Nelle zone di coltivazione mediterranee il pomodoro da industria (Solanum lycopersicum) deve fare i conti con una serie di problematiche quali condizioni climatiche sempre più avverse, malattie, insetti patogeni e piante parassite.

 

In particolare, le piante parassite che stanno destando da qualche anno parecchia preoccupazione nelle zone vocate al pomodoro da industria sono Orobanche spp. e Phelipanche spp., di cui parleremo nel dettaglio più avanti. L'associazione fra queste parassite e il pomodoro deriva dall'interazione genotipo-ambiente, un'interazione che si presenta in tutte le piante coltivate in pieno campo.

 

Una vera "relazione tossica" che può essere aggirata grazie al miglioramento genetico, visto che si parla di genotipo, laddove la gestione agronomica e il controllo chimico non arrivano. In che modo? Introducendo nel genoma del pomodoro caratteri di tolleranza e/o resistenza usando le più avanzate Tecniche di Evoluzione Assistita (Tea).

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Parassitismo, tutto parte dal pomodoro

Orobanche spp e Phelipanche spp, entrambi della famiglia delle Orobancheae, sono due generi di piante infestanti che si distinguono per morfologia, ciclo vegetativo e tipologia di piante ospiti. Una cosa però le accomuna: il parassitismo. Difatti sono parassite neofite, ovvero che invadono l'apparato radicale della pianta ospite utilizzando uno speciale organo che si chiama austorio, cioè un apparato con il quale molte piante assumono il nutrimento sottraendolo al corpo dell'ospite.

 

Inoltre, producono grandi quantità di semi molto piccoli che rimangono vitali per parecchi anni nel suolo, diffondendosi nell'ambiente tramite l'irrigazione, i macchinari agricoli e gli insetti. Queste caratteristiche rendono perciò molto difficoltosa sia la prevenzione che l'eradicazione una volta infestato un suolo.

 

I danni sulla coltura sono: crescita stentata, bassa resa, scarsa qualità delle bacche e collasso precoce nella fase di invaiatura. Più è precoce l'attacco e maggiore sarà il danno sulle piante e l'agricoltore deve valutare anche quanto è diffusa l'infestazione.

 

Ma come fanno queste malerbe a riconoscere la radice ospite e attaccarla? In pratica la germinazione dei semi parassiti è innescata dal rilascio nel suolo, da parte della radice del pomodoro, di essudati che contengono dei composti chimici chiamati strigolattoni che sono delle molecole classificate come ormoni delle piante o fitormoni.

 

I semi parassiti grazie a un sistema di rilevamento altamente specializzato riescono a riconoscere questi essudati, rilasciando l'austorio che si collega direttamente al sistema vascolare dell'ospite. Dopo l'attaccamento e l'invasione della radice ospite la piantina parassita cresce in una struttura detta tubercolo, e dopo 4-5 settimane produce un meristema fiorale fuori dal terreno con lo scopo di creare nuovi semi e rilasciarli nell'ambiente.

 

Orobanche del pomodoro

Orobanche del pomodoro (Foto di archivio)

(Fonte: ©Yizhachok - Adobe Stock)

 

Vi è quindi una forte interazione ospite-parassita che i convenzionali metodi di gestione agronomica e controllo chimico non riescono ad alterare, risultando di conseguenza limitati e spesso poco efficaci.

Il genome editing, invece, lascia ben sperare. Con questa tecnica infatti si può modificare il Dna e quindi controllare la sintesi di strigolattoni per fornire alla pianta maggior resistenza alle piante parassite, abbassando così la percentuale di germinazione dei semi parassiti, e di conseguenza l'infestazione.

 

Genome editing: l'alleato ideale per la resistenza

Per ottenere pomodori resistenti si può utilizzare la tecnica genetica Crispr/Cas9, ovvero il sistema Crispr associato alla proteina Cas9 che "taglia e cuce" regioni molto specifiche di un Dna target.

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Per esempio, una ricerca ha valutato la resistenza in pomodoro a Phelipanche aegyptiaca interrompendo l'attività di uno dei geni responsabili della biosintesi degli strigolattoni (SL CCD8). Si è usato appunto Crispr/Cas9 veicolato con Agrobacterium tumefaciens per ottenere la trasformazione genetica del materiale vegetale utilizzato in laboratorio.

 

I risultati di tale studio hanno evidenziato come il numero di tubercoli e germogli parassiti si era significativamente ridotto nelle linee mutate con il gene silenziato, ovvero quelle che non producevano più gli strigolattoni, rispetto alle piante di tipo selvatico. In altre linee mutate invece la diminuzione dei tubercoli parassiti è stata meno evidente, sintomo quindi di una variabilità all'interno delle selezioni transgeniche. Inoltre, nel caso di questa ricerca si sono evidenziati tre vantaggi: la mutazione è rimasta stabile nelle linee, vi è stata la possibilità di trasferire la mutazione alle generazioni successive tramite ereditabilità, le piante mutate non presentavano sequenze di Dna estranee, e quindi non considerate organismi geneticamente modificati.

 

In questo caso lo studio ha sottolineato come Crispr/Cas9 può eliminare con precisione il gene CCD8 nel pomodoro senza dover passare per il tradizionale miglioramento genetico con incroci. E in generale, l'uso del genome editing consente al breeder di creare variabilità genetica laddove non ne abbia a disposizione dai genotipi selvatici.

 

Con Crispr/Cas9 comunque si sono studiate in laboratorio altre selezioni mutate per gli altri geni come D27, CCD7 e MAX1 responsabili della biosintesi di questi fitormoni. Visto che gli strigolattoni sono però coinvolti nella crescita della pianta si è visto che il blocco della loro biosintesi causa effetti fenotipici indesiderati, come taglia ridotta e accestimento. Pertanto, l'attività di ricerca con mutagenesi è indirizzata anche verso i geni responsabili del loro trasporto negli essudati radicali che poi verranno rilasciati nel suolo e daranno il via all'interazione con il parassita.

 

L'ingegneria genetica, pertanto, potrebbe essere una valida alleata contro altre specie di Phelipanche spp e Orobanche spp per ottenere pomodori resilienti. Anche se al momento sono attività di ricerca svolte ancora all'interno di laboratori specializzati, si profilano già come possibili strade per salvaguardare così il reddito dell'agricoltore e avere un'alternativa alle molecole di sintesi sempre meno disponibili.

 

Riferimenti bibliografici consigliati

Bari, V.K., Nassar, J.A., Kheredin, S.M. et al. CRISPR/Cas9-mediated mutagenesis of CAROTENOID CLEAVAGE DIOXYGENASE 8 in tomato provides resistance against the parasitic weed Phelipanche aegyptiaca. Sci Rep 9, 11438 (2019).

Bari, V.K., Nassar, J.A. & Aly, R. CRISPR/Cas9 mediated mutagenesis of MORE AXILLARY GROWTH 1 in tomato confers resistance to root parasitic weed Phelipanche aegyptiaca. Sci Rep 11, 3905 (2021).