Lo ha dichiarato Saverio De Bonis, coordinatore della Fima, Federazione italiana movimenti agricoli, a seguito della preoccupante condizione in cui versa il comparto.
"Il mercato dello zucchero – precisa la Fima - ha conosciuto infatti un punto di svolta nel 2006, quando il settore ha subìto un drastico ridimensionamento in seguito alle politiche comunitarie. Risultato: la chiusura di 15 zuccherifici su 19! Posti di lavoro buttati al vento e aumento della nostra dipendenza dalle importazioni".
De Bonis sottolinea la "situazione produttiva desolante": nel nord Italia sono attivi solo tre zuccherifici, sui quattro operanti, con circa 50.000 ettari di terreni coltivati a bietole (prevalentemente in Emilia, Veneto e Lombardia). Ai tre zuccherifici del nord (situati a Minerbio (Bo) e Pontelongo (Pd) del gruppo Coprob/Italia Zuccheri e a San Quirico (Pr) di Eridania Sadam) fa riferimento una quota di produzione di 424.000 tonnellate. Per il quarto, che fa capo allo Zuccherificio del Molise, sono in atto iniziative per garantirne la continuità produttiva, ma le speranze sono ridotte al lumicino e rischiano di cancellare definitivamente il comparto al sud.
"Quest’anno – evidenzia De Bonis - i produttori del Mezzogiorno non sanno a chi conferire le proprie barbabietole!"
La produzione nazionale, secondo i dati Unionzucchero, è di circa 509.000 tonnellate mentre il consumo di zucchero si attesta tra 1.650.000-1.700.000 tonnellate, per oltre il 75% assunto attraverso cibi e bevande.
Le importazioni, in costante crescita negli ultimi anni e inizialmente provenienti da Francia e Germania, sono destinate a aumentare in quote rilevanti da Paesi in via di sviluppo.
"Il mercato però – fa notare De Bonis - è avviato per la quarta stagione consecutiva a registrare un forte surplus di offerta. Tuttavia dopo aver smantellato in Europa questo comparto, ritenuto poco strategico, in cui c’erano 85 zuccherifici, di cui 19 in Italia, a distanza di dieci anni ci si è accorti che il prezzo mondiale dello zucchero, invece che diminuire, è passato da 300 dollari/tonnellata a oltre 500 dollari/tonnellata, raggiungendo anche picchi di 800 dollari, grazie alla speculazione".
"Alcune forze politiche – prosegue il coordinatore di Fima - si affannano a chiedere un intervento del ministro delle politiche agricole, Martina, che adotterà magari l’ennesimo intervento tampone per singole filiere, senza però andare al cuore del problema: ovvero l’importanza strategica della nostra agricoltura, di tutta l’agricoltura, e la necessità di aumentare gli investimenti pubblici a sostegno di tutto il comparto e non di una sola parte".
"Bisogna far capire all’opinione pubblica e alle istituzioni – conclude la nota - che barattare le materie prime agricole europee per favorire altri scambi commerciali, in nome della deregolamentazione, nel lungo termine non paga ed espone al rischio di non soddisfare nemmeno l’autoapprovvigionamento, mettendo a repentaglio la salute dei consumatori europei".
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Fonte: Anlac