Uno dei criteri previsti è il raggiungimento di un risparmio minimo di emissioni di gas serra sostituendo la filiera energetica da fonti fossili con quelle rinnovabili, o bioenergetiche.
Nella COM(2010)11, per agevolare il calcolo di tale risparmio è presente un elenco delle filiere europee di produzione d’energia da biomasse solide e gassose di maggior interesse commerciale, con i relativi valori di emissione, sia tipici che standard. Per ognuna di queste è possibile ricavare i valori di risparmio delle emissioni di gas serra tenendo conto delle efficienze di conversione energetica. Come tutte le norme tecniche, anche la UNI/TS 11435:2012 ha bisogno di aggiornamenti. Recentemente è stato riaperto il tavolo interministeriale per la definizione delle procedure d’incentivazione, di cui all’art. 8, comma 6 del decreto ministeriale 6 luglio 2012, “Fonti rinnovabili elettriche non fotovoltaiche”, relativamente all’esercizio degli impianti che possono dare luogo ad una riduzione delle emissioni di gas serra rispetto ai valori definiti dai ministeri competenti sulla base, della norma tecnica in oggetto. Inoltre, dal luglio del 2014 è disponibile un documento della Commissione europea – SWD(2014) 259 Final “State of play on the sustainability of solid and gaseous biomass used for electricity, heating and cooling in the EU” il quale ha modificato sensibilmente, in alcuni casi, i valori presi come riferimento dalla norma italiana.
Allo stato attuale, la specifica tecnica definisce in modo non esaustivo un elenco di filiere di produzione di energia da biomasse solide, e gassose, di significativo interesse nazionale e assegna a ciascuna un indice di emissione standard di gas serra, tenendo in considerazione il contesto nazionale. Questi valori standard possono essere impiegati per stabilire delle classifiche di sostenibilità, applicabili esclusivamente al criterio del risparmio delle emissioni di gas serra rispetto ai combustibili fossili di riferimento. Gli altri criteri di sostenibilità (aspetti sociali, biodiversità, microtossicità, ecc.) vanno valutati secondo i criteri e le metodologie definiti dalle ISO 14040, 14044 e 14064, noti come LCA (life cycle assessment, ovvero la valutazione del ciclo di vita).
La norma definisce inoltre delle linee guida per il calcolo del bilancio reale delle emissioni dei gas serra come metodo alternativo all'utilizzo dei valori tipici tabulati nella COM(2010)11.
I contenuti della norma a grandi linee
È importante soffermarsi su tre definizioni contenute nella norma affinché la metodologia di calcolo risulti chiara. I valori di emissioni di gas serra possono essere definiti in tre modi diversi:
• Valori standard. Sono valori di emissioni ottenuti applicando certi coefficienti predeterminati agli indici standard di emissioni. Sia i coefficienti che gli indici standard sono dati da tabelle di norma. Ad esempio, l’indice di emissione standard del cippato di legno, da residui forestali prodotti nel raggio di 70 km dal punto di utilizzo, è pari a 1,02 g eq. di CO2 / MJ. Se tale cippato venisse utilizzato per produrre solo energia elettrica, il coefficiente predeterminato sarebbe pari a 0,25. Di conseguenza, il valore standard delle emissioni di CO2 imputabili all’elettricità prodotta con tale cippato risulterebbe, semplicemente:
EC = 1,02 / 0,25 = 4,08 g eq. di CO2 / MJ = 14,73 g eq. di CO2 / kWh
• Valori tipici. Sono valori di emissioni rappresentativi di un’intera filiera, calcolati sulla base di certi presupposti di “tipicità”. Nell’esempio del cippato di legno, da residui forestali, la “filiera corta” (distanza di trasporto < 70 km) comporta emissioni pari a 1,02 g eq. di CO2 / MJ. Mentre la “filiera media” (71 km < d < 200 km) comporta emissioni pari a pari a 2,07 g eq. di CO2 / MJ. Si osserva che il secondo valore è correlato al primo da una semplice legge lineare, in quanto “tipicamente” il trasporto su distanze minori di 200 km si realizza su gomma. Nel caso in cui la distanza superasse i 200 km le emissioni “tipiche” del trasporto dipenderebbero dal mezzo utilizzato (camion, treno, nave, ecc.), di conseguenza il valore tipico dovrebbe essere calcolato ricorrendo ad una tabella ausiliare.
