In campagna reperire manodopera è sempre più difficile. Mancano i lavoratori, sia italiani che stranieri, e spesso quando le attività da svolgere sono di breve periodo, come la vendemmia o la raccolta delle olive, trovare persone disposte a lavorare nei campi diventa una vera impresa. Per questa ragione gli agricoltori attivano la loro rete sociale, arruolando amici e conoscenti.

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Si tratta di una pratica assai comune e alquanto radicata nella tradizione contadina. Da sempre, quando arriva il momento della raccolta, la comunità si mobilita per aiutare gli agricoltori e in cambio, spesso, le persone vengono ripagate con i prodotti della terra: uva, olio, zafferano, mele e così via.

 

Ma il lavoro di amici e conoscenti come si inquadra a livello giuridico? E soprattutto, queste persone possono lavorare in azienda senza un contratto di lavoro, ma solo come "volontari", magari ripagati con dei beni in natura? Per capire come comportarsi (ed evitare multe) abbiamo chiesto consiglio ad Andrea Fiumi, consulente del Lavoro di ConsulenzaAgricola.it.

 

Il lavoro di amici e conoscenti in agricoltura

Il primo concetto fondamentale è che il lavoro gratuito non esiste. Se una persona lavora in una azienda agricola anche solo un giorno, anche solo un'ora, deve essere retribuita e deve essere assunta con un regolare contratto di lavoro a tempo determinato, come stabilito dal contratto nazionale del lavoro agricolo.

 

Quindi, se il vicino di casa, l'amico, il compagno di calcetto o di pesca vengono in azienda a lavorare devono essere assunti. Anche se lavorano un solo giorno e lo fanno per dare una mano ad un amico.

 

E cosa succede se un amico o un conoscente viene trovato a lavorare in azienda senza un regolare contratto di lavoro? Come ci spiega Fiumi, l'agricoltore rischia di essere sanzionato per avere un lavoratore in nero, con conseguenze anche gravi. Se ad esempio i lavoratori senza contratto superano il 10% dell'intera forza lavoro assunta regolarmente, all'azienda vengono messi i sigilli e non si può riprendere le attività finché le posizioni non vengono regolarizzate e non viene pagata una multa (fino a 2.500 euro).

 

Ma c'è di più, perché con la nuova Pac è introdotto il concetto di condizionalità sociale. Significa che se un agricoltore non rispetta le norme sul lavoro o quelle sulla sicurezza sul lavoro e subisce una ispezione, viene fatta una comunicazione ad Agea che applica delle riduzioni ai trasferimenti Pac proporzionali alla gravità del fatto.

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Quindi, se si vuole operare nella legalità, ogni volta che una persona entra in azienda a lavorare, deve essere assunta con regolare contratto. Per l'agricoltore l'assunzione ha il costo di circa 100 euro al giorno (ma dipende dall'inquadramento scelto) più alcune decine di euro al mese per le pratiche burocratiche.

 

Cosa rischia l'amico o il conoscente che lavora in nero?

Attenzione, perché a rischiare multe e sanzioni non è solo l'agricoltore, ma anche il lavoratore in nero. Ad esempio i dipendenti pubblici (maestre, poliziotti, dipendenti comunali e dei ministeri, medici, eccetera) non possono fare un secondo lavoro. Se quindi vengono trovati a lavorare in un'azienda agricola rischiano di perdere il posto.

 

I dipendenti di aziende private possono invece lavorare in campagna, purché prendano ferie o lavorino nel weekend. E se si mettono in malattia? In questo caso la malattia è palesemente pretestuosa e quindi l'azienda datrice di lavoro può mandare una lettera di richiamo e potrebbe anche arrivare al licenziamento.

 

Ma con quale forma contrattuale i lavoratori possono essere assunti? Il contratto nazionale del lavoro agricolo prevede delle forme di lavoro a tempo determinato (anche un solo giorno) che sono molto snelle e si adattano bene al settore primario. È anche possibile assumere il lavoratore con un contratto di lavoro occasionale, ma in questo caso, a fronte di sgravi fiscali, ci sono alcuni vincoli, come il limite massimo di quarantacinque giorni lavorati e l'assenza di precedenti esperienze lavorative in agricoltura nei tre anni antecedenti.

 

Il lavoro agricolo di familiari, parenti, figli e mogli

Situazione a parte riguarda invece il caso in cui a lavorare in azienda siano dei familiari, come figli, moglie e parenti vari. In questo caso la situazione è opposta: l'agricoltore non può assumerli in azienda, in quanto si presuppone che il lavoro dei familiari sia gratuito, come apporto solidaristico all'attività familiare.

 

La moglie, i figli e i parenti fino al sesto grado, vengono inquadrati come "collaboratori familiari" e non possono essere assunti. Solo in specifici casi la moglie o il parente possono essere assunti con contratto di lavoro subordinato, come spieghiamo in questo articolo creato ad hoc per il lavoro dei familiari.