A Slow Food le Tecniche di Evoluzione Assistita (Tea o Nbt, New Breeding Techniques) non piacciono. Secondo Francesco Sottile, membro del Comitato Scientifico del progetto Presìdi di Slow Food e docente all'Università di Palermo, sono il tentativo di mettere una pezza ad un sistema produttivo sbagliato e i danni che possono causare sono di gran lunga superiori ai benefici supposti. Meglio dunque guardare alla variabilità genetica delle nostre campagne e della natura, valorizzando le produzioni locali e il rapporto tra territorio e ambiente.


Le nuove frontiere del miglioramento genetico

Sotto l'acronimo di Tea, Tecnologie di Evoluzione Assistita, ricadono differenti tecnologie di manipolazione genetica messe a punto negli ultimi anni, quali ad esempio la cisgenesi e il genome editing.

Sono tecnologie definite sostenibili e naturali dai ricercatori in quanto sono in grado di "spegnere" o "accendere" singoli geni in maniera estremamente precisa, oppure di trasferire tra due specie sessualmente compatibili uno o più geni.

Le varietà che si ottengono sono considerate "naturali" in quanto non è previsto il passaggio di geni tra due specie non sessualmente compatibili (come i "vecchi" Ogm transgenici) e in quanto si tratta di varietà che potrebbero svilupparsi anche naturalmente senza l'intervento dell'uomo.

Di Tea abbiamo parlato lungamente, ma sintetizzando possiamo dire che per i sostenitori si tratta di tecnologie che permettono di ottenere piante più produttive, di migliore qualità e al contempo che richiedono un minor utilizzo di agrofarmaci e di fertilizzanti. Non solo un modo di ottenere varietà completamente nuove, ma anche di "aggiornare" varietà storiche, senza snaturarle.


La posizione di Slow Food riguardo le Tea

"Come Slow Food siamo contrari a qualsiasi iniziativa che liberalizzi la diffusione di questi organismi figli di tecnologie di manipolazione genetica", ha spiegato Francesco Sottile. "Noi vogliamo mettere al centro il rapporto tra genotipo e ambiente e la riscoperta e valorizzazione delle varietà che sono state selezionate nel corso dei secoli in maniera davvero naturale dagli agricoltori. Siamo da sempre contrari agli ibridi e all'imposizione di varietà standard agli agricoltori, che si traducono in una perdita di sovranità. Oltre a questo ci sono oggettivi dubbi sulla sicurezza delle nuove specie ottenute tramite le Tea".

Partiamo da quest'ultimo punto: la sicurezza, quali sono le vostre perplessità?
"Le varietà frutto di manipolazione genetica tramite le Tea non possono essere definite 'naturali' e pertanto noi chiediamo che vengano utilizzate tutte le tutele che vengono adottate per gli Ogm. Nessuno sa quali effetti possono avere sulla natura".

I ricercatori però dicono che sono del tutto sicure…
"Nessuno può dare questa certezza e sono gli stessi ricercatori che sollevano alcuni dubbi, ad esempio nel caso di mutazioni off target. Se poi le cose non vanno come previsto a rimetterci sono gli agricoltori e consumatori. Per noi questo è inaccettabile".

Le varietà ottenute dalle Tea rispondono all'esigenza di avere un'agricoltura più produttiva e più sostenibile, che riesca a sfamare una popolazione mondiale in aumento in un contesto di cambiamento climatico. Qual è la vostra soluzione a queste sfide?
"Le Tea sono una risposta sbagliata in linea con un approccio sbagliato alla natura e all'agricoltura. Lo stesso approccio che ci ha condotto alla situazione attuale. Negli ultimi settant'anni abbiamo sostenuto un'agricoltura intensiva, che fa ampio uso di input chimici di sintesi, che non rispetta le stagioni e il legame tra coltura e territorio. Le Tea sono lo strumento attraverso il quale si cerca di effettuare una ennesima forzatura della natura per piegare la biologia delle piante agli interessi di un modello sbagliato".

Bisogna dunque tornare all'agricoltura pre Rivoluzione Verde?
"Slow Food non è contro la ricerca, anzi noi la sosteniamo purché vada nella giusta direzione. Noi crediamo in un approccio agroecologico e nella valorizzazione delle varietà locali, quelle che si sono adattate al territorio nel corso dei secoli e che possono rispondere all'esigenza di avere un cibo sano e sostenibile".

Nel 2050 saremo più di 9 miliardi di individui sulla Terra, le varietà di una volta non sono abbastanza produttive ed efficienti per sfamare tutti. Il vostro non rischia di essere un ragionamento che condanna alla fame la parte di popolazione più povera?
"Dobbiamo fare un passo indietro e prendere atto che il modello di alimentazione globale è sbagliato. Oggi un terzo del cibo prodotto viene buttato via. Io vorrei che si combattesse questo spreco piuttosto che introdurre in ambiente Organismi Geneticamente Modificati. Senza contare che anche il rapporto con il cibo è spesso sbagliato".

