Cinquecento chilometri quadrati all'anno di territorio consumato da interventi edilizi, più o meno controllati, per un totale di 2milioni 350mila ettari urbanizzati; a dire il 7,6% del territorio nazionale. Queste le stime del rapporto di Legambiente - Ambiente Italia (maggio 2011) dedicato al consumo di suolo. A farne maggiormente le spese i terreni agricoli e, solo in minor misura, i terreni incolti o boschivi.

Un dato questo che assume particolare importanza alla luce della bocciatura che il nucleare ha subito con il referendum, allorché il collegamento produzione energetica da fonti rinnovabili, agricoltura e tutela del territorio diventa immediato oltre che indissolubile.

La portata del fenomeno si evince dalla reazione immediata della borsa; effetto da mantenere controllato e che, secondo Coldiretti, rende più che mai concreto il rischio di speculazioni nel settore.

Lo stop al nucleare trasforma, spiega Coldiretti, la produzione di energia rinnovabile in opportunità per il settore agricolo a patto che vengano rispettati gli equilibri ambientali e paesaggistici e venga garantito il minor consumo possibile di territorio.

Durante il Forum internazionale sull'energia promosso dall'organizzazione, è emerso come dalle campagne italiane si possa, nei prossimi dieci anni, ottenere energia rinnovabile in grado di sostituire tre centrali nucleari senza, di contro, causare danni al territorio. Ciò, grazie alla capacità degli impianti agricoli di piccole dimensioni di impiegare l'energia termica prodotta evitando gli sprechi e valorizzando i residui delle attività agricole, forestali e zootecniche.

Anche Confagricoltura, facendo riferimento ai dati del rapporto sulle bioenergie in Italia portato a termine con Nomisma, spiega come sfruttando le potenzialità del mondo agricolo tra cui le colture dedicate, gli scarti colturali e i reflui zootecnici, sarà possibile fornire fino al 20% dell’energia rinnovabile prevista nel 2020, che per l'Italia ammonta al 17% dei consumi energetici finali.

L'approccio ottimistico della ricerca vede sfruttato la metà del potenziale rinnovabile per una produzione energetica di 4,2 mtep (milioni di tonnellate di petrolio) pari al 128,8% di energia verde sul totale del consumo agricolo.

La visione pessimistica implica lo sfruttamento di un quinto del potenziale per una produzione energetica di 1,7mtep, ovvero, mille volte superiore a quella attuale.

Leggermente al rialzo le stime di Coldiretti, che attribuiscono all'agricoltura al 2020 una produzione energetica potenziale complessiva di 15,80 mtep segnando, rispetto alla produzione attuale, un aumento di 11,50 mtep in 10 anni e arrivando ad un contributo complessivo sul bilancio energetico nazionale dell'8% circa.

Inoltre, il coinvolgimento diretto del mondo agricolo nello sviluppo delle rinnovabili, segnala l'associazione, eviterebbe l'emissione di 26,37 milioni di tonnellate all'anno di anidride carbonica.

Ma, per attivare questo processo sono necessarie un politica mirata, la definizione di procedure autorizzative semplificate effettivamente rivolte agli impianti di piccola taglia, la differenziazione dei livelli di incentivazione e l'attuazione del recente D.L. 28/11 in materia di incentivi per biomasse e biogas.