Il grano duro è un prodotto agricolo ed è anche una commodity: ovvero una materia prima che costituisce un fondamentale oggetto di scambio internazionale. E’ per questo motivo che la sua produzione, pur coincidendo con il momento della trebbiatura, non esaurisce immediatamente la fase commerciale, che dura per l’intero anno. Il che se da un lato è un vantaggio, sottraendo questo mercato al sortilegio della rigidità temporanea di offerta, tipica di tanti mercati agricoli, implica però capacità manageriali di gestione delle scorte, per evitare di vendere al momento sbagliato.
Questo articolo, in una forma semplice, cerca di spiegare come sono qualificabili i prezzi del grano duro, e da quali variabili sono indotti a variare. La prospettiva è quella di un mercato che dovrà diventare sempre più trasparente e competitivo, al fine di assicurare prezzi in campagna redditizi.
 

Il cereale pastificabile

I grani duri disponibili sul mercato si suddividono grosso modo in tre categorie note: il grano duro fino, il grano duro buono mercantile e il mercantile.
Il primo ha come caratteristica essenziale un tenore di proteine non inferiore al 12% (11,5% se biologico). Altre caratteristiche importanti: un peso ettolitrico vicino ad 80 chilogrammi, ovvero 80 chili devono stare in un recipiente dalla capacità da un ettolitro, e l’umidità, che deve attestarsi normalmente al 12%. Maggiori livelli di umidità pongono la derrata a rischio di contrarre più facilmente muffe e funghi, pregiudicandone la conservabilità. Il grano duro fino è quello di qualità richiesto dai molini per farne semola da avviare ai pastifici: maggiore è il tenore di proteine, minore è la probabilità che la pasta alimentare si spacchi, visto che viene essiccata ad alta temperatura ed in tempi molto ristretti, in modo da massimizzare l’utilizzo degli impianti e ammortizzare velocemente i costi dell’investimento industriale.
E’ ovviamente possibile produrre pasta con tenori di proteine più basse, è il caso della pasta biologica, ma con tempi di essiccazione e recupero degli investimenti ben più lunghi o prezzi della pasta più elevati. E date le tendenze in atto, gli altri grani tendono ad essere utilizzati prevalentemente per prodotti da forno tradizionali, dove subiscono la concorrenza del più economico grano tenero, o in zootecnia, insidiati un altro cereale, l’orzo, anche questo ben più economico. E hanno pertanto prezzi molto più bassi del fino.
Stabilito il campo di osservazione – il grano duro fino - vediamo ora quali sono i mercati e da cosa sono dominati.

Altri approfondimenti  

I prezzi all’origine in Italia

Ismea rileva i prezzi all’origine, ovvero frutto della contrattazione – in linea di massima - tra stoccatori-commercianti e gli agricoltori. Questi prezzi, detti anche prezzi di campagna, sono osservati su diverse piazze in tutta Italia e sono il frutto di rilevazioni settimanali, che vengono poi sintetizzate in un prezzo minimo e in un prezzo massimo, su ogni qualità di grano. I prezzi sono espressi al netto di Iva e alle condizioni di vendita, prevalentemente “Franco azienda”: questo significa che il compratore si accolla tutti gli oneri e i rischi relativi al trasporto sino ai suoi magazzini e in questo caso l’agricoltore spunta prezzi più bassi. In altri casi viene utilizzata la clausola “Franco magazzino arrivo” ovvero con i costi di trasporto, e i rischi che questo comporta, a carico dell’agricoltore. Sono prezzi di norma più elevati, poiché in realtà contengono un costo ulteriore rispetto alla normale produzione agricola. Una caratteristica dei prezzi all’origine è l’estrema variabilità tra piazze, dovuta alle caratteristiche medie delle aziende, alla loro maggiore o minore facilità nell’essere raggiunte per acquisire il carico e ad altri fattori non sempre noti. Per tutte queste ragioni, normalmente, i prezzi all’origine sono più bassi di quelli all’ingrosso.
 

