Da tempo l’assessore all’Agricoltura della Lombardia, il grintoso Gianni Fava, sollecitava il ministro Maurizio Martina a prendere una posizione sull’affaire latte, pungolandolo su diverse tematiche e senza risparmiare toni aggressivi, figli di un’urgenza dettata appunto dallo scenario economico.
E così, fra una richiesta di intervenire direttamente con l’Unione europea, di rivedere le tabelle dell’indicizzazione – peraltro mai partite, nonostante le rassicurazioni – di valorizzare il latte in base alla valorizzazione finale, di congelare il fondo di solidarietà per lasciare i soldi nelle tasche degli allevatori, sollecitare un confronto diretto, venne il giorno del “duello”.
Al Palazzo dell’Agricoltura e non in Conferenza delle Regioni, come aveva chiesto Fava. Un dettaglio sul quale si soffermava polemicamente l’onorevole del Pd, Marco Carra, intervenuto – come altre volte è accaduto – a difesa del ministro Martina.
Precisazione d’obbligo, ma che non cambiava la situazione, col ministro chiamato a esprimere le azioni di intervento, che puntuali venivano annunciate dallo stesso Martina. Un vero e proprio “position paper” da presentare al Consiglio dei ministri agricoli dell’Ue. Queste, in sintesi: etichettatura di origine latte e carne, per dare al consumatore la possibilità di scegliere in maniera consapevole, trasparente e informata; soglia de minimis aumentata per le aziende di produzione di latte per almeno il prossimo triennio, in modo da poter aiutare in misura più efficace le aziende lattiere, zootecniche e degli altri settori in crisi.
Altro punto in agenda, il rafforzamento del potere contrattuale degli allevatori, senza dimenticare trasparenza ed equità nella formazione del prezzo. Le misure previste nell’ambito del “pacchetto latte” dell’Ue non si sono dimostrate sufficienti a recuperare il gap esistente tra l’allevatore e il resto della filiera alimentare. È pertanto necessario uno sforzo maggiore per adottare un quadro regolamentare che possa consentire agli Stati membri di applicare regole più stringenti in materia di contratti e di adeguamento dei prezzi.
In particolare, è innanzitutto necessario assicurare la possibilità di effettuare controlli sulla effettiva sottoscrizione di contratti formali tra agricoltori e acquirenti di prodotti zootecnici, che siano antecedenti alla effettiva transazione e che siano sufficientemente chiari rispetto a tutti i principali parametri contrattuali, dal prezzo alle norme qualitative. Sempre in questo ambito contrattuale, inoltre, sarebbe necessario promuovere l’introduzione di appositi meccanismi di indicizzazione (parziale o totale) dei prezzi, in modo da assicurare l’adeguamento progressivo dei prezzi della materia prima a diversi indici di natura economica, tecnica e finanziaria, a seconda delle differenti realtà territoriali e delle diverse specializzazioni produttive. Ciò dovrebbe garantire una maggiore regolarità e chiarezza contrattuale, oltre che una più compiuta e corretta formalizzazione.
Parte integrante del documento, le misure di promozione e comunicazione rafforzate ed aggiuntive per i prodotti del latte: è fondamentale sostenere campagne di comunicazione mirate ad incentivare, in particolare, il consumo di latte fresco, visto il drastico calo che continua a registrare.
Queste campagne potrebbero essere realizzate direttamente dalla Ue, oppure dagli Stati membri, attraverso il cofinanziamento di specifici programmi condivisi a livello europeo.
Le proposte di Regione Lombardia
Diversi e di immediata attuazione i suggerimenti portati al Mipaaf dall’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava. Fra le misure illustrate dall’assessore lombardo, in particolare, l’ipotesi di una moratoria sulle sanzioni delle campagne lattiere pregresse e, per il Fondo di solidarietà, una rinuncia ad attivare i prelievi alle stalle per l’annata 2014-2015; l’istituzione di polizze specifiche contro l’eccessiva volatilità e le forti oscillazioni dei mercati, da attivarsi con le risorse previste dal Piano operativo nazionale (Pon); misure specifiche e deroghe ad hoc per l’apertura dei Programmi di sviluppo rurale regionali (Psr) alle filiere in crisi, con interventi straordinari.
