La vite (Vitis vinifera) è una specie che ben sopporta gli stress idrici e in Italia, per lungo tempo, è stata considerata una coltura seccagna, che non necessitava dell'apporto idrico artificiale, come quello garantito dall'irrigazione. Ancora oggi alcuni disciplinari di produzione vietano l'irrigazione, in quanto considerata uno strumento volto ad aumentare artificialmente le produzioni a scapito della qualità delle uve.

 

Tuttavia, a causa dei cambiamenti climatici è evidente come l'irrigazione sia uno strumento necessario per garantire una buona produttività dei vigneti. "È una necessità per chi punta sulla produttività, ma anche per chi invece ricerca la qualità", spiega Stefano Poni, professore ordinario di Viticoltura presso la Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, che da anni lavora proprio sulla gestione del fattore acqua in vigneto.

Leggi anche Viticoltura, nove consigli per difendersi dai cambiamenti climatici

In questo articolo ci soffermeremo dunque sui fattori che influenzano il consumo di acqua in vigneto, successivamente analizzeremo gli effetti dello stress idrico sulle viti, per poi andare a vedere come calcolare il fabbisogno idrico e le tipologie di impianti oggi disponibili.

 

 

Consumo idrico in vigneto, i fattori in gioco

Quando si prende in considerazione l'ambiente vigneto nel suo complesso, i fattori che influiscono sulla perdita di acqua sono differenti e possono così essere riassunti:

  • Radiazione solare. Maggiore è l'irraggiamento solare, maggiore è la quantità di acqua che lascia le foglie attraverso gli stomi.
  • Ventosità. Il vento, specialmente se secco, comporta una maggiore traspirazione da parte delle piante.
  • Umidità relativa. Minore è l'umidità relativa, maggiore sarà la perdita di acqua da parte del vegetale.
  • Dimensioni della chioma. Una superficie fogliare elevata aumenta la quantità di acqua traspirata. Si calcola che il consumo idrico giornaliero di 1 metro quadrato di superficie fogliare sia di 1-1,5 litri al giorno.
  • Il sistema di allevamento. Alcuni sistemi e sesti di impianto, come ad esempio il tendone, facilitano la perdita di acqua.
  • L'esposizione e l'inclinazione. Maggiore è l'irraggiamento solare, più elevata è la traspirazione. Ecco perché impianti a rittochino comportano una maggiore perdita di acqua.
  • L'inerbimento del suolo, sempre più incentivato da finanziamenti pubblici, è un fattore importante di consumo di acqua.

 

Un vigneto inerbito

Un vigneto inerbito

(Fonte foto: © Filippo Carlot - Adobe Stock)

 

Lo stress idrico in vigneto: positivo o negativo?

La vite è, come abbiamo detto, una pianta che riesce a crescere bene anche in ambienti in cui le precipitazioni meteoriche sono scarse, come ad esempio nel Sud Italia. Questa specie è infatti dotata di meccanismi piuttosto sofisticati di gestione della traspirazione. La vite ha infatti un apparato radicale che, in climi secchi, può raggiungere notevoli profondità alla ricerca dell'acqua. Inoltre, quando le radici non sono più in grado di assorbire acqua dal terreno, vengono prodotti dei fitormoni che sono trasportati verso le foglie, dove regolano la chiusura degli stomi.

 

Tuttavia, maggiore è la carenza idrica, più rilevanti saranno gli effetti sulla biologia della pianta e sulla produttività e sulla qualità delle uve. Lo stress idrico porta ad esempio ad un rallentamento della crescita, alla presenza di foglie di minori dimensioni e ad una riduzione degli internodi. Ma gli effetti più rilevanti sono quelli che riguardano la qualità delle uve.

 

Stress idrici nella fase di allegagione sono deleteri, in quanto compromettono la fase di moltiplicazione e di distensione cellulare nei frutticini. Una danno che poi non può più essere recuperato, nemmeno con abbondanti apporti irrigui nei mesi successivi.

 

Un moderato stress idrico migliora la qualità delle uve

Un moderato stress idrico migliora la qualità delle uve

(Fonte foto: AgroNotizie®)

 

Stress idrici moderati nelle fasi successive l'allegagione, hanno invece come effetto l'aumento della presenza di zuccheri nelle bacche.

Questo è causato da diversi fattori:

  • Un effetto di concentrazione, causato da una certa disidratazione degli acini.
  • Un maggiore accumulo di carboidrati negli acini, dovuto ad una produzione totale di uva meno abbondante, se comparata a quella di un vigneto con elevata disponibilità idrica.
  • In vigneti non irrigati i grappoli sono maggiormente esposti alla luce del sole che facilita l'accumulo degli zuccheri.