I prezzi all’ingrosso in Italia

I prezzi all’ingrosso in Italia sono stabiliti per il grano duro nelle Borse merci delle Camere di commercio e di norma prevedono l’incontro della domanda (pastifici e molini) e dell’offerta (stoccatori e grossisti). In alcune camere di commercio, come in quella di Bari, in realtà si incontrano produttori agricoli e grossisti-stoccatori. In questo preciso caso il valore che se ne trae è qualificabile più esattamente come prezzo all’origine su mercato regolamentato, dove avviene non una mera rilevazione terza, ma una fissazione, anche se di prima fase commerciale. Per il grano duro fino - come per altre materie prime - le sedute di Commissione in Borsa merci sono settimanali e vengono formulati prezzi minimi e massimi riferibili a tutte le contrattazioni della settimana precedente, al netto di Iva e “franco partenza luogo di stoccaggio” ovvero con i costi di trasporto dai silos degli stoccatori alle aziende di trasformazione a carico della componente industriale.
 

Prezzi nazionali e contesto internazionale
I prezzi internazionali

Il determinarsi dei prezzi, sia all’ingrosso che all’origine, è molto complesso, come si vedrà: una componente che può influire, anche al di sopra dell’incrocio della domanda e dell’offerta su base locale, è rappresentata dai prezzi internazionali del grano duro, che presentano un contenuto informativo sintetico delle aspettative degli operatori e sulle disponibilità della commodity, sia al presente che nel prossimo futuro, per effetto delle quotazioni di contratti a consegna differita: i futures.
 In linea di massima, prezzi internazionali calanti – a  parità di altre condizioni - in genere spingono al ribasso i prezzi nazionali, poiché contengono informazioni intese a sottintendere abbondanza di prodotto. E così accade anche in opposta direzione: prezzi internazionali crescenti trainano al rialzo quelli nazionali. Ma non accade mai il contrario, a causa della bassa produzione relativa di grano duro italiano – intorno ai 5 milioni di tonnellate - rispetto a quella internazionale: sempre ben sopra i 30 milioni di tonnellate.
 

Le oscillazioni valutarie

I prezzi internazionali sono normalmente espressi nella valuta estera corrispondente al mercato di riferimento: dollari Usa o dollari canadesi. E ovvio che, a parità di ogni altra condizione di mercato e di prezzo internazionale, una eventuale svalutazione delle divise citate contro euro determina una maggiore convenienza immediata a comprare grano sul mercato cash. Una svalutazione duratura e strisciante addirittura può spingere gli operatori nazionali a stipulare contratti di fornitura sul mercato a termine d’oltreoceano, nell’aspettativa che il conto in euro alla fine sarà ancora più leggero. Oscillazioni valutarie contrarie, ovviamente, sortiscono effetti opposti. Le oscillazioni valutarie pure influenzano però solo gli operatori che hanno un rapporto episodico con i mercati esteri, e che quindi non tendono a stipulare polizze sulle oscillazioni di prezzo delle valute o dei contratti oggetto di negoziazioni.
 

I fattori che determinano i prezzi nazionali
Domanda e offerta di liquidità

Gli operatori di mercato possono avere necessità di essere liquidi per fare fronte a contratti onerosi giunti a scadenza: pagare grano che hanno già ritirato. In questo caso si osserveranno maggiori vendite, che a parità di altre condizioni possono condizionare i prezzi al ribasso. Può avvenire il contrario, ovvero che gli operatori devono consegnare grano per rispettare i patti, e ne hanno in magazzino meno del previsto, nel qual caso si registrano molte più richieste di acquisto sia sui mercati all’ingrosso che su quelli all’origine. Tali situazioni, beninteso, sono prevalenti dei mercati all’ingrosso, ma possono condizionare anche i mercati all’origine, sia per l’effetto di trascinamento dei prezzi all’ingrosso su quelli in campagna, sia per il comportamento dei grossisti e degli stoccatori verso gli agricoltori.
 

La domanda e l’offerta di prodotto

Il grano duro è sempre presente sui mercati e le normali variazioni di domanda, a parità di offerta, o di offerta a parità di domanda, hanno effetti anche duraturi sui prezzi. Una maggiore domanda, ad esempio di grano duro nazionale, trainata dai timori per una minore futura disponibilità temporanea di grano duro estero, pure a parità di offerta, determina un sicuro aumento dei prezzi, sia del cereale nazionale che di quello estero del quale si avverte la possibile futura scarsità. Tale fenomeno è ben rappresentato dalla recente sequela di rincari sui mercati all’ingrosso di Foggia e della Borsa merci di Bari, dove sono quotati i cereali esteri.
 

