Dedichiamo il terzo di questa serie di articoli (questo il primo articolo e questo il secondo articolo) sulle colture xerofile ad una specie che viene studiata sin dalla prima crisi del petrolio negli Anni Settanta: la jojoba (Simmondsia chinensis). Si tratta di un arbusto perenne appartenente alla famiglia delle Simmondsiaceae (Moser, 2011), originario dei deserti del Mojave e Sonora del Messico, della California e dell'Arizona. Un albero di dieci anni produce in media 1 chilogrammo di semi all'anno. La resa di semi è di 1.125-2.250 chilogrammi/ettaro (1), con un contenuto di olio di 45-55% (2).
La jojoba è unica tra le piante oleaginose in quanto i suoi semi contengono circa il 50% di olio in peso, molto di più della soia e della maggior parte delle colture di semi oleosi. L'olio di jojoba è praticamente incolore e inodore ed è composto principalmente da monoesteri a catena lineare di acidi C20 e C22 e alcoli con due doppi legami (Fonti citate da 3). Tradotto in parole povere: l'olio dei semi di jojoba non è un grasso composto da trigliceridi come l'olio commestibile, né un acido grasso come quello del ricino, bensì è una cera liquida, o se si vuole una specie di "bionafta pesante". Viene comunque chiamato "olio" e in questo articolo manterremo tale consuetudine.
La sua particolare composizione chimica gli conferisce interessanti proprietà industriali (4):
- È equivalente all'olio di balena. La produzione di 1 ettaro di jojoba consente di salvare la vita a 150 balene.
- È atossico, biodegradabile, non irrancidisce. Viene dunque utilizzato nell'industria cosmetica per la fabbricazione di rossetti, creme, shampoo e olio per massaggi. Ha proprietà cicatrizzanti e antimicotiche.
- Si presta a diverse trasformazioni chimiche - solforazione, transesterificazione, idrogenazione, fosfosolforazione, idrolisi e alogenazione - dalle quali è possibile ricavare lubrificanti, carburanti, olio dielettrico, detersivi, additivo plastificante per vernici, bioplastiche ed elastomeri.
- Bassissima volatilità (il punto di ebollizione più alto fra gli oli vegetali, 350°C), alta stabilità termica e resistenza all'ossidazione, alta viscosità. Tutte queste caratteristiche lo rendono un lubrificante ideale per applicazioni speciali.
- Viene impiegato come additivo per olio per friggere e margarine.
La letteratura sulle esperienze di utilizzo dell'olio di jojoba nei motori diesel è molto abbondante. Esso è stato testato dopo la sua trasformazione in biodiesel, oppure allo stato grezzo, puro o miscelato con gasolio.
Vediamo i risultati delle due possibili applicazioni:
- Biodiesel (metilestere) di jojoba.
Miscelato con gasolio fino al 20%, il biodiesel di jojoba migliora l'efficienza termica del motore e riduce le emissioni di fumo, CO e idrocarburi incombusti, ma aumenta leggermente le emissioni di NOx. È stato anche riportato che l'aggiunta di solo il 10% di biodiesel di jojoba al gasolio ha le stesse proprietà del diesel puro ad eccezione delle emissioni di incombusti e CO che aumentano rispetto al gasolio puro. L'utilizzo del biodiesel di jojoba come carburante liquido pilota utilizzando metano o Gpl come carburante principale nel motore a doppia alimentazione ha migliorato le prestazioni e ridotto il rumore, esteso i limiti di detonazione e ridotto la variabilità ciclica della combustione. L'utilizzo dell'idrogeno come carburante principale in un motore a doppia alimentazione con biodiesel di jojoba come carburante pilota liquido ha aumentato le emissioni di NOx e di opacità del fumo.
Uno dei problemi principali dell'utilizzo di biodiesel di jojoba è la sua elevata viscosità. Alcuni additivi chimici sono stati testati per tentare di risolvere tale problema, che compromette la durata degli iniettori. L'etanolo è stato utilizzato come additivo al 10% e ha dimostrato di migliorare l'efficienza termica e ridurre CO, HC e NOx. L'aggiunta fino al 20% di etanolo potrebbe comportare una diminuzione del potere calorifico. L'aggiunta di n-pentanolo al 10% al biodiesel di jojoba ha migliorato le proprietà, e quindi l'efficienza termica, e ha ridotto le emissioni di CO, incombusti, CO2, NOx e fumo. L'etere dietilico (DEE) al 15% sembra essere un additivo alternativo promettente con viscosità molto bassa, che ha contribuito a ridurre notevolmente la viscosità del biodiesel di jojoba, riducendo notevolmente il periodo di ritardo dell'accensione, aumentato la velocità di rilascio del calore e aumentato la potenza di uscita. L'aggiunta di additivi alcolici come l'eptanolo al 10-40% ad altri biocarburanti come il biodiesel di Jatropha ha anche portato ad aumentare l'efficienza termica e ridurre le emissioni di incombusti e CO, ma ha aumentato il livello di fumo e NOx.
