Si è parlato di progetti innovativi a sostegno delle imprese agroalimentari della Campania nel corso della giornata conclusiva del XXIX Convegno residenziale sulla sanità di prevenzione di Laceno (Avellino), promosso dall'Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno in sinergia con l'Ordine dei Medici veterinari della provincia di Avellino e con la Asl di Avellino.

Ieri, 19 marzo 2017, tema dell'ultimo di una tre giorni di dibattiti è stato "Una nuova economia di sistema in Campania". Ed è apparso chiaro che la Campania si candida a diventare un modello da esportare sia sul piano della sicurezza che su quello della valorizzazione degli alimenti di origine zootecnica.

Giovanni De Feo del dipartimento di Ingegneria industriale dell'Università degli studi di Salerno ha presentato il progetto "Green cycle, certificazioni ambientali di prodotto e processi produttivi sulle filiere agroalimentari campane" realizzato con l'Izsm, il dipartimento di Ingegneria industriale dell'Università degli studi di Salerno e Legambiente Campania.
"Il progetto - ha spiegato - prevede di effettuare una valutazione del ciclo di vita dei processi produttivi con lo scopo di migliorare l'impatto ambientale delle aziende".
 
"Gli obiettivi da perseguire sono diversi: avviare un percorso di certificazione ambientale, fornire un supporto per i progetti Psr, creare un database di dati aziendali e ambientali e progettare azioni di miglioramento delle performance ambientali. Un progetto che rappresenta una bella sfida e una grande opportunità per le aziende e per l'ambiente in generale" ha concluso.

Marco Ferretti, docente del dipartimento di Economia dell'Università degli studi di Napoli Parthenope, ha illustrato i risultati operativi del progetto QR Code Campania sicura.
"Una esperienza unica nel suo genere - ha spiegato - che può indicare la direzione ad un percorso di riposizionamento delle aziende agricole, agroalimentari e agroindustriali del territorio campano dopo il cosiddetto fenomeno Terra dei fuochi".

"Al momento - spiega - sono circa 1500 le aziende convenzionate e, su circa 10mila campioni effettuati, solo cinque sono stati i casi di non conformità che, per di più, non erano legati all'inquinamento del terreno, ma a cattive pratiche agronomiche che, in pochi mesi, grazie al supporto e alla consulenza dell'Izsm, sono state corrette rendendo nuovamente l'azienda idonea al rilascio del marchio".
 
"L'obiettivo finale del QR Code è quello di valorizzare le nostre produzioni, far crescere la fiducia nelle istituzioni, realizzare una comunicazione sana a vantaggio delle imprese e creare un percorso virtuoso con le aziende agricole e zootecniche. Per implementare l'adesione al QR Code, tuttavia, occorre agire sullo svecchiamento delle imprese agricole e stimolare un adeguamento nello sviluppo e nell'adesione alle tecnologie. Solo così potremo pensare alla creazione di una piattaforma di e-commerce su cui posizionare i prodotti a marchio QR Code per presentarli sui mercati nazionali ed internazionali" ha concluso.

Giorgia Borriello, ricercatrice dell'Izsm, ha presentato il progetto Tris"Che si occupa della caratterizzazione del microbiota nel tratto gastrointestinale animale, che si pone come importante strumento di prevenzione e di valutazione dello stato di salute del benessere animale, nonché della produttività degli animali stessi", spiega la Borriello.

Altri due progetti illustrati sono stati Famega e Ambra. "Famega - aggiunge - prevede l'utilizzo e la produzione di batteriofagi per una applicazione sia nel settore della sicurezza alimentare che per il controllo ambientale e per la messa a punto di un presidio utilizzabile per la terapia contro alcuni patogeni gastrointestinali come la salmonella negli animali.
Ambra è volto alla costruzione di un prototipo basato sull'impiego combinato di batteriofagi e biosensori per la detection, il rilevamento rapido della brucella anche in matrici complesse come il latte". 


"Sono stati tre giorni intensi. Siamo riusciti a mettere insieme tutti i soggetti che operano nel campo della sanità di prevenzione", ha dichiarato Antonio Limone, direttore generale dell'Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno.

"Hanno preso parte al dibattito i direttori generali del Sistema sanitario regionale, della Sanità animale e dei Farmaci veterinari del ministero della Salute, magistrati, Forze dell'ordine i dipartimenti di Agraria, Medicina veterinaria e Produzioni animali e Sanità pubblica dell'Università degli studi di Napoli Federico II, il mondo accademico, i rappresentanti delle istituzioni locali, le Asl, l'Arpac, gli stakeholder e il mondo delle piccole produzioni di nicchia e di eccellenza.
Con loro abbiamo condiviso le strategie per la valorizzazione e la tutela delle piccole produzioni e avviato un confronto serrato per definire le strategie future nel campo della sanità di prevenzione e nel meccanismo dei controlli a tutela della salute umana"
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"L'attività che stiamo svolgendo in Campania è a tutti gli effetti un modello esportabile ed era fondamentale condividerla e definire concretamente le azioni future per poter essere efficaci e per contribuire fattivamente alla programmazione delle attività future" ha concluso.