La prima vittoria è avere ottenuto una condivisione ampia e trasversale sul ruolo dell'agricoltore come bioregolatore da diversi Paesi europei. Non c'è stata la solita divisione fra Paesi del Nord e del Sud Europa, tra falchi e colombe, tra "frugali" e "grilli", a conferma che quanto il ministro dell'Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha posto all'attenzione del Consiglio Agrifish è un problema sentito e comune.
Passano principi che è bene vengano recepiti e codificati a Bruxelles e sostenuti politicamente prima ancora che economicamente, a difesa del ruolo dell'agricoltore, che non è più confinato al mero ruolo della produzione. Non per nulla il paper ha incontrato il sostegno di Francia, Austria, Polonia, Romania, Grecia, Finlandia e Lettonia ed è stato appoggiato dalla ampia maggioranza dei ministri europei in sede di discussione.
I punti chiave del documento predisposto dall'Italia sono prevalentemente tre. Il primo riguarda il ruolo dell'agricoltore come custode del territorio, una definizione particolarmente cara a Papa Francesco, che ne ha fatto tesoro nell'Enciclica Laudato Si' del 2015 e che riassume in un concetto quanto fanno gli agricoltori per difendere la "casa comune", che è il nostro Pianeta. Non dimentichiamolo: senza gli agricoltori non avremmo la cura del territorio, l'attenzione al paesaggio, la difesa contro il dissesto idrogeologico.
Strettamente connesso al punto appena esposto si collega il ruolo dell'agricoltore regolatore della biodiversità. Regolatore innanzitutto nell'accezione di curatore, promotore della biodiversità. La bellezza e la diversità del creato, la protezione delle specie (che sono molte di più di quelle che costituiscono il reddito agricolo) e che l'Ecoschema 5 per il sostegno delle piante mellifere sublima in una diversità sul campo che fa bene innanzitutto alle api, ma anche alla natura e al paesaggio.
Il ministro Lollobrigida, però, è andato oltre, proponendo che l'agricoltore, un soggetto che sa molto bene quali sono le specie da proteggere e anche come difenderle, diventasse un bioregolatore in quella che potremmo intendere come la terza accezione. Non più solamente l'agricoltore custode e manutentore del territorio, promotore della biodiversità e al servizio dell'ambiente, ma anche difensore della terra e degli allevamenti dagli attacchi degli animali nocivi: i lupi, i grandi carnivori, gli animali selvatici. Da qui la richiesta alla Commissione Europea di rivedere la normativa e il quadro normativo sullo status di protezione dei lupi, di continuare a finanziare la Politica Agricola Comune (Pac) per non perdere sovranità alimentare, incrementare le produzioni, difendere le aree rurali e le superfici agricole.
Non dobbiamo avere paura, sembra dire il ministro Lollobrigida, di plasmare il ruolo dell'agricoltore per quello che è, per quello che fa e per le esigenze che i tempi attuali ci pongono di fronte. L'Italia, culla del diritto, ha sempre avuto un ruolo privilegiato per cogliere le grandi sfide e adattarle plasticamente alle esigenze dei tempi. Non per niente la legge più completa che tutela e promuove la multifunzionalità dell'impresa agricola è nata nel nostro Paese nel 2001 (la famosa Legge di Orientamento Agricolo) ed è stata presa a modello anche in altri Paesi europei.
La politica dovrebbe assolvere il ruolo di anticipatore delle nuove necessità, per accompagnare lo sviluppo, la crescita, la tutela dei diritti, che non sono solamente quelli degli agricoltori, ma che devono necessariamente rispondere a una base più ampia, per allargarsi ai cittadini europei. La convivenza è possibile ed è naturale, se ciascuno con responsabilità riconosce il proprio ruolo e delimita i propri ambiti. Finalmente è giunto il turno degli agricoltori. Difendiamo i diritti degli agricoltori.