 

"Inoltre è ben noto il fatto che viti sottoposte ad un moderato stress idrico sono stimolate alla produzione di composti polifenolici e aromatici che sono molto importanti poi nelle fasi di vinificazione", sottolinea Poni. "Senza contare che lo stress idrico contiene la vigorìa delle viti e questo è un fattore importante soprattutto per le varietà molto vigorose, tanto più se insistono su terreni fertili".

 

Come riconoscere lo stress idrico in vigneto

Come intuibile, lo stress idrico può avere differenti gradi di severità e portare anche alla morte della pianta se estremo. Esistono differenti metodologie per identificare e misurare la carenza idrica in vigneto, la più facile delle quali è l'osservazione delle viti stesse.

 

Uno stress leggero o moderato modifica l'inclinazione di viticci e foglie, a causa di una minore turgidità dei tessuti. La perdita di acqua porta infatti le foglie ad assumere un portamento sempre più perpendicolare rispetto al suolo, mentre l'angolo tra viticcio e tralcio aumenta di portata.

 

Lo stress idrico è molto dannoso se colpisce nel periodo tra l'allegagione e l'invaiatura. I sintomi causati dalla carenza idrica prolungata sono molteplici

Lo stress idrico è molto dannoso se colpisce nel periodo tra l'allegagione e l'invaiatura. I sintomi causati dalla carenza idrica prolungata sono molteplici

(Fonte: AgroNotizie®)

 

Stress più severi portano all'essiccamento di apici e viticci, ad ingiallimenti precoci delle foglie e a colature fiorali, nonché ad avvizzimenti di grappoli e alla perdita di acini. Si tratta dunque di una condizione assolutamente non desiderabile.

 

Esistono anche metodi strumentali molto più precisi per valutare l'idratazione della vite, che tuttavia sono poco applicabili nella quotidianità di campo.

 

Il calcolo del fabbisogno idrico

Ma di quanta acqua ha necessità la vite? Di solito si ritiene che sia ottimale reintegrare nel terreno il 60-80% dell'acqua persa. Si ritiene infatti che uno stress idrico controllato sia positivo per stimolare la vite a produrre uve di qualità superiore.

 

Al contrario, eccedenze irrigue portano ad un eccesso di vigore che espone la pianta all'attacco di patogeni fungini. Si ha inoltre un dilavamento dei nutrienti nelle parti più profonde del terreno e un peggioramento delle qualità delle uve.

 

Il fabbisogno idrico di una vite varia a seconda di differenti fattori:

  • Stadio fenologico. Le fasi iniziali di formazione della chioma sono quelle in cui la vite ha il maggior consumo di acqua, che poi decresce dall'allegagione in avanti.
  • Fattori ambientali. Temperatura, umidità dell'aria, irraggiamento solare e presenza di vento influiscono sul consumo di acqua della vite.
  • Disponibilità idrica nel terreno. Non tutti i suoli sono in grado di immagazzinare acqua e rilasciarla allo stesso modo.

 

"Lo stress idrico dovrebbe essere nullo o lieve dal germogliamento fino all'allegagione. Nelle fasi successive dovrebbe aumentare di grado, fino a diventare medio o forte, ma mai eccessivo, nella fase di invaiatura e maturazione", sottolinea Stefano Poni. "Questi principi di base devono poi fare i conti con la realtà di campo e con le precipitazioni meteoriche, che sono in grado di stravolgere le strategie definite a tavolino dal tecnico".

 

Le tipologie di impianti per l'irrigazione in vigneto

Nonostante le tipologie di irrigazione in vigneto siano potenzialmente molte, negli anni si è affermata la microirrigazione, che si distingue tra superficiale o subirrigazione, mentre altre tecniche, come l'aspersione o lo scorrimento, sono state ormai abbandonate. 

 

L'irrigazione a goccia fuori suolo prevede di stendere delle tubazioni in plastica nel sottochioma, agganciate ai fili di banchina oppure depositate al suolo. Alla manichetta sono collegati dei gocciolatori di portata variabile, di solito 2-16 litri all'ora, con una pressione di 1 bar. La subirrigazione invece prevede di interrare la tubazione nel terreno, fornendo acqua direttamente alla rizosfera.

 

L'irrigazione a goccia offre innumerevoli vantaggi:

  • Localizza l'apporto di acqua vicino alle radici, aumentando l'efficienza d'uso. La subirrigazione è la tecnica più efficiente, anche se quella a goccia è comunque molto funzionale.
  • Permette di veicolare eventualmente anche nutrienti tramite fertirrigazione.
  • Non intralcia le operazioni colturali.
  • Non facilita la crescita della vegetazione spontanea nell'interfila, mentre ha un effetto negativo nel sottofila.
  • La subirrigazione non presenta neppure questo problema.


