Il prezzo del barile di petrolio è “schizzato” in questi giorni a 107 dollari. A farlo salire è il timore dei conflitti interni all'Iraq o più probabilmente è solo il frutto delle speculazioni, sempre attente a sfruttare a proprio vantaggio ogni situazione. Quale sia la causa non importa, la conseguenza però è che anche il prezzo del latte è “schizzato” verso l'alto. Succede sempre così, se il prezzo del petrolio sale, anche i prezzi del latte prendono la stessa strada, come pure accade in caso contrario, quando il petrolio scende. A prima vista fra “oro nero” e “oro bianco” non vi è nessun legame. In realtà non è così. Se il petrolio sale, crescono i costi dell'energia e le conseguenze si riflettono su tutta la filiera produttiva del latte, dalle materie prime per l'alimentazione delle bovine ai costi del trasporto del prodotto finito. Ed entrambi, latte e petrolio, hanno legami con il mercato globale come pochi altri prodotti. Basta una variazione, anche modesta, in un grande paese produttore per scatenare uno “tsunami” dei prezzi del latte in tutto il mondo. Proprio come accade per il petrolio.
Rialzo inatteso
Così, mentre il prezzo del petrolio saliva, quello del latte spot (è la quota venduta fuori contratto) invertiva il trend di flessione degli ultimi mesi, che lo aveva portato sotto i 35 euro al quintale, per salire in fretta sino a sfiorare i 45 euro. Un'occhiata ai “numeri” puntualmente riportati da Clal per verificare che sulla piazza di Lodi il latte spot nazionale è quotato a fine giugno 44,85 euro, con una crescita dell'8,23% rispetto a due settimane prima. Un recupero inaspettato che arriva peraltro nel momento giusto. Mancano pochi giorni al 30 giugno, data alla quale scade l'accordo siglato in Lombardia fra allevatori e industrie a inizio anno, che aveva fissato il prezzo a 44,50 euro al quintale. Già si preannunciava difficile mantenere su queste cifre il rinnovo del prezzo, tant'è che nei mesi scorsi c'era chi aveva ritenuto necessario strappare anticipatamente l'accordo. E' il caso della Igor di Novara che a maggio, come riferito da Agronotizie, aveva comunicato ai suoi fornitori l'intenzione di fermarsi a 40 euro.
Via alle trattative
Ora il tavolo delle trattative in Lombardia si riapre per fissare il prezzo per i prossimi sei mesi, sino alla fine del 2014. Quel che si decide in Lombardia, che produce oltre il 40% del latte italiano, è poi di riferimento per le altre regioni, dove pure si devono concludere i rinnovi sul prezzo, come ad esempio nel Lazio. Se le tensioni sul prezzo del petrolio continueranno a trainare il prezzo del latte, gli allevatori avranno un'arma in più per concludere un accordo che non sia al ribasso. Altrimenti le industrie faranno valere le previsioni di aumento sulla produzione del latte per proporre prezzi più bassi. Difficile dire chi la spunterà. Trovare un punto di mediazione sarà forse più difficile rispetto a sei mesi fa, quando poche ore di discussione furono sufficienti per trovare un accordo.
25 giugno 2014 Zootecnia