Ci può fare un esempio?
"Pensiamo al consumo di carne: oggi mangiamo troppa carne. Un eccesso che è insostenibile per il nostro organismo e il nostro Pianeta. Gli allevamenti intensivi hanno un impatto devastante sull'ambiente e sul clima. E i invece di utilizzare le Tea per cercare di aumentare la produttività dei campi per sfamare sempre più animali dovremmo pensare a ridurre i consumi di carne e aumentare la qualità della stessa".

E come si fa a convincere i consumatori dei Paesi ricchi a cambiare il proprio stile di vita e a quelli dei Paesi in via di sviluppo a non aspirare allo standard di vita che noi viviamo ormai da settant'anni?
"Noi ci impegniamo tutti i giorni come Slow Food per questo obiettivo e devo dire che anche l'Unione Europea, attraverso la Strategia From Farm To Fork in qualche modo sta andando in questa direzione, anche se non condividiamo tutte le decisioni prese a Bruxelles".

Qui però non si parla solo di quantità di cibo, ma anche di qualità e di territorialità. Prendiamo l'esempio del vino: con le Tea si potrebbero produrre cloni dei vitigni simbolo del made in Italy e renderli resistenti ai cambiamenti climatici e a funghi come peronospora e oidio. Non è un progresso auspicabile?
"Si può ottenere lo stesso risultato attraverso altre strade. Ad esempio con nuovi portainnesti, nuovi approcci agronomici e incroci tradizionali. Non credo poi che si possa dire che un vitigno oggetto di manipolazione genetica rimanga tale e dunque anche un Sangiovese modificato con le Tea, anche in un solo gene, non potrebbe più chiamarsi Sangiovese".

Lei ha parlato di riscoperta delle varietà locali. Ci può fare un esempio concreto?
"A Licata, in Sicilia, alcuni agricoltori hanno abbandonato le varietà di pomodoro imposte dal mercato e hanno riscoperto varietà locali che si adattano meglio all'ambiente e offrono produzioni di qualità con un minor uso di agrofarmaci. È questa la sovranità che noi vogliamo. Per noi riscoprire le varietà locali non è un auspicio, ma una realtà che portiamo avanti ogni giorno".

Eliminereste quindi tutti i progressi del miglioramento genetico vegetale fatti negli ultimi anni?
"Noi siamo contro il sistema che di fatto obbliga gli agricoltori che vogliono vendere i propri prodotti sul mercato a dover piantare determinate tipologie di varietà che spesso sono pensate non per gli areali di produzione locali e che dipendono fortemente dall'utilizzo di input chimici per la difesa e la nutrizione. Siamo invece a favore del miglioramento vegetale fatto sul territorio, che valorizzi le genetiche locali. Un processo di miglioramento genetico portato avanti dagli stessi agricoltori da quando esiste l'agricoltura".

Le varietà oggi considerate antiche in realtà non lo sono, provengono da incroci di varietà internazionali oppure da fenomeni di mutagenesi indotta attraverso l'utilizzo di radiazioni. Non è una contraddizione?
"Io sono convinto che anche le tecniche di mutagenesi indotta andrebbero ricondotte nell'ambito della normativa sugli Ogm. Altra cosa sono le varietà in commercio ormai da decine di anni e che quindi hanno dato prova della loro sicurezza. Come detto noi non siamo contro il miglioramento vegetale, anche ottenuto tramite incroci con varietà provenienti da altri Paesi. Purché si rispetti la sovranità dell'agricoltore e la peculiarità del territorio".

La sentenza della Corte di Giustizia Ue ha confermato che le Tea ricadono nella normativa Ogm. Questo per i ricercatori italiani significa non poter neppure fare ricerca in campo. In Senato è stata depositata una Proposta di Legge che permetterebbe ai ricercatori di testare in campo, in condizioni controllate, le nuove varietà a cui stanno lavorando. Come vi ponete rispetto a questa proposta?
"Dare la possibilità di mettere in natura Organismi Geneticamente Modificati va contro quel principio di cautela che ci sta tanto a cuore. Credo che il Disegno di Legge Gallinella sia una scorciatoia inaccettabile e che serva un approccio europeo alla questione. Noi attendiamo di vedere quale sarà la Proposta di Legge presentata a Bruxelles e naturalmente speriamo che non preveda per le Tea alcuna scorciatoia al di fuori della normativa sugli Organismi Geneticamente Modificati".


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