La mosca delle olive, Bactrocera oleae, è di fatto il principale parassita delle olive che, specialmente nel Nord del Mediterraneo, dove le temperature sono più miti, può causare gravissime perdite di produzione e notevoli danni a livello di qualità delle olive e dell'olio.

 

La lotta a questo insetto è quindi cruciale e oggi si basa principalmente sull'uso di insetticidi, dispositivi che attirano e uccidono gli adulti, o sull'uso delle farine di roccia, che tendono a creare delle barriere fisiche che impediscono o limitano la capacità della mosca di deporre le uova nell'oliva.

 

Negli ultimi anni però si è iniziata a valutare una nuova strategia di contrasto, quella del controllo simbiotico.

 

Una tecnica che mira ad aumentare la mortalità di un organismo nocivo eliminando i suoi microrganismi simbionti che sono pressoché necessari alla sua sopravvivenza.

 

E la mosca delle olive, soprattutto in fase larvale - quella che effettivamente poi causa il danno all'oliva - è strettamente dipendente dal batterio Candidatus Erwinia dacicola.

 

Impedendo a questo batterio di colonizzare le uova della mosca, si riduce di fatto lo sviluppo e la sopravvivenza della larva che nascerà, fino a farla morire.

 

Per capire meglio in cosa consiste questa tecnica, come si può applicare e che risultati ha dato fino ad ora, abbiamo intervistato la professoressa Patrizia Sacchetti dell'Università di Firenze, che da diversi anni sta studiando questo innovativo metodo di lotta.

 

Professoressa, potrebbe spiegare chi è questo batterio, quando è stato scoperto e perché è così importante per la mosca?
"Candidatus Erwinia dacicola è un batterio Gram negativo, isolato nel 2005 dalla mosca delle olive, da cui deriva il nome, da ricercatori di Padova, dove il professor Vincenzo Girolami aveva già condotto studi sui microrganismi simbionti delle mosche della frutta, a partire dagli Anni '70.

Si tratta di un batterio che non può essere coltivato e per questo, secondo il codice di nomenclatura internazionale dei microrganismi procarioti, è contrassegnato dal prefisso Candidatus, anche se può essere identificato e caratterizzato con le tecniche di biologia molecolare.

 

Comunque la storia del simbionte della mosca delle olive inizia ancora prima degli studi del professor Girolami. Infatti questo microrganismo fu individuato dal professor Lionello Petri nei primi anni del '900. Petri osservò delle masserelle batteriche nel canale alimentare della mosca delle olive e suppose fossero colonie di Pseudomonas savastanoi, il batterio responsabile della rogna dell'olivo, tanto che ipotizzò che la mosca potesse avere un ruolo nella diffusione di questa malattia. In seguito, con l'avvento della biologia molecolare è stato possibile caratterizzare tale batterio e riconoscerne il ruolo di simbionte obbligato, dato che finora è stato ritrovato solo nella mosca delle olive.
Infatti, occorre specificare che tra le numerose specie di mosche della frutta, ce ne sono alcune, in particolare quelle polifaghe, come Ceratitis capitata, che per elaborare il cibo ingerito o procurarsi fattori di crescita possono utilizzare vari tipi di microrganismi che generalmente trovano nei substrati alimentari di cui si nutrono, risultando quindi simbionti facoltativi.

 

Anche la mosca delle olive instaura rapporti simbiotici con microrganismi simbionti facoltativi, di cui si nutre, in quanto è stato dimostrato che gli adulti vengono attratti da sostanze volatili emesse da batteri e lieviti presenti sulla superficie della pianta. Ma il ruolo di Candidatus Erwinia dacicola è diverso perché è indispensabile alla sopravvivenza della mosca. In particolare, le larve senza questo batterio non riescono a svilupparsi nelle olive verdi, non mature. Infatti, in base a ricerche condotte da colleghi israeliani, il batterio è risultato essere indispensabile alle larve perché neutralizza l'attività protettiva della polpa delle olive esercitata dall'oleuropeina, un polifenolo che conferisce il sapore amaro all'oliva e che è un fattore antinutrizionale, tossico, per la mosca. Invece nelle olive mature, dove non c'è l'oleuropeina, demolita durante la maturazione, le larve della mosca riescono a svilupparsi normalmente anche senza il simbionte. Anche gli adulti di mosca delle olive sono avvantaggiati dalla presenza di questo batterio, infatti è stato osservato che esemplari trattati con antibiotici e quindi privi del simbionte, sono meno longevi e producono meno uova”.

 

Ma la mosca come si procura il batterio?
“Il batterio viene trasmesso verticalmente, dalla madre alla progenie, attraverso le uova. Il batterio nell'adulto è dapprima localizzato nel diverticolo esofageo, cioè in una piccola tasca del canale alimentare situata nel capo, dove si moltiplica. Da qui le masserelle di colonie batteriche vengono rilasciate nell'esofago per proseguire nel canale alimentare fino al mesenteron, l'intestino medio degli insetti, dove si riducono sensibilmente, per poi riaumentare più a valle, alla fine dell'intestino posteriore, vicino al punto in cui l'ovidotto sbocca nell'ovopositore, poco prima della cloaca.

