La peste suina africana sembra concedere un momento di tregua, con i casi di positività nei cinghiali sostanzialmente stabili e il numero di focolai nei suini in calo.

Numeri modesti rispetto alla precedente valutazione riportata da AgroNotizie®, ma significativi dell'azione che si sta conducendo.

 

La strada da percorrere è ancora lunga e l'azione di contrasto va rafforzata, come ha ricordato il commissario straordinario Giovanni Filippini intervenendo a una recente audizione alla Camera dei Deputati.

 

Numero di animali positivi alla peste suina africana dal 1° gennaio 2022 al 23 ottobre 2024

Numero di animali positivi alla peste suina africana dal 1° gennaio 2022 al 23 ottobre 2024
(Fonte: Istituto Zooprofilattico dell'Abruzzo e del Molise)

 

Parola d'ordine, coordinamento

Al centro delle iniziative il coordinamento delle attività fra i numerosi protagonisti che intervengono su questa complessa materia, che coinvolge fra gli altri enti locali, strutture sanitarie centrali e periferiche, attività venatorie e, ovviamente, allevatori.

I punti chiave sono quelli noti: depopolamento dei cinghiali, barriere al loro movimento per evitare sconfinamenti fra zone infette e zone indenni, misure di biosicurezza negli allevamenti. Tutte misure che racchiudono in sé forti complessità.

 

Equilibrio faunistico

L'azione di depopolamento dei cinghiali mira a ripristinare un equilibrio che il proliferare di questa specie ha compromesso.

Si calcola siano circa 600mila i cinghiali che sia necessario ridurre nell'arco di 5 anni.

Per farlo si conta sulle attività venatorie, che vanno coordinate per evitare il rischio che gli animali si spostino in modo incontrollato, con la possibilità di portare il virus laddove ancora non c'è.

Per questo l'ultima ordinanza commissariale limita la caccia nelle "zone di controllo dell'espansione virale".

 

Si ricorrerà, come già previsto, anche alle forze armate, ma solo a partire dal primo novembre, indicando come e dove attuare il loro intervento.

"Ai militari - ha detto Filippini - daremo puntuali indicazioni sui territori dove abbiamo bisogno della sorveglianza e dove abbiamo bisogno di mettere le gabbie per la cattura. La loro azione sarà coordinata e gestita a livello centrale".

 

Barriere e biosicurezza

Sulle barriere autostradali si è già avuta la disponibilità da parte degli enti gestori, in particolare dei tratti più interessati dal virus della A1 e della Cisa, che attraversa la bassa valle del Taro e la Lunigiana.

Sarà loro cura sia l'installazione sia la manutenzione, indispensabile tenuto conto delle caratteristiche di questi selvatici.

 

Fondamentali le misure di biosicurezza e l'aiuto di tutti per contrastare una patologia altrimenti invasiva e incontrollabile.

Il virus che la sostiene ha doti di grande resistenza nell'ambiente esterno, mantenendo sempre elevate capacità infettanti.

Il virus non aggredisce l'uomo in alcun modo, ma le persone possono essere un inconsapevole veicolo dello stesso virus.

Per questo si prospetta la necessità di una forte campagna di informazione destinata non solo agli operatori del settore, ma a una più ampia fascia della popolazione.

In progetto anche un "premio" per chi segnala il rinvenimento di carcasse di cinghiale sospette.

 

Pochi veterinari

Un nodo da risolvere riguarda il numero di veterinari del servizio pubblico, che può rivelarsi inadeguato soprattutto nelle zone più coinvolte.

In queste situazioni scattano vincoli al personale sanitario intervenuto nei casi di infezione, limitandone le successive attività.

Il risultato è però una preoccupante carenza di personale che va risolta.

 

C'è poi il grande tema degli indennizzi previsti per gli abbattimenti.

Forte la preoccupazione che non possano coprire anche i costi indiretti, quelli per il blocco delle attività e per il loro riavvio.

 

Riaprire i canali di export

Sconfiggere la peste suina africana richiederà tempo e molto impegno da parte di tutti.

Intanto si tenta di ridurre il danno sul fronte dell'export dei prodotti trasformati.

Molti Paesi hanno infatti eretto barriere all'importazione di prosciutti e insaccati dall'Italia.

A volte si tratta di strumenti impropri per bloccare i commerci, tanto più che esiste un'ampia documentazione scientifica che esclude la possibilità di trasmissione del virus con questi prodotti.

 

Oltre che alla scienza occorre affidarsi a un'efficace azione diplomatica e di buone relazioni internazionali per aggirare questi ostacoli.

Con Canada e Stati Uniti il risultato c'è stato e ora le loro frontiere sono di nuovo aperte ai prodotti stagionati italiani.

Ma pronte a richiudersi se si allenterà l'impegno a debellare dai nostri territori la peste suina africana.

 

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