La stagionalità

Un elemento specifico che influenza il prezzo è la stagionalità. Ad inizio campagna commerciale, fine giugno - inizio luglio, i prezzi non sono rappresentativi del mercato e della sua reale profondità, poiché non sono ancore note le quantità prodotte e il livello qualitativo medio, sia in Italia che all’estero: i prezzi sono pertanto molto volatili. Man mano che queste informazioni vengono recepite dagli operatori, i prezzi iniziano ad essere più significativi e ad assumere tendenze ben delineate. Tale condizione inizia poi a perdersi con l’approssimarsi della successiva mietitura, poiché scarseggia il grano in campagna e iniziano ad essere intaccate le scorte commerciali, con l’effetto in genere di tenere i prezzi più elevati, a parità di ogni altra condizione.
 

Le avversità

Le avversità condizionano fortemente i prezzi, poiché sono messe in diretta relazione con la disponibilità maggiore o minore di prodotto a breve termine. Per esempio, in tempi recenti, condizioni meteo avverse durante il raccolto di grano duro in Canada hanno prodotto, pur in presenza del bene sul mercato italiano, un’aspettativa di grano troppo umido, e quindi non utilizzabile in pastificazione. Tale aspettativa ha trascinato al rialzo sia il grano duro nazionale, che quello Canadese giunto sui nostri mercati e che a perizia non presentava eccessi di umidità. La maggiore disponibilità di grano duro canadese sui nostri mercati nelle ultime settimane, e di attestato buono stato sanitario, ha contribuito invece a fermare la corsa al rialzo, almeno per ora.  
 

Le intenzioni di semina e le previsioni sui raccolti

In periodo di semina enti di ricerca o media specializzati, con proprie inchieste, saggiano le intenzioni di semina, sia in Italia che all’estero. I risultati di queste intenzioni sono ritenute dagli operatori di mercato predittive della disponibilità di grano ad un anno sui mercati, e - a parità di ogni altra condizione - possono comportare rialzi se le intenzioni di semina sono maggiori rispetto alle aspettative degli operatori di mercato e, viceversa, possono generare ribassi nel caso tali intenzioni si rivelino inferiori alle attese. E’ da notare anche che le intenzioni di semina sono molto condizionate dai prezzi vigenti nel momento in cui vengono effettuate le interviste.
Analogamente, le previsioni di raccolto hanno effetti duraturi sui prezzi: se in calo trainano i prezzi al rialzo, se in crescita tendono a spingere i prezzi al ribasso.
 

Le variazioni delle scorte

Informazioni rese da enti nazionali, come ad esempio il Dipartimento per l’Agricoltura degli Usa o dalla Commissione Ue o dalla Fao sulle scorte internazionali di grano duro, possono determinare veri e propri terremoti sui mercati. Questo perché se già il mercato è sensibile alle intenzioni di semina, che se negative annunciano solo una possibile riduzione delle scorte, con relativo aumento dei prezzi, una informazione che affermi che le scorte sono effettivamente diminuite, avrà un effetto positivo sui prezzi ancor più forte e tanto più forte quanto meno elevato era stato un eventuale aumento legato ad intenzioni di semina negative.
 

L’andamento dell’import

Ad incidere sul mercato italiano ovviamente sono i volumi delle importazioni, e segnatamente quelle di importazioni canadesi, da cui deriva una parte importante del grano pastificabile. L’abbondanza di import ovvero la sua crescita, rende i mercati stabili o coi prezzi nazionali al ribasso. Riduzioni significative delle importazioni, come avvenuto nella passata stagione commerciale, rafforzano aspettative di scarsità e possono suscitare prezzi crescenti. L’incrocio tra domanda ed offerta interna di grano duro determina il fabbisogno dell’industria nazionale dalle importazioni.
 

L’importanza dei mercati regolamentati

Il mercato del grano duro, in ragione della sua vastità ed importanza, ha la necessità di essere sempre più trasparente, proprio per tutte le variabili che possono influenzarlo. Oggi i mercati regolamentati, ovvero le Borse merci, godono di un assiduo monitoraggio da parte della Borsa merci telematica italiana, che ha costruito il Finc: Fixing indicativo nazionale camerale. Si tratta dell’indicatore sintetico dei prezzi all’ingrosso, realizzato da Bmti e REF - Ricerche, ottenuto da una specifica media delle rilevazioni prezzi di un nucleo selezionato di Camere di commercio e Borse merci.
Il passo successivo dovrebbe essere la costituzione di una Commissione nazionale unica di borsa, per avere un prezzo unico per l’Italia intera ed limitare il fenomeno della negoziazione tra borse a puro titolo speculativo.