L'uso sempre più massiccio dei "pesticidi" è un tormentone che ormai si conosce da anni. Eppure oggi è fatto noto che questi siano calati in Italia del 43,7% in circa trent'anni, migliorando per giunta molto dal punto di vista tossicologico e ambientale.
 
Analogamente, anche per gli antibiotici a uso zootecnico sono proliferate le medesime false informazioni, trasferendo ai consumatori l'idea di acquistare carni, latte e uova "imbottite di antibiotici", grazie anche a campagne pubblicitarie al confine dell'ingannevole atte a moltiplicare le vendite pur a scapito di un intero settore produttivo. Un settore che nel volgere di pochi anni ha invece ridotto di un terzo l'uso di antibiotici a fini produttivi, strutturando un efficace sistema di ricettazione elettronica al fine di elevare la tracciabilità e i controlli dell'intero processo di prescrizione e uso negli allevamenti. 
 
Analoghi trend si sono registrati per esempio Oltralpe, ove gli antibiotici per uso zootecnico sono drasticamente calati dal 2010 al 2019, al contrario di quelli a uso umano che sono rimasti pressoché costanti. Per quanto possa infatti lasciare stupiti i più, in ambito animale. Si parla di riduzioni di oltre il 60% in un decennio, quindi altamente significative.
 
Ciò nonostante in Europa si preme per ulteriori restrizioni all'uso degli antibiotici in ambito veterinario, colpendo particolari famiglie di prodotti attualmente indispensabili per garantire il welfare animale e per minimizzare al contempo i rischi di zoonosi. Il tutto, quindi, anche a vantaggio della salute umana.

Visto però che l'antibiotico-resistenza è tema caldo, da alcuni europarlamentari afferenti all'area "verde" operante a Bruxelles è partita una pressione abolizionista che rischia di impattare seriamente la cura animale. Inutile ricordare loro come le autorizzazioni degli antibiotici siano legate alle valutazioni scientifiche di autorità di tenore continentale, come Ema (Agenzia europea dei medicinali), Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare), nonché da organizzazioni operanti a livello globale, come Oie (Organizzazione mondiale per la salute animale) e Oms (Organizzazione mondiale sanità). 

La risposta a tali derive è però giunta dall'Amvi, associazione medici veterinari italiani, subito sposata anche da Enpa, ovvero l'ente nazionale protezione animali. I veterinari nazionali hanno infatti presentato una contro-petizione per salvare una categoria di farmaci indispensabile per la cura degli animali, siano essi da affezione oppure da reddito. Si attendono gli auspicati sviluppi.
 

Razionalizzare, non abolire

In sostanza, a livello europeo pare venga seguito per gli antibiotici a uso animale il medesimo approccio già visto per gli agrofarmaci: invece di razionalizzarne l'uso si mira all'abolizionismo duro e puro. Magari omettendo di spiegare che la via migliore per combattere l'antibiotico resistenza risiede soprattutto nella maggiore attenzione dei medici umani in fase di prescrizione, abolendo poi del tutto le automedicazioni di chi prenda antibiotici anche per curare raffreddori. La componente zootecnica e animale in genere la sua parte la sta già infatti facendo da anni: chiederle ancor di più appare oggi improprio e pericoloso.  

Per quanto si capisca che è più facile accusare "gli altri" di causare un problema, invece di assumersene la corretta quota di responsabilità, meglio sarebbe per tutti che dati e trend venissero maggiormente condivisi per amor di verità. Un amore che pare ormai raggrinzito in un'Europa sempre più incline a seguire particolari ideologie anziché solide evidenze scientifiche.