiega in parte l'impennata di consumo di biomassa per generazione elettrica. La generazione termoelettrica però si basa su due tipi di biomasse: residui agroforestali - che hanno contribuito con 86,2 Mtep di energia primaria - e Forsu (Frazione organica dei rifiuti solidi urbani), che ha contribuito con 3,5 Mtep.
Nonostante l'inclusione della Forsu, la produzione europea di biomassa non è bastata per soddisfare il consumo a scopo di generazione termoelettrica: nel 2016 sono state importate biomasse (principalmente pellet) dagli Stati Uniti, Canada e paesi dell'Est, per un totale complessivo pari a 3,8 Mtep.

Nel complesso europeo, l'Italia si colloca al quarto posto fra i consumatori di biomassa solida, dopo Germania, Francia e Svezia, con 8,5 Mtep consumate nel 2016, di fronte a 7,3 Mtep di produzione nazionale di biomassa.
La Figura 1 mostra la ripartizione dei consumi italiani di biomassa solida per settori nell'anno di riferimento. Si osserva come la parte del leone corrisponde al consumo in impianti domestici, quindi esclusivamente per riscaldamento invernale.

Ripartizione per settori dei consumi nazionali di biomassa solida nel 2016
Figura 1: Ripartizione per settori dei consumi nazionali di biomassa solida nel 2016
Dati EurObserv'ER, grafica dell'autore

Nel nostro paese l'utilizzo della biomassa solida per generazione elettrica è ancora poco sostenibile. Si osserva nella Figura 2 che il 54% dell'energia elettrica prodotta con biomasse solide è stato generato in centrali termoelettriche convenzionali, cioè, dissipando inutilmente nell'atmosfera circa il 60% dell'energia primaria della biomassa.

Tutto sommato, non siamo i peggiori: in Inghilterra, principale produttore europeo di energia elettrica da biomasse solide, la percentuale degli impianti di cogenerazione è nulla. In Germania, invece, il 55% è stato generato in impianti di cogenerazione, praticamente la situazione speculare rispetto al nostro paese, ma non particolarmente virtuosa.
I paesi con la produzione di energia elettrica da biomasse più sostenibile sono: Svezia, Danimarca, Latvia, Lituania, Slovenia e Lussemburgo, nei quali il 100 % dell'elettricità è stato generato in impianti di cogenerazione, cioè sfruttando anche il calore residuo del motore. In Finlandia, il paese con il massimo consumo pro capite di biomassa (1,52 Tep/abitante.anno), oltre il 90% degli impianti produce elettricità in assetto cogenerativo.

Generazione di energia elettrica da biomasse solide in Italia nel 2016, suddivisa per tipologia di impianto
Figura 2: Generazione di energia elettrica da biomasse solide in Italia nel 2016, suddivisa per tipologia di impianto
Dati EurObserv'ER, grafica dell'autore
 

La sostenibilità delle biomasse solide negli sviluppi futuri

La relativa facilità di sostituzione del carbone con biomasse legnose ha comportato che diversi paesi, principalmente Francia e Inghilterra, abbiano intrapreso massicci investimenti in tali attività, con lo scopo di raggiungere gli obiettivi europei per il 2020. Tale fatto comporta dunque due problemi che dovranno essere affrontati e risolti nelle direttive future dell'Ue, per il decennio 2020-2030: la sostenibilità e l'impatto ambientale delle centrali a biomassa solida.

Per quanto riguarda la sostenibilità della risorsa agroforestale, è necessario segnalare che la riconversione a combustibili legnosi di una centrale a carbone non la rende necessariamente più sostenibile: semplicemente consente alla utility proprietaria di beneficiare di crediti di carbonio, senza fare o investire praticamente niente. Sebbene sia vero che le emissioni climalteranti delle biomasse siano "neutre" rispetto al carbone fossile, è altrettanto vero che le emissioni di polveri sottili al camino rimangono pressoché inalterate, e questo incide negativamente sulla salute delle popolazioni circostanti. Le vecchie centrali a carbone, inoltre, raramente utilizzano il calore in assetto cogenerativo, quindi l'attuale meccanismo di crediti di carbonio perpetua la vita utile di impianti obsoleti e inefficienti, anziché promuovere soluzioni davvero sostenibili.

Il secondo problema è di tipo logistico: poiché la biomassa ha un potere calorifico di poco più della metà rispetto al carbone, allora è necessario trasportare e immagazzinare circa il doppio di combustibile per mantenere costante la potenza. In alcuni casi, si rende perfino necessario importare biomasse (ad esempio, l'Inghilterra importa ingenti quantità di pellet dal Canada e dagli Stati Uniti). Andrebbe dunque rivisto tutto il meccanismo di tracciabilità della filiera ed il conteggio delle emissioni.
Ad ogni modo, costatiamo che l'Europa appare divisa anche sui criteri di utilizzazione delle biomasse solide. Da una parte vediamo Inghilterra e Francia che si limitano a sostituire carbone con legna per prolungare la vita ad impianti che andrebbero smantellati o ammodernati, e nell'altro estremo vediamo la Svezia che, non contenta di avere già il 100% degli impianti a biomasse in assetto cogenerativo, punta alla frontiera estrema dell'efficienza energetica, la trigenerazione, ovvero la produzione simultanea di elettricità, calore e freddo. Il 70% del fabbisogno di riscaldamento invernale e raffrescamento estivo della città di Stoccolma è soddisfatto da un impianto di trigenerazione, alimentato con biomasse forestali.
Un impianto simile, un po' più piccolo, è stato installato a Lussemburgo. Ciò dimostra che, se esiste la volontà di fare le cose bene, le tecnologie sono già mature per risultare redditizie, senza bisogno di sovvenzioni addizionali.
 

Nuove opportunità di reddito per gli agricoltori?

Un altro aspetto della sostenibilità riguarda la coltivazione delle biomasse legnose. Ad esempio, nella revisione delle direttive europee in materia di energie rinnovabili si prospetta la possibilità di incentivare di più la biomassa legnosa proveniente da sistemi agroforestali, cioè da filari di alberi intercalati fra colture alimentari, oppure da colture arboree frangivento disposte a modo di cintura attorno alle colture tradizionali.

Secondo quanto riporta EurOberv’ER, è ancora da definire quali specie forestali potranno essere ammesse o meno per tali scopi, la durata del ciclo di ceduazione, le percentuali annue da abbattere e ripiantare, e l'intensità di incentivazione. Esistono dunque elementi per pensare che nei prossimi anni si apriranno nuove possibilità di reddito integrativo per gli agricoltori.