Le mosche infatti hanno un'apertura unica da cui emettono sia le feci sia le uova. Annessi allo sbocco dell'ovidotto vi sono numerosi diverticoli, tasche piene di colonie del batterio simbionte che vengono riversate in questo punto, così, quando la femmina depone le uova, queste si contaminano con i batteri. Abbiamo anche osservato che i batteri sono concentrati soprattutto sul polo anteriore dell'uovo, nella zona micropilare, proprio in quella estremità da cui sguscerà la larva, che, rompendo il corion con l'apparato boccale, ingerisce così dei batteri che entrano nel suo canale alimentare e ne garantiscono la sopravvivenza.

 

Si può quindi affermare che il batterio è strettamente legato alla mosca e si trasmette per via verticale dalla madre alla progenie. Tuttavia abbiamo dimostrato che si può trasmettere anche per via orizzontale, cioè da mosche 'selvagge', provviste del simbionte a mosche che ne sono prive. Infatti, allevando mosche delle olive su substrati artificiali, queste tendono a perdere il batterio, ma lo possono riacquistare se vengono messe a contatto con individui 'selvaggi', dotati del simbionte".

 

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Una foto al microscopio elettronico a scansione del polo anteriore di un uovo di mosca delle olive, su cui sono visibili numerose colonie batteriche.

(Fonte: prof. Antonio Belcari - Università di Firenze)

 
Nella pratica come si fa a contrastare il batterio?
"Contrastare questo batterio non è facile, né in teoria né in pratica. La mosca infatti depone le sue uova all'interno delle olive, dove sono protette da eventuali trattamenti con sostanze che possono avere un effetto battericida. Per gli insetti che depongono le uova all'esterno delle piante, come ad esempio la cimice asiatica, effettuare un controllo simbiotico è più facile perché i microrganismi simbionti sono cosparsi sulla superficie delle uova e risultano quindi esposti ai trattamenti, tanto che le ricerche condotte sull'applicazione di prodotti simbionticidi contro la cimice asiatica stanno producendo risultati molto promettenti. Nel caso della mosca delle olive è più difficile raggiungere il batterio ed è quindi molto più complicato realizzare trattamenti simbionticidi efficaci.
Tuttavia sono state condotte ricerche sia in laboratorio che in pieno campo che mostrano come alcuni prodotti siano in grado di ridurre la popolazione del batterio all'interno delle mosche, in particolare i prodotti a base di sali di rame”.

 

Che sperimentazioni sono state condotte fino ad oggi e che risultati hanno conseguito?
"Le prime osservazioni sono state effettuate dal professor Antonio Belcari il quale negli Anni '90, si accorse che in oliveti trattati con prodotti rameici, ad esempio contro il cicloconio o contro la rogna, si riscontrava una minore incidenza della mosca, cioè una più bassa percentuale di olive infestate. Da qui sono iniziate le prime sperimentazioni in campo, applicando vari prodotti rameici, quali poltiglia bordolese, idrossido, ossicloruro e solfato di rame. I risultati di tali prove permettono di affermare con certezza che si abbassa l'infestazione, ma non che questo dipenda dall'effetto simbionticida dei trattamenti. Infatti i sali di rame hanno anche un effetto antideponente, cioè ostacolano fisicamente le femmine durante l'ovideposizione e di conseguenza le mosche tendono a deporre meno uova in presenza di residui rameici. Quindi la minore infestazione delle olive può dipendere anche da questo effetto di 'repellenza', effetto che era già noto. In realtà noi abbiamo osservato spesso la presenza di larve giovani morte in olive trattate con sali di rame, ma non possiamo dimostrare con certezza che tali larve siano morte per l'assenza del batterio dovuta all'effetto del rame.

 

Invece nelle ricerche condotte in laboratorio, abbiamo dimostrato che somministrando agli adulti sali di rame, anche con diverso contenuto di rame, si ottiene una riduzione della quantità di batterio simbionte presente nel diverticolo endofageo. Quindi possiamo ipotizzare che i prodotti rameici distribuiti in campo sulla superficie degli olivi, possano essere assunti dalle femmine riducendo la quantità di simbionte presente nei loro organi e che tali femmine poi non riescano a trasmettere alla discendenza il quantitativo sufficiente all'avvio delle colonie del simbionte nelle larve che così muoiono.
In laboratorio abbiamo condotto prove simili anche con corroboranti a base di propoli, che però non hanno mostrato lo stesso effetto sul simbionte. 

 

Personalmente ho poi intenzione di continuare la ricerca e valutare altri tipi di preparati a base di propoli e altre sostanze, quali oli essenziali o sostanze derivate da microrganismi. Ad esempio, in base a ricerche condotte all'Università di Napoli, sembra che il Trichoderma produca metaboliti che hanno un effetto inibente su questo batterio simbionte”.

 

Quindi oggi è piuttosto complicato applicare un trattamento simbionticida per contrastare la mosca delle olive...
"Sì, per le difficoltà che abbiamo detto sopra, al momento non ci sono modalità e prodotti che siano particolarmente efficaci. La miglior efficacia al momento è data dai fitofarmaci a base di rame, che tuttavia hanno anche delle problematiche di altro tipo. Il rame infatti è un metallo pesante e quindi ha un limite di utilizzo, misurato in chili ad ettaro, inoltre non è registrato come insetticida e quindi formalmente non lo si può utilizzare per un trattamento contro la mosca.
Tuttavia il fatto che questo batterio sia così importante per le larve di mosca rende molto interessante continuare gli studi, per cercare di individuare soluzioni che possano essere efficacemente applicate in campo per proteggere le olive".