L'inverno si avvicina e chi abita in campagna o in montagna ha la legnaia piena per affrontare il freddo della stagione. Sebbene la combustione di legna sia una forma di riscaldamento poco efficiente e che ha un impatto negativo sulla qualità dell'aria, sono ancora molte le abitazioni in cui la fonte principale di riscaldamento è rappresentata da camini aperti e stufe alimentati a legna.

 

Se in commercio ceppi e pellet sono di facile reperimento e ad un prezzo spesso abbordabile, in molti preferiscono procurarsi la legna da soli. Ma quali sono le norme che regolano il prelievo di legna da un bosco?

 

Prima di tutto occorre distinguere se il bosco è di proprietà oppure se è demaniale, quindi pubblico e gestito dalla regione o dal comune.

 

Nel primo caso la situazione è abbastanza semplice. Se nella propria azienda agricola una parte del terreno è coperta da bosco, l'agricoltore può prelevare la quantità di legna utile al suo fabbisogno. Non può invece commerciare tale bene sena autorizzazione, anche se gli alberi da cui ricava la legna ricadono nel proprio terreno.

 

In ogni caso l'agricoltore deve informarsi presso il proprio comune, in quanto spesso sono presenti dei vincoli alla quantità di legna che può essere prelevata e può essere necessario comunicare l'intenzione di taglio e (non sempre) ricevere una autorizzazione prima di procedere. Inoltre il bosco, sia pure di proprietà, può essere soggetto a vincoli che vietano o regolano l'abbattimento delle piante.

 

Il diritto di legnatico: prelevare legna da un bosco pubblico

Situazione diversa è quella invece in cui l'agricoltore o il privato cittadino voglia prelevare legna da un bosco pubblico, esercitando il cosiddetto "diritto di legnatico".

 

Il diritto di legnatico è un'antica forma di diritto d'uso che permette ai cittadini di raccogliere legna da un bosco comunale o demaniale per soddisfare le proprie esigenze domestiche, principalmente per il riscaldamento o per piccoli lavori artigianali. Questo diritto è legato alla consuetudine e ai regolamenti locali e, in passato, rappresentava una delle forme di godimento collettivo dei beni naturali.

 

Il diritto di legnatico ha radici antiche, risalenti a epoche in cui le comunità locali gestivano collettivamente le risorse naturali. Era uno dei diritti d'uso civico, ovvero quei diritti che spettavano agli abitanti di una comunità su determinate risorse naturali (come boschi, pascoli, acque). Questo diritto non era di proprietà, ma di uso: significava che le persone non diventavano proprietarie della legna o del bosco, ma potevano prelevarne una parte per soddisfare specifici bisogni.

 

Il diritto di legnatico solitamente consente la raccolta di legna secca (ramaglie e legna caduta naturalmente) o, in alcuni casi, il taglio controllato di piante per il riscaldamento domestico. Il tipo e la quantità di legname che si può raccogliere sono definiti da regolamenti comunali o consuetudini locali.

 

Ogni comune o ente gestore stabilisce regole precise su come e quando esercitare questo diritto. Possono essere indicati periodi specifici per la raccolta, tecniche di taglio consentite e limiti quantitativi annui. Spesso, per esercitare questo diritto, è necessario ottenere un'autorizzazione dall'ente gestore (comune o altra autorità locale). In alcune aree, le persone devono pagare un piccolo contributo per l'esercizio del diritto di legnatico.

 

Il diritto di legnatico è soggetto a restrizioni volte a proteggere il patrimonio forestale e l'ecosistema. Ad esempio, possono essere imposti divieti di raccolta in aree particolarmente sensibili o nei periodi di nidificazione degli uccelli. In molte regioni italiane, l'esercizio del diritto di legnatico deve essere compatibile con i piani di gestione forestale e con eventuali vincoli ambientali e paesaggistici.

 

È sempre bene dunque rivolgersi al proprio comune, per capire quali sono le regole e quindi effettuare un prelievo di legna legale e responsabile.

Leggi anche Legna da ardere al miglior prezzo