L'aggiunta di nanoparticelle derivate da ossido di rame (CuO) nell'intervallo da 25 a 75 ppm a al 20% di biodiesel di jojoba hanno aumentato l'efficienza termica e ridotto l'emissione di incombusti, CO e fumo dal motore diesel. Sebbene il CuO aumentasse la viscosità e la temperatura dei gas di scarico, diminuiva il punto di combustione e il periodo di ritardo dell'accensione. Risultati simili sono stati ottenuti dal biodiesel di jojoba mediante l'aggiunta di nanoparticelle di magnetite (Fe3O4) a 10-50 ppm. Ciò ha anche migliorato l'efficienza termica e ridotto NOx, CO, incombusti e fuliggine. Inoltre, ciò ha aumentato la viscosità e il potere calorifico mentre ha causato un aumento del numero di cetano. - Olio di jojoba grezzo.
Il contenuto energetico totale dell'olio di jojoba è influenzato dal fertilizzante utilizzato per la coltivazione della pianta.
La viscosità dell'olio di jojoba grezzo è maggiore di quelle del suo biodiesel e del gasolio, per cui, in linea di massima, sarebbe utilizzabile solo in grandi motori marini in sostituzione della nafta pesante o fuel oil. L'aggiunta del 10% di n-butanolo alla miscela di gasolio con fino al 35% di olio di jojoba grezzo ne ha abbassato la viscosità fino all'85% rispetto all'olio di jojoba grezzo puro. Ciò ha aumentato la pressione massima di combustione e la velocità di rilascio del calore e ha ridotto le emissioni di CO, incombusti e NOx. L'aggiunta di un minimo del 5% di olio di jojoba grezzo miscelato con l'8% di butanolo ha notevolmente contribuito a migliorare il consumo specifico di carburante e l'efficienza termica, riducendo nel contempo CO e incombusti, ma aumentando gli NOx. Inoltre, l'emulsione di questa miscela con fino al 5% di perossido di idrogeno (o acqua) ha ridotto le temperature di formazione di NOx e dei gas di scarico. Si potrebbe aggiungere il 40-60% di olio di jojoba grezzo al gasolio per ridurre ragionevolmente la viscosità, migliorare leggermente le prestazioni del motore e ridurre le emissioni di NOx. L'aggiunta del 20% di olio di jojoba grezzo al gasolio ha comportato anche una riduzione del numero di cetano ma ha ridotto le emissioni di NOx rispetto al caso del motore alimentato con gasolio. L'utilizzo di olio di jojoba grezzo al 60% con gasolio ha contribuito a ridurre NOx e incombusti nel bruciatore di una fornace. Ciò è stato attribuito al contenuto di ossigeno dell'olio di jojoba (5).
Il pannello residuo dall'estrazione dell'olio di jojoba contiene fino al 30% di proteine ma anche simmondsina, una sostanza che inibisce l'appetito (6), quindi non si può utilizzare per l'alimentazione animale. Si può utilizzare invece sia per la produzione di pellet combustibili che come matrice di alimentazione di impianti di biogas, ma l'unica referenza bibliografica in merito a quest'ultima applicazione (7) è dubbiosa: riporta il Bmp in modo scorretto (600 millilitri di biogas per 400 grammi di pannello tale quale, senza specificare né il tenore di metano né l'umidità del campione e nemmeno se si tratti di Nml o di millilitri misurati in altre condizioni). Le caratteristiche di combustione dei pellet sono descritte qualitativamente come "migliori di alcune specie di legno", affermazione smentita da un altro studio (8) secondo il quale il pannello di jojoba ha un Potere Calorifico Inferiore (Pci) pari a 15,344 MJ/chilogrammo, quindi minore di quello minimo stabilito dalla norma EN 14961 per il pellet legnoso di classe A, pari a 4,6 kWh/chilogrammo, ovvero 16,56 MJ/chilogrammo. I pellet di pannello di jojoba sono a tutti gli effetti "pellet non legnosi" e la loro combustione rientra nei parametri definiti per tale categoria.
