L'obiettivo è vagliare tutti gli strumenti, le tecniche colturali e le varietà specifiche affinché nella zona infetta si possa, in futuro, tornare alla normalità e alla ripresa della coltivazione dell'olivo.
E' quanto emerso durante il quinto appuntamento di audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva legata alla diffusione della Xylella fastidiosa in Puglia, condotta dalla Commissione Agricoltura della Camera dei deputati, che ha visto la partecipazione del direttore del Centro colture sperimentali Aosta (Ccs) Giusto Giovannetti e di Bruno Caio Faraglia, funzionario responsabile del Servizio fitosanitario centrale presso il ministero delle Politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. Durante l'audizione l'accento è stato posto sui sistemi di controllo fitosanitario dei confini europei e nell'attuazione delle procedure sul territorio nazionale.
"Come già ribadito nel corso di questa indagine conoscitiva – dichiara il deputato pugliese Giuseppe L'Abbate (M5S) – l'Unione europea ha un sistema di controllo fitosanitario aperto: al contrario, ad esempio, degli Stati Uniti, sul territorio comunitario può entrare di tutto tranne ciò che è espressamente vietato. Questo ha comportato l'arrivo della Xylella fastidiosa nella nostra regione, mettendo in allarme l'intero continente. Se questo batterio è sempre stato presente nella normativa comunitaria – prosegue L'Abbate – non si è però mai previsto un controllo specifico a livello europeo finché non vi è stato il primo ritrovamento".
"E se il Servizio fitosanitario nazionale ha indirizzato la Regione Puglia sulle procedure da mettere in atto previste dalla quarantena, non si è verificata purtroppo quella tempestività d'azione pratica da parte dell'Ufficio regionale sin dal primo rinvenimento a Li Sauri in Salento" ha aggiunto L'Abbate.
"Ora, come ha illustrato il dottor Faraglia (Mipaaft) – continua il deputato 5 Stelle – la normativa cambierà e prevedrà una struttura operativa nazionale in grado di mettere in atto interventi risolutivi qualora siano necessari, senza demandare totalmente alle periferie, spesso depotenziate e in carenza di personale, come avvenuto sinora".
A pagarne lo scotto è stato, inoltre, il settore vivaistico che ha visto perdere centinaia di migliaia di euro di fatturato a causa del totale blocco, molto spesso strumentale, delle importazioni da parte degli altri stati. I flussi commerciali, interrotti spesso a causa di campagne stampa estere inutilmente allarmistiche, sono stati talvolta riattivati grazie alle rassicurazioni sui ferrei controlli nazionali.
Sul territorio italiano, invece, non possono più circolare piantine orticole prodotte da vivai della zona di contenimento o infetta se presenti nell'elenco Efsa come possibili fonti di inoculo. Faraglia (Mipaaf), rispondendo ad una domanda del deputato L'Abbate (M5S), ha illustrato come il commercio in quelle zone non sia vietato mentre sono praticabili alcune strade per poter permettere ai vivaisti di esportare in altri territori le proprie produzioni.
"Non una sola pianta infetta è stata trovata in un vivaio pugliese – commenta il deputato L'Abbate (M5S) – Mettere in ginocchio un intero comparto che, a sua volta, è linfa vitale per interi settori agricoli come la coltivazione di brassicaceae (cime di rapa, cavoli, etc), pomodori, melanzane non è accettabile. Ed è per questo che vaglieremo tutte le possibili soluzioni da attuare per permettere ai vivaisti di continuare il loro lavoro – conclude il deputato 5 Stelle – cercando di pressare la Regione Puglia per il sostegno economico necessario a realizzare le modifiche strutturali e procedurali che la normativa prevede pur di non ammazzare il settore".