Il 22 ottobre 2018, nell’aula magna del Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari si è tenuto il “PigDay 3.0” appuntamento di confronto e discussione che ha riunito numerosi studiosi e addetti ai lavori del comparto suinicolo isolano.

E' emerso che la Sardegna è sempre più vicina all’eradicazione della peste suina africana: i focolai nei suini domestici nel 2018 sono solo 5, contro i 109 del 2013, così come ribadito in diverse occasioni dall’Unità di progetto per la lotta alla malattia e confermato durante il convegno dal direttore dell'Istituto zooprofilattico sperimentale per la Sardegna, Alberto Laddomada. Ma il pericoloso virus dei maiali si sta diffondendo pericolosamente in numerosi paesi dell’Europa, compresi alcuni Stati dell’Unione europea, e la Sardegna diventa un esempio di buona prassi da seguire. Il comparto suinicolo sull'isola è ovviamente ancora condizionato dalla presenza della Psa e dalle restrizioni che insistono sulla commercializzazione di carni e salumi.

Pier Luigi Caria, assessore regionale all’Agricoltura ha sottolineato: "Questa giunta, con il supporto determinante del Consiglio regionale, ha cambiato completamente l’approccio puntando su tre novità importanti: una sul piano organizzativo, con la nascita dell’Unità di progetto, un’altra su quello della gestione delle risorse, dove si premiano gli allevatori virtuosi e non i capi malati come nel passato. Su questo punto siamo stati i primi in Europa ad istituire il benessere animale dei suini con 50 milioni di euro di dotazione finanziaria iniziale. Terzo passaggio riguarda il versante normativo e di conduzione degli allevamenti regolari".
"Tenere questo comparto a motori spenti
- ha concluso il titolare dell’Agricoltura - significa rinunciare alla spartizione di oltre 500 milioni di euro (tanto conta all’anno il settore in Sardegna). Significa rinunciare a migliaia di posti di lavoro e a nuove economie che, soprattutto nelle zone interne dell’isola, potrebbero fare la differenza sulla lotta allo spopolamento nei nostri paesi”.

L’intervento dell’assessora alla Difesa dell’ambiente, Donatella Spano, ha puntato sulla necessità, in vista di una ripresa produttiva, di adottare tutte le buone pratiche e le tecnologie per ridurre l’impatto ambientale dell’allevamento suino e ha ricordato il ruolo fondamentale del controllo mediante la caccia dei cinghiali portatori dalla malattia.

“Per la prima volta, dopo tanti anni – ha ricordato Luigi Arru, assessore alla Sanità –, abbiamo recuperato credibilità in ambito nazionale ed europeo. Quando nel marzo 2014 si era insediata questa giunta, la Sardegna era a rischio commissariamento da parte del ministero della Salute proprio sulla gestione della Psa, poiché eravamo giudicati non più credibili, affidabili. Con un impegno costante e con la coerenza delle azioni abbiamo dimostrato di poterci sedere nei tavoli di Roma e Bruxelles alla pari degli altri attori. Noi non facciamo battaglie culturali o contro la tradizione – ha precisato l’assessore –, stiamo cercando invece di sconfiggere una malattia infettiva che non ha né vaccini e né terapie. Spero che la gente giudichi questo, perché abbiamo fatto recuperare credibilità alla Sardegna intera”.

Dalla relazione del professor Gianni Battacone, ricercatore del Dipartimento di Agraria, che ha ricordato come il 75% della suinicoltura nazionale sia concentrata nelle regioni padane, è emerso come la Sardegna continui ad essere una delle più importanti realtà del centro-sud Italia per numero di suini allevati (circa il 2,5%), ma soprattutto per il numero di scrofe (circa il 6,5% sul dato nazionale) e per il numero di allevamenti aperti che sono circa il 12% di tutto il paese. La presenza della peste suina africana e le restrizioni alle vendite extra-regione ha tuttavia provocato numerose criticità al settore suinicolo sardo alimentando una forte contrazione delle produzioni soprattutto negli ultimi anni: dal 2010 a oggi si è registrata una diminuzione di circa il 60% delle produzioni di carne suina. Secondo i dati dell’anagrafe zootecnica nazionale, sono allevati in Sardegna 187mila 440 capi in circa 14mila 170 aziende registrate, di cui 8700 operano con allevamento misto.

Laddomada, nella sua veste di direttore generale dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Sardegna, ha invece illustrato il quadro regionale e internazionale della presenza della malattia, con gli aggiornamenti su paesi Ue recentemente coinvolti dal contagio come: Romania, Bulgaria e Belgio. Proprio in Romania è stato colpito questa estate un allevamento intensivo di circa 140mila capi. Sono complessivamente 9 gli Stati membri interessati alla problematica e i focolai aperti nel 2018 sono ben 1191. Sulle prassi da adottare la Sardegna può fare scuola: se è vero che i focolai di Psa sono oggi solo 5 rispetto ai 109 del 2013, il direttore dell'Istituto ha ricordato come i maiali al pascolo brado, vera causa del continuo propagarsi della Psa, sono passati dai 3-4mila capi presenti nel 2015 ai poco più di mille stimati oggi.

Il presidente della Commissione Attività produttive del Consiglio regionale, Luigi Lotto, puntando alla prospettiva e al futuro del settore suinicolo ha presentato la legge regionale 28 del 2 agosto 2018 sulle “Disposizioni per la valorizzazione della suinicoltura sarda”, votata a stragrande maggioranza la scorsa estate dai componenti del Consiglio.