Siamo in stagione di olive ed io, per guardare nella sfera di cristallo, mi rivolgo (come di consueto) all'amico Luigi Caricato, direttore di OlioOfficina, intellettuale ben prestato all'olio e, per me, vate assoluto del settore. Luigi è cauto.

 

Il mercato mondiale è condizionato dalla produzione spagnola e in Spagna le raccolte sono ancora in corso. Le previsioni sono tuttavia molto ottimistiche e sembra confermarsi il dato di 1,3 milioni di tonnellate di olio precedentemente ventilato.

 

In Italia il problema sembra essere le basse rese, frequentemente attorno al 9% - le piogge durante la raccolta certamente non aiutano. La produzione italiana di olio nel 2024, a seconda delle stime, si dovrebbe quindi assestare fra le 200 e le 215mila tonnellate, con un calo rilevante rispetto alle annate precedenti (circa 290mila tonnellate nel 2023, 240mila nel 2022).

Geograficamente si nota che le regioni del Nord avranno buone produzioni, risultati spesso positivi anche nel centro della penisola – nel Sud i risultati sono invece più deludenti.

 

In Italia si nota quindi una certa propensione all'accaparramento, con prezzi delle olive in tendenziale aumento: si parte da 90 euro per arrivare a 120/130 euro a quintale, a seconda delle aree e della qualità. Si tratta di un dato positivo per i produttori, che tiene conto sia della scarsa produzione che delle scorte degli oleifici, oramai ridotte al lumicino e spesso di bassa qualità.

 

Caricato raccomanda sempre una maggiore compattezza della filiera, facendo notare che in Italia il consumo domestico di extravergine ha tenuto negli scorsi anni nonostante i prezzi elevati - questo a differenza della Spagna dove i consumatori hanno spostato gli acquisti sull'olio di oliva e addirittura su quello di sansa.

Ma le filiere in Italia, si sa, sono di difficile organizzazione: quello dell'olio è un settore che attende da tempo una modernizzazione, un evento che oggi più che mai appare vitale per la sua sopravvivenza nel Bel Paese.