“Passata è la tempesta... Ecco il sereno... Ogni cor si rallegra, in ogni lato... Torna il lavoro usato... O natura cortese”. Stralci di arte leopardiana scomodati per chiedersi: è giunta davvero la quiete dopo la tempesta? Possiamo considerare i dati Ismea sui prezzi all'origine dei prodotti agricoli rilevati per il mese di novembre, come un segnale di scampato pericolo?
Che il peggio sia effettivamente passato lo possiamo solo sperare, Ciò che possiamo constatare è che i prezzi all'origine hanno raggiunto quota 102,6. Si tratta - in virtù di un incremento di 11,9 punti percentuali sullo stesso dato dell'anno precedente e di 2,9 punti percentuali sul dato a base mensile - del livello più alto registrato da due anni a questa parte.
Stiamo assistendo, secondo le rilevazioni registrate da Ismea, ad un fenomeno trasversale a tutti i settori del comparto ad eccezione della frutta che, rispetto allo scorso mese di ottobre, cede l'1,1% mentre registra un più 6,3% su base annua.
Scomponendo l'analisi per settori, l'avvio del mese di novembre è stato caratterizzato da una tendenza al rialzo dei prezzi dei cereali con incrementi dell'indice di 2,8 punti percentuali sul dato di ottobre. L'aggiornamento al rialzo per il frumento tenero è stato accompagnato da una riduzione per il duro che, segnando una battuta d'arresto, ha registrato una variazione congiunturale negativa dell'indice dell'1,9%. Superando il risultato di ottobre, infine il riso, sale uno scalino con valenza di ben 13.7 punti percentuali.
“I cereali l'anno scorso erano finiti in un'onda bassa di speculazione vista la crisi economica planetaria” afferma il direttore di Coldiretti Piemonte in un commento ai dati Ismea dello scorso mese di ottobre in cui si osservava un segno positivo nella crescita di prezzi agricoli su base annua “ora finalmente ne sono usciti ma” prosegue “non vanno trascurati gli incendi che hanno interessato Russia ed Ucraina considerate insieme il granaio d'Europa” ed il cui effetto è stata la notevole riduzione della quantità di prodotto offerto sul mercato.
Ampliando il campo d'osservazione e ponendo a confronto i prezzi nazionali con quelli mondiali in riferimento ai dati che fotografano la situazione alla prima settimana di novembre, per quanto riguarda il grano tenero lo scenario pare legato all'andamento altalenate delle piazze europee, dove si è un po' speculato sulla possibile situazione di siccità degli Stati Uniti.
Per il grano duro i dati, sempre relativi alla prima settimana di novembre, fotografano un prezzo nazionale stabile affiancato da prezzi esteri e comunitari in tendenziale contrazione.
Tornando ai dati Ismea del mese di novembre è in fase di recupero il comparto del mais e degli alimenti per il bestiame che, relativamente al granturco ibrido nazionale, segna un +1% portandolo a 204 euro per tonnellata. In crescita anche i prezzi del comparto zootecnico +7,1% su base annua, e prosegue il trend positivo di latte e derivati (+11,6%).
"L'approssimarsi delle festività natalizie” commenta Coldiretti, “favorisce il recupero dei prezzi di avicoli (+18,7%), conigli (+6,3%), bovini (+4,7%) e ovi-caprini (+1,6%)”.
Per il bestiame suino, invece, l'indice segna riduzioni su base annua del 3,3%. Segnalato dall'associazione il 'meno' riportato dal valore aggiunto in agricoltura che, secondo gli ultimi dati Istat, fa registrare un calo dello 0,8% nel terzo trimestre del 2010 rispetto allo scorso anno nonostante i successi raccolti dal made in Italy agroalimentare all’estero e in Italia.
“Il dato generale” hanno commentato, “vede un aumento del Prodotto interno lordo dell'1,1% rispetto al terzo trimestre 2009 ad effetto di un aumento nell’industria e nei servizi”.
Secondo Coldiretti “si stanno vivendo i drammatici effetti di quelli che sono i due furti ai quali è sottoposta giornalmente la nostra agricoltura: da una parte il furto di identità e di immagine che vede sfacciatamente immesso in commercio cibo proveniente da chissà quale parte del mondo come italiano; dall'altra il furto di valore aggiunto che vede sottopagati i nostri prodotti agricoli senza alcun beneficio per i consumatori”.
“La recente risalita dei prezzi all'origine non basta per rilanciare la produzione e l'export” rincara Confagricoltura, “costi produttivi ed oneri sociali elevati – in primis quelli del lavoro – burocrazia, prezzi non sempre remunerativi, debolezza nei rapporti contrattuali di filiera e impossibilità ad avviare innovazioni, frenano lo sviluppo e la competitività delle imprese agricole sul mercato globale”.
E' la Cia infine a dichiarare che “lo scorso anno i prezzi sono scesi del 14%. Il recupero di circa 11 punti percentuali non compensa, quindi, le perdite registrate nel 2009. Siamo ancora ai livelli del 2008” conclude l'organizzazione.