In tutti i Paesi sviluppati le opinioni pubbliche e i governi spingono affinché l'economia diventi maggiormente sostenibile, in particolar modo si punta ad una riduzione dell'immissione in atmosfera di anidride carbonica e di altri gas ad effetto serra.


Su questo fronte gli agricoltori possono giocare un ruolo importante visto che le colture agricole, crescendo, assorbono CO2 sottraendola dall'atmosfera. Per questo motivo negli ultimi anni si sta sviluppando un mercato dei crediti di carbonio.

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Semplificando, gli agricoltori vengono pagati da chi emette CO2 in atmosfera per sequestrarla all'interno dei campi coltivati. Il carbon farming rappresenta quindi una potenziale fonte di reddito per gli agricoltori di tutto il mondo, che potrebbero diventare i principali artefici della decarbonizzazione dell'economia globale.

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Di questo si è discusso durante il World Agri-Tech Innovation Summit 2023, l'evento che ogni anno porta a Londra e a San Francisco investitori, startup, fondi di investimento e ricercatori da tutto il mondo.

 

E proprio un panel è stato dedicato al carbon farming e nello specifico a quali strumenti devono essere messi in campo per trasformare quella che oggi è una frontiera pionieristica in qualcosa di reale e remunerativo per gli agricoltori.

 

Un momento di discussione durante il World Agri-Tech Innovation Summit 2023

Un momento di discussione durante il World Agri-Tech Innovation Summit 2023

(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)


Carbon farming, serve la fiducia di tutti

Un primo ostacolo all'avvio di questo mercato è il fatto che non esiste oggi un registro pubblico dei terreni che producono carbon credit, i titoli che rappresentano l'assorbimento di anidride carbonica.


Come conseguenza, in linea di principio, un agricoltore potrebbe vendere a più clienti lo stesso quantitativo di anidride carbonica sequestrata. Questa situazione, figlia anche di una mancanza di regolamentazione pubblica, mina alla base l'emergere del mercato, in quanto chi acquista i crediti di carbonio non sa con assoluta certezza se le proprie emissioni sono effettivamente compensate.


Servono poi delle metodologie condivise per la misura, o meglio la stima, del carbonio sequestrato. La quantità di CO2 accumulata all'interno di un terreno agricolo dipende infatti da numerosi fattori, quali ad esempio le pratiche agronomiche adottate, il clima, l'andamento meteo e la tessitura e la composizione del suolo.


Il metodo più sicuro per misurare l'anidride carbonica sequestrata è quello di effettuare diversi campionamenti all'interno di un campo, prima e dopo la coltivazione, ma questo ha un costo che non è compatibile con i ricavi ottenibili dalla vendita dei crediti di carbonio.


E qui arriviamo al terzo punto. Un agricoltore, infatti, può sperare di produrre uno o due crediti all'anno ad ettaro, per un guadagno di circa 30-40 dollari. Un ricavo che sicuramente non può assorbire i costi di analisi del terreno.


Per questo motivo l'utilizzo di sensori da remoto, come i satelliti, e i modelli di analisi sono ad oggi l'unica soluzione plausibile per quantificare l'entità del sequestro. Tuttavia, è necessario che tutti gli attori della filiera concordino su quali metodologie utilizzare per la stima di tali crediti. Concetto ribadito anche da Niall Mottram di Cambridge Consultants.

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Quali pratiche per assorbire carbonio?

Un altro fronte aperto riguarda la definizione delle pratiche utili ad aumentare lo stock di carbonio all'interno del suolo. Oggi infatti si parla in generale di agricoltura rigenerativa, non esiste tuttavia una definizione scientifica condivisa di quello che appare più come un approccio generale, all'interno del quale sono presenti molteplici pratiche.


Adrián Ferrero di Biome Makers e Yossi Kofman di Groundwork BioAg hanno provato ad allargare la mente della platea presente al World Agri-Tech (evento di cui AgroNotizie® è mediapartner) suggerendo che un contributo importante può arrivare dal microbioma del terreno, cioè dall'insieme di microrganismi che vivono all'interno dei suoli agricoli.


Questi infatti svolgono un ruolo centrale nella crescita delle piante e dunque avere un microbioma in salute porta anche ad una maggiore crescita vegetale e quindi ad un maggiore assorbimento di CO2. Ma c'è di più, in quanto i batteri possono essere essi stessi uno strumento per immagazzinare anidride carbonica all'interno del suolo.


Per questo motivo consorzi microbici selezionati e, perché no, anche migliorati dal punto di vista genetico, possono avere un ruolo importante nel migliorare le performance di assorbimento dei suoli agricoli.

 

Buone prospettive per il mercato dei crediti di carbonio

Nonostante tutte queste incertezze, il mercato del carbon farming ha tutte le carte in regola per avere successo. Prima di tutto perché esiste una forte domanda di decarbonizzazione sia da parte dei governi che da parte dell'industria. Se è vero che oggi i crediti di carbonio hanno un prezzo molto basso, nei prossimi anni gli analisti ritengono dovrebbe crescere.


A fronte di questo interesse ci sono oggi ingenti risorse messe sul piatto sia da privati che da governi. Negli Stati Uniti ad esempio l'amministrazione Biden ha varato l'Inflation Reduction Act e il Climate Smart Commodity che allocano fondi proprio su questo fronte.


La tecnologia nel frattempo sta facendo passi da gigante per creare l'infrastruttura tecnologica necessaria alla misurazione del carbonio sequestrato, nonché alla vendita dei crediti in un mercato stabile e riconosciuto. Jack Roswell di Perennial e Patrick Sheridan di Syngenta hanno ad esempio sottolineato l'importanza che tutti gli attori della filiera collaborino e condividano i dati, evitando di lavorare per silos.


Per completare il quadro serve oggi che alle aziende agricole vengano proposte soluzioni che siano efficienti e che soprattutto preservino la redditività. Punto centrale resta l'obiettivo di creare un clima di fiducia all'interno del mercato, definendo regole e metodologie condivise, in modo che il settore possa crescere senza incertezze.

 

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