Vecchioni, vicepresidente dei Georgofili e presidente di Agriventure-Intesa San Paolo, ha ribadito da un lato il fatto che il quadro normativo europeo punta ad incentivare gli investimenti per le agroenergie, dall’altro che non c’è motivo di ritenere competitivi ed antagonisti i due settori “food/non-food” in quanto un agricoltore che sceglie le agroenergie non lo fa per sostituire la produzione alimentare ma per rimanere competitivo sul mercato, come qualunque imprenditore. Secondo Vecchioni, le agroenergie non sono di per sé la soluzione per l’energia, né per la competitività agricola; ma sono tuttavia un plus fondamentale per l’attuale politica agroindustriale. Non devono essere una sostituzione dell’agricoltura ma una integrazione, necessaria se si vuole stare sul mercato.
Il prof. Prodi ha puntualizzato la necessità di mitigare il riscaldamento globale che ha già causato un notevole cambiamento climatico che ci costringe a far fronte a prolungati periodi di siccità e a piogge molto più intense e violente. In Italia si producono attualmente 3 tonnellate di biomassa secca per ettaro per anno, il che equivale almeno ad 1 tonnellata di petrolio equivalente; pertanto il ruolo delle agroenergie non è assolutamente trascurabile, anche per quanto concerne il contributo che darebbero alla bonifica di alcuni terreni contaminati. Manca tuttavia ancora una filiera apposita che sfrutti queste opportunità.
Guido Ghisolfi, vicepresidente del gruppo industriale Mossi&Ghisolfi, che ha investito 120 milioni di euro in un impianto per la produzione di biocarburante di seconda generazione, ha evidenziato come in Italia non ci siano investimenti per la ricerca, né sia facile ottenere incentivi per quegli industriali che investono in agroenergie, mentre resta necessario ridurre almeno in parte i 40 miliardi di tonnellate di carburante tradizionale, integrandoli con combustibili di provenienza agricola.
Tutti i relatori hanno concordato sulla necessità che i dibattiti si trasformino in azione politica che risolva i problemi, dal momento che non si deve dimenticare il fatto che nel 2050 ci saranno più di 9 miliardi di abitanti da sfamare sul Pianeta e quindi l’impegno in agricoltura deve essere fortissimo per il raggiungimento di un’adeguata produzione alimentare, nel rispetto dell’ambiente.
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Fonte: Accademia dei Georgofili