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L'alto contenuto di N rende il pannello di jojoba più adatto come fertilizzante organico a lento rilascio (9) che come biocombustibile solido.
La jojoba ha anche proprietà medicinali. L'olio di jojoba era usato nei rimedi popolari per coliche renali, scottature solari, pelle irritata, perdita di capelli, mal di testa, ferite e mal di gola. Studi sugli animali dimostrano che l'olio di jojoba può essere classificato come "sostanza non tossica", la sua digeribilità è moderata e aumenta quando viene miscelato con altri oli. Inoltre, l'olio di jojoba si assorbe lentamente se applicato sulla pelle, questo lo rende un ottimo substrato per la preparazione di creme solari e cosmetici. Studi clinici dimostrano che l'olio di jojoba solforato è efficace nel trattamento dell'acne e invece l'olio al naturale è adatto per il trattamento della psoriasi e può aiutare a ridurre le infiammazioni cutanee (10). Il contenuto di simmondsina unito all'alto tenore di proteine rende il pannello di jojoba un potenziale per l'elaborazione di integratori alimentari specifici per la perdita di peso (11).
Uno studio teorico sulla fattibilità della coltivazione di jojoba in Spagna (12) propone un approccio integrato: la sua coltivazione in zone semiaride europee aiuterebbe a minimizzare l'erosione grazie al forte apparato radicale della pianta; il raccolto andrebbe valorizzato secondo un criterio simile al "principio a cascata" tanto caro alla Commissione Europea, ovvero produrre, in ordine di priorità:
- Alcoli insaturi dell'olio di jojoba, che presentano attività farmacologica all'interno del gruppo degli antivirali.
- Esteri monoalchilici degli acidi di jojoba, con applicazioni come solventi, biolubrificanti o liquidi dielettrici (comparabili all'olio di ricino).
- Biodiesel di seconda generazione. L'olio di jojoba non è in concorrenza con gli oli commestibili e verrebbe coltivato in zone marginali attualmente incolte, oppure coltivabili con forte dispendio di acqua e fertilizzanti. Lo studio spagnolo sorvola il fatto che attualmente la jojoba non è inclusa nell'elenco delle piante dalle quali estrarre biocarburanti con diritto a percepire incentivi, e inoltre non è detto che il biodiesel di olio di jojoba risponda alla norma EN 14214.
Benché sia un arbusto perenne (vive cento anni, forse anche duecento) che tollera siccità e salinità, la coltivazione della jojoba non è facile. Si tratta di una pianta dioica, ovvero ci sono arbusti maschi e femmina. Quindi una percentuale della superficie viene forzosamente occupata dai primi allo scopo di impollinare i secondi, ma non produce semi. L'impollinazione è anemofila e basta che solo il 10% della superficie sia occupata dai maschi, ma quando si propaga da semi più della metà delle piantine sono maschi, per cui è necessario poter selezionarle prematuramente, altrimenti sarebbe necessario aspettare almeno tre anni alla prima fioritura. Pertanto, la coltivazione commerciale richiede la disponibilità di cloni ottenuti per micropropagazione o talea, selezionati dagli esemplari più produttivi.
La radice della pianta è un fittone da cui dipartono radici laterali, che cresce fino a 2 centimetri al giorno nei primi anni e può penetrare fino a 15 metri in profondità. Il suolo deve dunque essere sabbioso e profondo, senza ristagno idrico, per consentirne il pieno sviluppo. La pianta adulta tollera temperature fra -10°C e 47°C, ma le giovani piantine potrebbero morire in luoghi soggetti a ghiacciate, anche di breve durata. L'apporto idrico ottimale è di 375-450 millimetri/anno, preferibilmente mediante irrigazione a goccia. La pianta cresce anche su suoli poveri di nutrienti, ma beneficia di piccoli apporti di letame ed il pH ottimale è 7-8,5. La produttività è variabile da un esemplare all’altro e dipende anche dalle annate; va da 1 a 10 tonnellate/ettaro a partire dal settimo anno di età delle piante (4 già citato).
Il mercato mondiale dell'olio di jojoba ha raggiunto i 130.800.000 dollari statunitensi nel 2021 (Foto 1). Il principale mercato è il Nord America, con il 34% del consumo globale. Oltre il 60% della produzione è olio grezzo, estratto per spremitura a freddo, ma l'industria preferisce l'olio raffinato, estratto con esano, privo di odore e più stabile.
