Niente da fare per il prezzo del latte. Nemmeno la mediazione del ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina, è riuscita a far raggiungere un punto di incontro fra allevatori e industrie del settore. E a nulla sembrano essere servite le proteste degli allevatori che per giorni hanno manifestato di fronte alle più importanti aziende del settore. In tutta Europa, come ha già ricordato AgroNotizie, il prezzo del latte è al di sotto dei costi di produzione. In Italia si ferma intorno ai 34 centesimi al litro, decisamente distante dai 42,61 centesimi del costo di produzione. Gli allevatori sarebbero stati disposti ad accettare una cifra inferiore, grazie ai recenti interventi a sostegno dei loro redditi arrivati prima da Bruxelles e poi dal Governo italiano. Si tratta rispettivamente dei 500 milioni stanziati dalla Commissione Ue (ma solo 28 per l'Italia, dei quali 25 per aiuti diretti) e dei 55 milioni del fondo latte nazionale, al quale si aggiungono i vantaggi derivanti dalla cancellazione dell'Imu e dell'Irap. C'è chi ha misurato l'impatto di questi sostegni arrivando alla conclusione che gli allevatori percepiranno 1,2 centesimi per ogni litro di latte prodotto.

Elemosina inaccettabile
Conteggi analoghi sono quelli che devono aver fatto le industrie del latte, che al tavolo delle trattative si sono irrigidite nel proporre un aumento di appena un centesimo di euro, per arrivare dunque ad un prezzo di 35 centesimi al litro che sommati agli aiuti avrebbero portato nelle tasche dei produttori poco più di 36 centesimi al litro. Un'elemosina inaccettabile secondo le rappresentanze degli allevatori. E nemmeno si è parlato, a quanto pare, della indicizzazione del prezzo che avrebbe potuto rappresentare un'efficace via di uscita. Inevitabile la conclusione, trattative interrotte e ripresa della mobilitazione da parte degli allevatori.

La delusione del ministro
L'indisponibilità ad una maggiore apertura da parte delle industrie del latte, rappresentate da Assolatte, ha colto di sorpresa lo stesso Martina, che ha così commentato: “L'industria, per la forza e la responsabilità che esercita, poteva e doveva dare un segnale più forte e concreto.” Dura la risposta delle rappresentanze agricole che hanno giudicato l'atteggiamento dell'industria come provocatorio (Coldiretti), insufficiente (Cia), impossibile da accettare (Confagricoltura), pur riconoscendo taluni passi avanti fatti dalla controparte industriale.

La parola all'Antitrust...
Un ruolo di primo piano nella trattativa sul prezzo del latte è certamente quello interpretato da Lactalis, società francese che ha acquisito importanti marchi italiani, come Galbani, Invernizzi, Parmalat e altri. Oggi Lactalis è il primo gruppo per importanza sul mercato italiano del latte e in particolare nel Nord, dove è concentrata la zootecnia da latte, rappresenta il principale acquirente. Una situazione che ha convinto il ministro Martina a fare proprie le numerose sollecitazioni giunte dal mondo produttivo in merito ad una presunta predominanza del gruppo Lactalis, tale da infrangere le norme sulla libera concorrenza. Ed è lo stesso Martina che fa sapere di aver tramesso all'Antitrust, per le sue valutazioni di competenza, le numerose segnalazioni ricevute in merito e al rispetto delle norme sui contratti di vendita del latte e sull’applicazione dell’art. 62, quello relativo, lo ricordiamo, ai tempi di pagamento.

...e all'Ispettorato frodi
E non è finita qui. In luglio è stata emanata una legge, la numero 91, che impone per il prezzo del latte contratti scritti e per la durata di un anno. Vincoli che sono stati rispettati? Nel dubbio l'Ispettorato repressioni frodi del Mipaaf è già stato allertato per i controlli del caso. Le verifiche potranno anche riguardare il raffronto fra costi di produzione e prezzi indicati nei contratti stessi. Non è una ritorsione nei confronti dell'industria, ma certo coincide con la rigidità che le stesse hanno dimostrato in occasione delle trattative sul prezzo. Vedremo se sortirà qualche effetto.