La comunicazione nel mercato agro-alimentare, nonostante benefici da tempo di un'attenzione pressoché costante da parte delle istituzioni europee, negli ultimi anni ha visto aumentare sensibilmente il numero degli interventi, peraltro non solo normativi, ma anche di natura programmatica, che, direttamente o indirettamente, la chiamano in causa. Ciò dimostra con evidenza che l'interesse del legislatore europeo nei confronti di tale tema si è intensificato.
Significativa, sotto tale profilo, è la constatazione che, nel solo triennio 2009-2011, sono stati adottati sia un corpus normativo di portata generale, come il Reg. Ue n. 1169/2011, del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori; sia talune disposizioni nell'ambito di un provvedimento più specifico, quale il Reg. Ce n. 66/2010, del Consiglio, relativo al marchio europeo di qualità ecologica, finalizzate a porre le basi, seppure con grande cautela, di un'eventuale estensione, anche al settore agro-alimentare, della c.d. etichettatura ambientale europea (meglio conosciuta come Ecolabel Ue).
Sia, infine, una serie di misure, comunemente denominate Pacchetto qualità, attraverso le quali la Commissione europea mira a contribuire allo sviluppo, in un futuro peraltro non troppo lontano, di una politica di qualità dei prodotti agro-alimentari europei incentrata sulla realizzazione di una comunicazione più efficace ai consumatori.
Si tratta di iniziative che, stando per lo meno a quanto è dato evincere dai documenti ufficiali che le hanno accompagnate, si propongono non tanto di introdurre istituti nuovi, quanto, piuttosto, di intervenire su normative già vigenti, al fine di razionalizzarle o, più semplicemente, di aggiornarle.
In verità, una disamina, non solo più attenta, ma anche congiunta, dei provvedimenti, e dei documenti programmatici - per quanto concerne, più nello specifico, il c.d. Pacchetto qualità -, in cui tali iniziative si sono estrinsecate, consente di rilevare la sussistenza di un forte nesso logico che le lega, la cui individuazione è resa possibile proprio dal fatto che tutte, seppure in modi diversi, ma non troppo distanti tra loro, incidono sulla comunicazione al consumatore di prodotti agro-alimentari.
Nel corso dell'incontro su "Le nuove regole per le informazioni sui prodotti alimentari e la costruzione di una 'responsabilità del consumatore'", un dialogo con Silvia Bolognini dell'Università di Udine, autrice del libro La disciplina della comunicazione business to consumer nel mercato agro-alimentare europeo, è emerso come dietro l'apparente volontà di rendere più attuali disposizioni normative ritenute obsolete, si nasconda un progetto più ambizioso del legislatore europeo, che si traduce in un ripensamento e in un ampliamento delle funzioni demandate alla comunicazione nel mercato agro-alimentare, che il più delle volte si traducono in maggiori responsabilità per il consumatore europeo.
E' chiaro che il nuovo regolamento che diventerà cogente nel 2014 sebbene da un lato obblighi ad una maggiore informazione e trasparenza, rimette gli obblighi ai produttori e professionisti.
C'è infatti spazio per le dichiarazioni volontarie. Ma quanto questo contribuirà ad una maggiore leggibilità ed intelligibilità delle etichette, non è prevedibile.
I produttori e i professionisti distingueranno i loro prodotti anche in base a informazioni dettagliate, ma a a loro scelta: i nuovi strumenti web, i codici QR sono lo strumento più efficace perché, se alla lettura dell'etichetta sono dedicati pochi secondi di attenzione, la trasparenza e la tracciabilità sono rimandate alle dichiarazioni e alle rendicontazioni oggettive.
Anche dall'etichettatura appare evidente se un'azienda produce in modo sostenibile, perché si richiede al produttore una responsabilità sociale crescente che caratterizzerà implicitamente il valore e la qualità dei prodotti alimentari.
E il consumatore ? E' chiaro che a lui spetta un ruolo sempre più attivo, per comprendere il significato delle etichette e capire cosa c'è di vero oltre nelle indicazioni di legge.
La volontà del legislatore è quella di eliminare qualsiasi competitività legata al territorio: i prodotti devono essere europei con caratteristiche minime di sicurezza.
Bene, plausibile, ma poi spetta al consumatore scegliere e pretendere che le dichiarazioni volontarie dei produttori siano dettagliate e rispettino i principi di sviluppo sostenibile.
Dunque la partita si gioca prima di tutto sulla consapevolezza del consumatore e, in secondo luogo, sulla fiducia ragionata nei confronti dei produttori e del concetto di trasparenza.
A cura di Ettore Capri
Centro di ricerca per lo sviluppo sostenibile (OPERA)
Università Cattolica del Sacro Cuore
Piacenza
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Fonte: Caffexpò