Berne magari poco, perché con l’alcol non si deve scherzare, ma almeno berlo buono.
Questa è in sostanza la sintesi dell’esperienza sensoriale guidata da Christian Fabrizio, di Autoctono, esperto di vini, intervenuto in occasione dell’evento Syngenta sulla botrite della vite presso la tenuta Contadi Castaldi in Franciacorta.
 
Pesante può infatti essere l’impatto aromatico delle infezioni da Botrytis cinerea e dei marciumi secondari correlati. Gli attacchi di botrite aprono infatti la via anche allo sviluppo di odori e sapori sgradevoli portati da altri microrganismi. Sugli acini infettati da muffa grigia si insediamo penicilli e aspergilli che producono decine di molecole sgradite e sgradevoli. Basta quindi che il 10-15% dei grappoli siano colpiti da botrite e molti produttori considerano le uve non più commercializzabili. Il Sotolone, per esempio, è un lattone, ovvero un composto aromatico estremamente potente nel sapore e nell’odore. Conferisce al vino il caratteristico odore di fieno greco o di curry. L’(R)-1-Otten-3-olo è invece il componente principale del sapore e dell’odore di funghi e di ferro. Talvolta può infatti capitare di annusare vini che emanano un vago “odore di pelle insanguinata”. Gli esperti degustatori, non a caso, usano terminologie che agli occhi dei consumatori più comuni appaiono abbastanza astrusi. Come quando si afferma che un vino emana l’odore “di pelo di volpe bagnata dalla rugiada della mattina”.
Sfugge quindi ai profani che odore avrà mai il vino se la volpe è stata bagnata da una pioggia caduta ormai a sera. Facili ironie “sommelieristiche” a parte, le due sostanze sopra menzionate non sono certo le uniche a storpiare i vini al naso e al palato. La geosmina è un composto biciclico che ha la particolarità di conferire, anche a concentrazioni molto basse, un forte sentore di terra, fungo e muffa. La 2-isopropil-3-metossipirazina (IPMP) è invece il composto responsabile del sapore di peperone, per qualche verso anche gradevole, ma anche di patata terrosa o perfino di “coccinella”. Ne basta un solo nanogrammo per litro per avvertirne la presenza, quindi contaminazioni a dosi “omeopatiche” possono pregiudicare intere partite di vino.
Infine, il 2-metil-isoborneolo, il quale induce il cosiddetto odore di tappo con “note canforate”. Note le quali, visto il riferimento alla canfora, terranno magari lontane dai calici le camole degli armadi, ma anche il palato dei consumatori. Su bacca rossa il 2-metil-isoborneolo si può generare anche per la sola botrite, senza bisogno dell’intervento di altri microrganismi. Di questa sostanza si possono percepire nell’ordine dei micro o addirittura dei pochi nanogrammi per litro. Quindi ne basta pochissimo per guastare la festa ai vignaioli e ai loro clienti.
 
In considerazione di ciò, quando in futuro si aprirà una bottiglia pregiata, pagata il giusto prezzo, e se ne potranno apprezzare esclusivamente profumi e sapori piacevoli, si ricordi quindi che quella soddisfazione per olfatto e palato è nata in buona parte in vigna, grazie all’attenzione prestata dai viticoltori alle infezioni di botrite.