• Valori reali. Sono i valori calcolati per alcune, o tutte le fasi che compongono la filiera. Ad esempio, si consideri una filiera di cippato di legno, da residui forestali, nella quale il cippato viene trasportato su gomma per 30 km, poi imbarcato in una nave e trasportato per 1000 km fino ad una centrale che produce solo energia elettrica mediante un ciclo Rankine organico (ORC) con un rendimento del 10%. In tale caso non è possibile adottare valori standard e né valori tipici; è necessario applicare la metodologia descritta nella norma che consiste nella sommatoria delle diverse componenti:
EC = (1,02 g eq.CO2 / MJ + 0,0018 g eq.CO2 / MJ·km x 1000 km) / 0,10EC = 28,2 g eq. CO2 / MJ = 101,54 g CO2 / kWh
Evidenziamo che, se utilizziamo la biomassa per cogenerazione, la componente delle emissioni di CO2 -imputabili alla frazione termica cogenerata viene calcolata in base alla sua energia utile. Quest’ultima, chiamata anche exergia, non è altro che l’energia meccanica che produrrebbe una macchina termica ideale, in un ciclo di Carnot fra due temperature: TH e T0. In questo senso, la bozza della norma UNI ricalca testualmente la COM(2010)11, definendo che, in tutti i casi, la temperatura T0 è pari a 273 K (0ºC) e TH è la temperatura alla quale viene cogenerato il calore. Qualora però TH < 423 K (150 ºC), si considera sempre TH = 423 K. Mentre la scelta di T0 = 273 K sembra un tentativo di conciliare la diversità dei climi europei, assumendo una media delle temperature invernali dalla Scandinavia al Mediterraneo, la COM(2010)11 non spiega il perché sia “premiato” il calore a bassa entalpia, parificando ad esempio la produzione di acqua calda a 80 ºC, tipica dei cogeneratori a pistoni, con quella del vapore a bassa pressione, o dell’olio diatermico a 150ºC, generabile con una turbina a ciclo Brayton. Mistero dell’euroburocrazia, o forse un’azione della lobby tedesca dei fabbricanti di grandi motori di cogenerazione, con lo scopo di guadagnare qualche credito di carbonio in più rispetto alle tecnologie concorrenti? Dopo lo scandalo della casa automobilistica tedesca VW, la diffidenza nei confronti dei fabbricanti di motori a scoppio è inevitabile quando si tratta di quantità di emissioni.
Nel caso dei processi di produzione più complessi, come la digestione anaerobica delle colture dedicate, la norma considera il bilancio fra le emissioni nette (ad esempio per l’aratura ed il raccolto) e le emissioni risparmiate mediante la sostituzione dei fertilizzanti chimici con il digestato.
Finalmente, la norma UNI/TS 11435:2012 riporta il calcolo delle “emissioni tipiche” di una filiera Italiana tipo, e quindi non inclusa nella COM(2010)11 come quella della sansa disoliata. Stando agli indici di emissione, contenuti nella tabella dell’Appendice C, la sansa disoliata sarebbe la biomassa più sostenibile se venisse utilizzata nel raggio di 100 km, le sue emissioni sarebbero pari a soli 0,61 g eq.CO2/MJ, mentre quelle del cippato di legno da residui forestali pari a 1,02 g eq. di CO2 / MJ e quelle delle bricchette, o pellet di legno e residui forestali pari a 1,75 g eq. di CO2 / MJ.
Le emissioni più elevate sono quelle prodotte dal pellet di legno da coltivazione a ciclo breve (detta short rotation forestry) e consumato nel raggio di 200 km, ovvero pari a 7,28 g eq. di CO2 / MJ e del biogas da coltura dedicata ovvero pari a 21,46 g eq. di CO2 / MJ.
Le emissioni di gas serra delle biomasse, siano esse standard, tipiche o calcolate, vanno però riportate alle emissioni che produrrebbero i combustibili fossili di riferimento a parità di altri fattori. In questo senso, tutte le biomasse –compresa la FORSU, definita nella norma come “residuo generico non lavorato”- comportano risparmi notevoli, i quali vanno dal 98,5% -nel caso della produzione di calore mediante cogenerazione ad alto rendimento con cippato di legno da residui forestali e filiera corta- al 68% per il biogas da coltura dedicata nelle stesse condizioni.
Conclusione
Il concetto principale è stabilito nello scopo della norma in questione: la stessa vale esclusivamente per valutare le emissioni di gas di effetto serra delle biomasse nelle diverse ipotesi di filiera e processo di trasformazione, ma non tiene conto degli altri parametri indicatori di sostenibilità, che vanno calcolati secondo le norme pertinenti. Ad esempio, nel valutare la sostenibilità di un progetto di impianto di generazione elettrica con sansa disoliata, oltre alle basse emissioni di gas di effetto serra devono essere considerati anche le emissioni di: polveri sottili (PM10), odori dovuti allo stoccaggio e alla movimentazione. Inoltre devono essere considerati in modo adeguato i seguenti aspetti: l’effetto tossico dei lisciviati, che devono essere raccolti e trattati (il trattamento comporta altre emissioni di gas serra non considerate nel calcolo della filiera), i possibili effetti avversi sulla fauna, i rumori, ecc.
I lavori di aggiornamento della norma inizieranno i 2 novembre in seno al CTI (Comitato Termotecnico Italiano).