La Commissione europea ha fatto quanto in suo potere per arginare la crisi del latte. Una crisi le cui origini sono legate ad un eccesso di produzione del quale sono responsabili gli allevatori. E tocca a questi stessi allevatori risolvere la crisi riducendo volontariamente la produzione. Questa, in estrema sintesi, la risposta che il Commissario europeo all'Agricoltura, Phil Hogan, ha dato al Parlamento europeo il 26 maggio per spiegare come si sta affrontando la crisi del settore.

C'è troppo latte
Per motivare questa risposta il Commissario ha prima elencato i “numeri” di questa crisi, che ha connotati globali. In particolare nella Ue il prezzo del latte in aprile è fermo in media a 27,92 centesimi al litro, con una caduta dell'11,5% rispetto ad un anno fa. Sono gli effetti del continuo aumento della produzione, cresciuta del 4,4% nel 2014 e del 2,6% nel 2015. E il 2016 si è aperto persino peggio con un aumento del 7,2% nel primo trimestre. Situazione analoga la si ritrova a livello mondiale dove la produzione di latte è aumentata del 3,9%.
 


L'export non basta
Per alleggerire il mercato interno si è dato impulso alle esportazioni europee che nei primi due mesi di quest'anno sono cresciute del 13% in particolare per burro e formaggi. Fra le iniziative messe in atto dalla Commissione, Phil Hogan ha poi ricordato gli aiuti all'ammasso privato e i meccanismi di intervento scattati per il latte in polvere che hanno alleggerito il mercato per 2,8 milioni di tonnellate.
Sempre nel 2016 la Commissione aveva messo a disposizione degli stati membri un pacchetto di aiuti per 420 milioni di euro, 280 dei quali destinati al settore lattiero-caseario. Ma solo la metà o poco più di questi fondi sono stati spesi e a fine giugno scadranno i termini per il loro utilizzo.

Tagliare le produzioni
Ultima freccia a disposizione del Commissario Hogan è l'attivazione dell'articolo 222 del Trattato del Mercato unico, che consente alle associazioni del settore e alle cooperative di accordarsi per dare un taglio alle produzioni di latte per equilibrare il rapporto fra domanda e offerta. Il tutto su base volontaria, incentivata a discrezione dei singoli Stati membri ricorrendo agli “aiuti de minimis”.
Altro non è previsto, ha lasciato intendere il Commissario, confermando che le misure messe a disposizione sono il massimo che la riforma della Pac del 2013 consente di attivare.

Mercato globale
La “patata bollente” passa dunque nelle mani degli allevatori, invitati a diminuire le produzioni. Quanto questo invito sarà raccolto è difficile ipotizzarlo. Ma il futuro del latte non dipende solo da loro. Bisogna interrogarsi su come evolverà la produzione fra i “big” del lattiero caseario, come Usa, Australia e Nuova Zelanda. E poi sull'evoluzione dei consumi.
In Cina si registra un importante aumento delle importazioni, ma anche un aumento della produzione interna che potrebbe ridurre i flussi di import. Non dissimile la situazione della Russia, seppure con numeri molto più contenuti.

Spunti al rialzo
Fra le molte variabili in campo c'è ad esempio quella dell'Argentina, dove si segnalano spinte ad un incremento della produzione, orientata all'export, mentre Brasile e Cile segnano il passo, come riportano le analisi pubblicate da Clal. Difficile dunque fare previsioni, sebbene i recenti rialzi del prezzo del latte spot, quello ceduto fuori contratto, consentano qualche margine di ottimismo. Sulla piazza di Lodi, infatti, il mese di maggio si è chiuso con un deciso aumento di oltre il 10%, che ha portato il prezzo del latte spot a sfiorare in media i 27 centesimi al litro. Siamo di fronte a un'inversione di tendenza? Presto per dirlo. Il segnale è positivo, ma per una conferma bisognerà attendere fine estate.