Sul fronte del prezzo, l’assessore Fava ha proposto la riapertura del tavolo negoziale con l’ipotesi di un accordo interprofessionale improntato alle modalità stabilite da Regione Lombardia lo scorso luglio 2015, con una indicizzazione legata prevalentemente alla destinazione finale della materia prima, con particolare attenzione ai formaggi Dop.
Chiesto anche lo sblocco e il pagamento immediato dei premi accoppiati della Pac, misura che è stata approvata, e l’attivazione del Pon sulla biodiversità e sull’assistenza tecnica per il sistema allevatoriale.
Altro punto essenziale in favore non solo delle stalle da latte, ma più ampiamente della zootecnia, sul quale ha posto l’accento la Lombardia è stato la revisione della Direttiva nitrati e delle zone vulnerabili su base scientifica, dalle quali emergerebbe peraltro una responsabilità notevolmente ridotta degli allevamenti rispetto a quanto stabilito oggi dall’Unione europea e dalle leggi nazionali.
Dal ministero la proposta di regionalizzazione
Ultimo atto della querelle, la proposta del ministro Martina di un decreto per la totale ripartizione regionale delle risorse destinate al fondo di solidarietà.
“Porteremo a breve alla Conferenza Stato Regioni il provvedimento che stabilisce che le risorse verranno girate interamente alle Regioni per gli interventi di sostegno agli allevatori e al sistema lattiero caseario delle zone di competenza – ha fatto sapere Martina -. Anziché la centralizzazione voluta dalla legge Zaia, noi impostiamo un percorso più vicino ai diversi territori. Una scelta che risponde in pieno al principio di sussidiarietà e che può contribuire al contrasto di una tra le più pesanti crisi del settore del latte in Europa”.
Fava: polpetta avvelenata
La risposta di Fava si è fatta attendere il tempo di approfondire la proposta e di bocciarla.
“Il decreto annunciato ieri sera dal ministro Martina per la totale ripartizione regionale delle risorse destinate al fondo nazionale è una polpetta avvelenata, il solito annuncio dietro il quale si celano non soldi veri, ma cambiali in bianco”, ha commentato Fava.
“Da federalista convinto – ha precisato Fava - accolgo sempre con molto piacere notizie che pongono in capo alle Regioni ed alle amministrazioni locali la gestione delle risorse per il settore agricolo, in quanto sono convinto che la conoscenza e la vicinanza del territorio siano un valore aggiunto per il corretto ed efficiente utilizzo delle risorse pubbliche. Non so però se oltre all’annuncio del ministro ci siano effettivamente le risorse”.
La dichiarazione del ministro Martina, secondo Fava, “si riferisce a risorse che per la Lombardia sono concretizzabili in circa 35 milioni di euro ovvero i due terzi dei 50 milioni di prelievo imputati, visto che un terzo si riferisce al prelievo da versare alla Commissione europea. Tuttavia, se guardo oggi nelle casse del sistema Italia quanti, dei 50 milioni riferibili alla Lombardia ci sono, vedo appena 13 milioni, che sono meno di quello che è da versare alla Commissione Ue”.
Un computo più approfondito ha indicato infatti che tutti gli altri fondi sono da incassare tramite la rateizzazione triennale (8 milioni), non esigibili per sentenze Tar (18 milioni), da recuperare con azioni forzose (11 milioni).
“Quindi la domanda che rivolgo al ministro Martina, prima ancora che si scomodi a presentare una scatola vuota in Conferenza Stato-Regioni, è molto chiara: quali risorse sta girando alle Regioni? E la risposta è che non si tratta di risorse, ma di cambiali, sulla esigibilità delle quali si potrebbe scrivere un trattato”, ha concluso Fava.