La microirrigazione, benché offra innumerevoli vantaggi e sia oggi quella prediletta dai viticoltori, comporta anche qualche svantaggio:

  • Ha un costo di impianto non indifferente.
  • I gocciolatori possono occludersi per varie ragioni. Ad esempio a causa di solidi in sospensione (come semi, alghe e batteri) e di depositi minerali (ferro, zolfo, carbonato di calcio, eccetera). Nel caso di subirrigazione la principale causa di occlusione è rappresentata dalle radici delle piante che penetrano negli erogatori.
  • Nella subirrigazione inoltre, un problema è rappresentato anche dalla difficoltà di individuare eventuali occlusioni o perdite della manichetta.

 

L'irrigazione a goccia fornisce acqua e nutrimenti alle piante in modo preciso, evitando sprechi e ottimizzandone la crescita

L'irrigazione a goccia fornisce acqua e nutrimenti alle piante in modo preciso, evitando sprechi e ottimizzandone la crescita

(Fonte foto: Rivulis)

 

Gli interventi agronomici per una corretta gestione dell'acqua

Dove non è possibile irrigare il viticoltore può intervenire in vigneto per migliorare la gestione della risorsa idrica, agendo ad esempio su quei fattori che influiscono sulla perdita di acqua a livello di agroecosistema.

 

Ad esempio un suolo lavorato superficialmente preserva lo stock di acqua nelle parti più profonde, poiché interrompe la risalita capillare ed elimina il consumo generato dalla flora spontanea. È anche possibile prevedere la semina di cover crop autunno vernine, che poi vengono terminate e lasciate al suolo, in modo da fungere da pacciamatura del terreno, che conserva ulteriormente l'umidità del suolo.

 

Cover crop terminate con un rullo nell'ambito del progetto Resilvigna

Cover crop terminate con un rullo nell'ambito del progetto Resilvigna

(Fonte foto: AgroNotizie®)

 

È poi possibile utilizzare prodotti antitraspiranti, che di fatto bloccano la perdita di acqua dagli stomi. Prodotti che tuttavia espongono le piante a danni da eccesso di calore. Infine è possibile utilizzare le polveri di roccia, sostanze di colore bianco che applicate in campo aumentano la percentuale di luce riflessa e dunque diminuiscono l'irraggiamento solare e la conseguente perdita di acqua.

 

Infine, nei nuovi vigneti anche la scelta del sesto di impianto e dell'orientamento dei filari è importante. Alte densità diminuiscono il fabbisogno per vite e una esposizione dei filari Est Ovest consente un minore irraggiamento. Senza contare poi che esistono oggi nuove tipologie di portainnesti che offrono una gestione ottimale dell'acqua.

 

Il digitale a supporto dell'irrigazione

Negli ultimi anni stanno aumentando gli strumenti digitali che possono supportare il viticoltore nella diagnosi dello stress idrico e nella gestione smart dell'acqua. Oggi è infatti possibile applicare delle sonde al suolo in grado di misurare la quantità di acqua presente e la disponibilità della stessa per la vite. Tali informazioni vengono poi inviate a dei sistemi di elaborazione che visualizzano in maniera grafica molto semplice le informazioni.

 

I viticoltori, supportati dal tecnico aziendale, possono dunque individuare delle soglie oltre le quali è necessario attivare l'irrigazione. Soglie che ovviamente devono variare a seconda dello stadio fenologico della vite stessa. In questo modo, usando un semplice smartphone, per il viticoltore è possibile avere una gestione smart dell'acqua.

 

Una centralina meteo in vigneto

Una centralina meteo in vigneto

(Fonte foto: PVSensing)

 

Nei vigneti più moderni è poi possibile implementare dei meccanismi automatici, affidando al software l'apertura e la chiusura delle valvole deputate all'irrigazione. In questo modo si solleva l'operatore anche dell'operatività di campo, che in caso di vigneti sparsi su un territorio ampio può essere di aiuto.

 

"Per evitare l'impiego di sonde nel terreno, che hanno il difetto di essere costose, di intralciare l'operatività di campo e di essere poco rappresentative della complessità del vigneto, si stanno sviluppando sistemi sensorless che utilizzano solo le informazioni generate dalle centraline meteo e prendono come modello la biologia della vite", sottolinea Stefano Poni. "Si tratta di sistemi molto smart ed estremamente versatili, che consentono di supportare il viticoltore senza che sia necessario fare investimenti in attrezzature".