Già vi è la Fao ad essere convinta circa il futuro alimentare dell’Umanità, inclusa quella che vive nell’opulento Occidente, nutrito fino a ora a bistecche, latte, salumi e formaggi. Anche in America e in Europa potrebbe essere a breve obbligatorio prendere in considerazione come fonti di cibo gli insetti. Quasi due miliardi di persone al Mondo già ricorrono a questi abbondanti esponenti del Regno Animale per assimilare proteine. Quindi perché non dovrebbe adeguarsi anche il cittadino di una grande capitale europea? Vegani a Fruttariani a parte, ovviamente, i quali rifiutano l'ingestione di qualsiasi cibo che non sia di origine vegetale, sebbene sia capitato in passato di sentire qualche esponente poco accorto del Mondo Vegan affermare che, in fondo, gli insetti non sono animali, dimostrando che la madre degli imbecilli è sempre incinta e fa spesso parti plurigemellari.
A rafforzare le ipotesi della Fao giungono ora anche le ricerche e le proposte dell’Università olandese di Wageningen, ove opera in qualità di docente Vincenzo Fogliano, uno dei tanti ricercatori Italiani emigrati all’estero, evidentemente. Alle istanze entomologiche di Fogliaro fanno infine eco quelle di Mario Tredici, docente fiorentino, il quale ha illustrato al “ChimAli”, X Congresso di chimica alimentare, l’opportunità di coltivare alghe marine come ulteriore forma di cibo.
Sicuramente, insetti e alghe presentano fattori di conversione molto più elevati di suini e bovini, come pure potrebbero essere allevati senza sottrarre ulteriore terra al Pianeta. Gli insetti possono per esempio crescere anche su escrementi e rifiuti appartenenti alla cosiddetta frazione umida, cioè quella dove per esempio le larve di alcuni ditteri possono brulicare a chili nel giro di pochi giorni. Le alghe unicellulari marine, come per esempio quelle del genere Spirulina, si moltiplicano velocemente trasformando materiali inorganici in organici attraverso il medesimo processo di fotosintesi già utilizzato dalle piante. Le loro masse potrebbero essere quindi filtrate, raccolte e processate per produrre elementi nutritivi, arricchibili poi con vitamine o altri elementi essenziali.
In teoria, pensando a quanto sopra esposto, nei piatti del futuro potrebbe esservi un bel fritto di cavalette o di larve di lepidottero, accompagnate da un contorno di sfogliatine di alga. Certamente, la disponibilità di questi cibi sarebbe molto elevata, ma nei Paesi del Primo Mondo si presentano ovvie difficoltà in termini di abitudini alimentari. Pensare di lanciare un nuovo stile alimentare basato su larve di insetti e alghe pare quindi impresa ardua, non solo dal punto di vista culturale, ma anche e soprattutto da quello normativo. Sicuramente, potrebbe aiutare la progressiva introduzione di questi alimenti nella filiera zootecnica. Non solo bovini e suini, ma anche pesci e pollame d’allevamento potrebbero benissimo essere alimentati con cibi di origine entomologica e marina, salvo poi essere a loro volta mangiati dall’Uomo, il quale ancora preferisce il gamberone alla griglia rispetto alla cavalletta fritta. E ciò ovviamente non stupisce, perché se il discorso si ferma al contenuto proteico i conti tornano, se si passa invece a quello organolettico il meccanismo s’inceppa. Se infatti non pare difficile il passaggio da una dieta basata sui bacherozzi a una basata sulle bistecche, molto più gustose e palatabili, non altrettanto facile è il percorso inverso, anche ricorrendo a preziosi oli extravergini d’oliva e ad abbondanti rami di rosmarino per insaporire larve di varia natura e alghe marine.
Nonostante le indubbie potenzialità nutrizionali, lascia quindi perplessi l’idea di voler far mangiare agli Occidentali quei medesimi cibi che per alcune popolazioni mondiali non sono affatto una scelta gastronomica, bensì una dolorosa necessità.
A Stalingrado, del resto, durante l’assedio della Seconda Guerra Mondiale, sparirono anche cani, gatti e perfino ratti. Perché, come si diceva nell’incipit di questo articolo, la fame è brutta.