Foto 1: Il mercato dell'olio di jojoba
(Fonte foto: Studio di mercato di Grand View Research)
La produzione mondiale di olio di jojoba è stata di 19.500 tonnellate nel 2022 (Fonte: Expert Market Research, altre fonti forniscono valori leggermente diversi). Fino al 2018 il principale produttore era l'Argentina, con oltre 4mila ettari nella provincia di La Rioja. Dal 2020 in poi il primo produttore mondiale è Israele, dove un piano di ricerca genetica e agronomica iniziato nel 2010 ha consentito di aumentare di quaranta volte la produttività, raggiungendo il primato con solo 500 ettari. Il prezzo all'ingrosso è molto variabile a seconda delle quantità, della provenienza e del tipo di olio (spremuto a freddo, raffinato, idrogenato). Una ricerca su diversi siti, per quantità minime da 5 litri in su, indica prezzi che vanno da 15 a 45 dollari statunitensi/litro. Per quantità industriali, i prezzi oscillano fra 6 e 10 dollari statunitensi/chilogrammo. L'elevato prezzo che questo prodotto realizza nel mercato farmaceutico e cosmetico spiega perché il biodiesel di jojoba non ha mai raggiunto la scala commerciale, malgrado la maggior parte della ricerca degli ultimi trenta anni si sia concentrata sulle sue proprietà e sulla sostenibilità come combustibile.
Bibliografia
(1) Razon LF (2009) Alternative crops for biodiesel feedstock. CAB Reviews: Perspectives in Agriculture, Veterinary Science, Nutrition and Natural Resources 4(56): 1–15.
(2) Borugadda VB, Goud VV (2012) Biodiesel production from renewable feedstocks: Status and opportunities. Renewable Sustainable Energy Reviews 16(7): 4763–4784.
(3) Demirbas A, Bafail A, Ahmad W, Sheikh M. Biodiesel production from non-edible plant oils. Energy Exploration & Exploitation. 2016;34(2):290-318. doi:10.1177/0144598716630166.
(4) Bala, Raman. 2022. 'Jojoba - The Gold of Desert'. Deserts and Desertification. IntechOpen. doi:10.5772/intechopen.99872.
(5) Selim, Mohamed Y. E., Mamdouh T. Ghannam, Bishoy N. Abdo, Youssef A. Attai, and Mohsen S. Radwan. 2022. "Raw Jojoba Oil as a Sustainable Fuel to Diesel Engines and Comparison with Diesel Fuel" Energies 15, no. 16: 5770.
(6) David A York, Lori Singer, Julian Oliver, Thomas P Abbott, George A Bray, The detrimental effect of simmondsin on food intake and body weight of rats, Industrial Crops and Products, Volume 12, Issue 3, 2000, Pages 183-192, ISSN 0926-6690.
(7) Mohamad I. Al-Widyan, Mu’taz A. Al-Muhtaseb, Experimental investigation of jojoba as a renewable energy source, Energy Conversion and Management, Volume 51, Issue 8, 2010, Pages 1702-1707, ISSN 0196-8904.
(8) Z. Al-Hamamre & K. M. Rawajfeh (2015) Investigating the Energy Value of Jojoba as an Alternative Renewable Energy Source, International Journal of Green Energy, 12:4, 398-404, DOI: 10.1080/15435075.2013.848404.
(9) Hosseini, F.S., Hassani, H.S., Arvin, M.J., Baghizadeh, A. & Nejad, G.M. (2011). Sex determination of jojoba (Simmondsia chinensis cv. Arizona) by random amplified polymorphic DNA (RAPD) molecular markers. African Journal of Biotechnology, 10, 470-474.
(10) SHARMA, Surendra Kumar; SINGH, Ajay Pal. Pharmacognostical evaluation of roots of Simmondsia chinensis Schneider. International Journal of Pharmaceutical Sciences and Drug Research, 2011, 3.4: 323-326.
(11) Teague, R.K., Tynch, S.L., Jaksch, F.L. & Maier, R.T. (2005). Compounds for altering food intake in humans. United States patent 6852342.
(12) Jose Aracil, Jojoba oil biorefinery: Production of biodiesel and antiviral compounds, International Congress and Expo on Biofuels & Bioenergy , August 25- 27, 2015 Valencia, Spain.