Strano atteggiamento quello degli allevatori inglesi che protestano per il basso prezzo del latte e al contempo spingono sulla produzione, intasando di prodotto il mercato che reagisce diminuendo ancor più il prezzo. Si potrebbe persino credere che produrre latte non sia poi un cattivo affare, altro che produzioni in perdita. E la stessa cosa accade in Italia, seppure con numeri più bassi e toni meno accesi (in Inghilterra gli allevatori sono scesi in piazza). Ma la realtà è un'altra, specie in Italia. E' vero che la produzione italiana stia aumentando come non accadeva da qualche anno. Un più 3,8% da aprile '13 ad agosto '14 che fa persino temere il superamento della quota nazionale imposta da Bruxelles, con le conseguenti multe. Questi aumenti produttivi, che avvengono a dispetto dei bassi prezzi, al limite dei costi di produzione, sono piuttosto un tentativo di evitare una pericolosa riduzione del fatturato aziendale. Ma se i prezzi del latte sono in calo non è certo colpa dell'aumento della produzione italiana. Il mercato del latte è fra i più “globali” e sono gli andamenti produttivi dei grandi esportatori, Nuova Zelanda e Australia in testa, che fanno il bello e cattivo tempo. E in questi due Paesi, come riportano puntualmente gli aggiornamenti elaborati da Clal, la produzione è in aumento, più 5,13% in Nuova Zelanda e più 2,82% in Australia. E l'Europa, che in quanto a latte è il maggior produttore mondiale con i suoi circa 150 milioni di tonnellate, non sta a guardare. Gli ultimi dati dicono che nella Ue a 28 la produzione è aumentata del 5,8%. Percentuali che si traducono in circa 9 milioni di tonnellate in più, quasi quanto la produzione italiana di un anno.
Trend al ribasso
Intanto il mercato, sempre più volatile, in balia com'è degli andamenti mondiali, continua a dare cenni di cedimento. Lo dicono i prezzi del latte in polvere, ancora in flessione mentre i magazzini di stoccaggio vanno riempendosi. Situazione analoga per il burro che negli Usa ha visto un brusco calo di quasi il 30% nelle ultime due settimane di ottobre. Intanto la Cina, grande importatore di prodotti caseari e di latte in polvere, ha ridotto gli acquisti. Anche i suoi magazzini sono pieni e ci vorrà tempo prima che ci sia una ripresa degli acquisti. Così anche in Europa il prezzo del latte in polvere è in calo. Ma in questa giostra di prezzi chi soffre di più sono i nostri due grandi formaggi Dop, il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano. Rispetto ad un anno fa i prezzi sono quasi il 14% in meno per il primo e il 10% in meno per il secondo. Precipitate poi le quotazioni del burro, che rispetto al 2013 ha perso quasi il 40%.
Accordo mancato
In questa ingarbugliata situazione allevatori e industrie tentano, invano, di trovare un punto di mediazione sul prezzo del latte. In Lombardia gli accordi fra Italatte (gruppo Lactalis) e rappresentanze agricole sono scaduti a giugno e anche l'ultimo incontro fra le parti, il 3 novembre, si è concluso con un nulla di fatto. Gli allevatori si sono seduti al tavolo facendo valere il prezzo di 40 centesimi al litro accordato dal gruppo cooperativo Granarolo. E intenzionati a non scendere sotto questo livello. Ma Italatte ha detto no e la trattativa ha subìto una brusca e preoccupante interruzione. Tanto che l'assessore lombardo all'Agricoltura, Gianni Fava, ha chiesto l'aiuto del ministro Maurizio Martina per aprire un tavolo di confronto con la mediazione del ministero per le Politiche agricole. Un problema, questo del prezzo del latte in Lombardia, che sta assumendo connotati assai più ampi di quelli regionali, essendo questa Regione capofila nella produzione di latte e punto di riferimento per analoghi accordi nelle altre regioni. Che ora, in assenza di un faro di riferimento, si stanno muovendo ognuna per proprio conto alla ricerca di accordi locali. E' il caso della Sicilia, dove gli allevatori si dicono pronti anche a scendere in piazza se sarà necessario. Ma poco si potrà fare per invertire il trend al ribasso che il mercato del latte ha intrapreso e che segue ancora una volta lo strano (ma solo apparentemente, come spiegato da Agronotizie) “gemellaggio” con il mercato del petrolio, anch'esso ai minimi in questi mesi. Stando alle valutazioni di alcuni analisti la fisionomia del mercato non cambierà, almeno per il latte, sino ai primi mesi del prossimo anno. A volte gli analisti sbagliano, è già successo. Speriamo che sia così anche questa volta e che il mercato inverta la rotta del ribasso entro fine anno. Sarà più facile affrontare il 2015, con l'ulteriore spinta alla produzione che seguirà allo stop delle quote latte.
12 novembre 2014 Zootecnia