Il sapore amaro è sempre stato associato al tema della salute e non per niente la medicina è per definizione amara. Ma gli amari sono anche quei liquori a base di erbe selvatiche e spezie ai quali veniva riconosciuta una lunga serie di proprietà benefiche. Il sapore amaro si associa anche all'appetito e infatti nella tradizione di molte regioni italiane prima del pasto della domenica si è soliti assaporare un aperitivo dal gusto amaro per stimolare l'appetito.
Oggi però l'amaro piace sempre di meno ai consumatori e così le aziende sementiere stanno mettendo a punto varietà in cui la molecola responsabile del sapore (feniltiocarbammide) è meno presente o assente. Si sta lavorando su piante quali la catalogna, l'indivia, il radicchio, il cavolfiore e tanti altri con l'obiettivo di addolcirne il sapore e renderlo più appetibile, soprattutto per le nuove generazioni.
Non bisogna però pensare che il sapore amaro sia uguale per tutte le persone, ci sono individui che lo percepiscono in maniera molto marcata e altri invece che non lo sentono affatto. La percezione dipende soprattutto dal nostro patrimonio genetico, ma anche dall'età del consumatore e dalla sua etnia.
L'amaro, una questione di geni
A livello genetico i recettori del sapore amaro sono codificati da una famiglia di geni chiamata TAS2R. Ma le varianti che determinano la sensibilità di un individuo sono legate al gene TAS2R38 che può presentarsi in tre diverse varianti, la combinazione delle quali determina il grado di sensibilità all'amaro.
C'è chi è insensibile all'amaro e chi invece è sensibilissimo a questo gusto, mentre la maggior parte delle persone ha una sensibilità media. Dunque, persone con papille gustative particolarmente ricettive possono trovare immangiabile un cibo che invece risulta gradevole per chi è insensibile.
Uno studio condotto da ricercatori dell'Università del Kentucky ha dimostrato che le persone che percepiscono in maniera elevata il sapore amaro è più probabile che abbiano una dieta povera di verdura. Per questi individui quindi la possibilità di acquistare ortaggi con un basso contenuto di feniltiocarbammide rappresenta l'opportunità di avere una dieta sana e varia.
Ma la percezione dell'amaro è influenzata anche da altri fattori. Ad esempio lo studio dell'Università di Copenaghen ha evidenziato come ci siano delle differenze nella capacità di percepire il sapore amaro tra il popolo danese e quello cinese. Sembra che questi ultimi siano infatti molto più sensibili all'amaro e questo sarebbe dovuto alla presenza di un maggior numero di recettori sulla lingua. Mentre i consumatori danesi ne avrebbero meno e quindi sarebbero più propensi a cibarsi di alimenti amari.
Ad influenzare infine le abitudini alimentari delle persone c'è anche l'età. I giovani sarebbero infatti molto più recettivi a gusti e odori a causa di un apparato gustativo estremamente ricettivo. Questo è il motivo per cui ad esempio tra i giovani il consumo di alimenti con sapore amaro è scarso, mentre aumenta con l'invecchiamento della popolazione. Ed è anche il motivo per il quale le persone più anziane tendono a condire molto gli alimenti, ad esempio con il sale, in quanto la loro capacità di percepire gusti e aromi è inferiore rispetto a quella di una popolazione giovane.
Sbaglia dunque chi pensa che le abitudini alimentari siano dovute esclusivamente alla cultura e all'educazione che si è ricevuta in famiglia. Esiste anche una componente genetica che può aiutarci a capire il comportamento dei consumatori. E sempre la genetica è in grado di selezionare varietà in grado di rispondere ai differenti gusti della popolazione.